Riccione 1930, quando si andava al mare con il calesse e ci si arrangiava con un telo per ripararsi dal sole.
Era il 1930 e qualche domenica d’estate si andava con entusiasmo al mare, prove- nendo anche dall’entroterra riccionese. In fondo a viale San Martino, dopo aver ol- trepassato l’ippodromo dei cavalli (ingàr), c’era una casa di contadini circondata da una grande aia che confinava con la spiaggia, e una siepe di tamarici da lei la divideva. Si lasciava il cavallo col calesse parcheggiato lì e si andava verso il mare con un lenzuolo, una coperta di tela, l’ombrello, abbigliati da castigati costumi a righe bianche e blu, mutandoni o sottoveste.
Si improvvisavano delle tende per riparasi dal sole, innalzate con la coperta e qualche palo di legno, e con il lenzuolo ci si asciugava dopo un rinfrescante tuffo in acqua. Verso sera si smontava tutto, si pagavano 10 soldi al contadino per il posteggio e si ritornava felici a casa.
Maria Grazia Tosi