Abbiamo vissuto un’emergenza sanitaria senza precedenti, per il lockdown forzatamente rinchiusi nelle nostre abitazioni. I viali di Riccione per settimane sono stati deserti, animati da un silenzio assordante, interrotto solo dalle sirene delle ambulanze dirette al Ceccarini, il nostro ospedale. Quante ne abbiamo sentite stringendo i pugni, troppe. Il tutto accompagnato da un senso di impotenza, amplificato dalla consapevolezza che l’ unica cosa che potessimo veramente fare, per dare una mano e renderci utili, fosse stare in casa.
Ma anche dalle rassicuranti mura domestiche, nei tempi dilatati delle nostre giornate abbiamo trovato il moda di fare comunità, di stare vicini, di essere Famija. E’ stato prima di tutto questo il senso della raccolta fondi “Riccione contro il Coronavirus”, l’esigenza di non isolarci, di esserci, di stare insieme, di renderci utili. Uniti.
Le 948 singole donazioni per il nostro Ospedale Ceccarini e per le famiglie in difficoltà ci hanno fatto toccare e superare la straordinaria cifra di 100 mila euro, a scriverlo ancora mi tremano le mani. L’emozione è grande per la storica somma raccolta e per come verrà impiegata (in questo numero trovate all’interno tutti i dettagli) ma anche per la grande responsabilità che Famija Arciunesa si è presa nel coordinare questo grande gesto di solidarietà collettiva.
Nessuno può fischiettare una sinfonia, ci vuole un’intera orchestra per riprodurla: non si tratta della raccolta di Famija Arciunesa ma del territorio, di decine di associazioni che si sono in quei giorni ritrovate fisicamente isolate, ma forse come mai così vicine. Ed insieme a loro sono stati fondamentali, con il loro gesto d’altruismo semplici cittadini, imprenditori, bagnini, albergatori, lavoratori, pensionati, studenti, alunni, genitori, una lista lunghissima, trasversale e composita, centinaia di persone al quale va il nostro grazie infinito.
Ed ognuno ha partecipato con il proprio modo di fare, di essere e sentire: chi in punta di piedi, chi in modo anonimo, chi mettendoci la faccia per fare da traino a quella che è stata una raccolta nata in modo spontaneo dal basso, cresciuta con quelle dannate sirene che ululavano e con la profonda consapevolezza di come si sia fortunati a vivere da queste parti.
Tra questi, i bambini delle scuole e i ragazzi dei nostri licei. Solo chi non li conosce da vicino si è sorpreso del loro attivismo. I fondi cassa di tante classi da utilizzare per cene, feste e gite, si sono trasformati in donazioni nonostante le banche chiuse e l’impossibilità di uscire di casa.
Anche i nonni di associazioni e buon vicinati hanno scoperto, con il supporto di figli e nipoti, la magia dell’home banking e della tecnologia. Per non parlare di chi in casa ha realizzato mascherine artigianali per raccogliere fondi o di chi si è occupato, e si occupa, della consegna a domicilio di prodotti alimentari alle famiglie in difficoltà. Tutto piuttosto complicato, ma alla fine ci siamo riusciti. Riccione è “‘sta roba qui”: Riccione è comunità.
Ai medici, infermieri e a tutto il personale del Ceccarini un immenso grazie per quanto hanno fatto durante l’emergenza sanitaria con il loro straordinario lavoro, per dedizione e capacità.
E poi hanno capito da subito cosa stavamo facendo, quali fossero i nostri obiettivi comuni e ci hanno immediatamente sostenuto nella raccolta. Insieme a loro abbiamo condiviso ogni passo e tutte le scelte, soprattutto quelle inerenti ai macchinari sanitari da acquistare e la decisione di aiutare nella seconda fase le famiglie in difficoltà economica.
Per accreditare la raccolta su Riccione e tutta la zona sud delle nostra provincia, è stata anche decisiva la storica attività quarantennale di Famija Arciunesa. Insomma, si tratta di una storia che parte da lontano, nata e cresciuta grazie all’impegno di tanti volontari. Noi ne abbiamo semplicemente seguito il solco.
Non ci siamo inventati nulla, abbiamo solo scritto un nuovo capitolo di un importante libro, destinato a raccontare ancora tante belle storie. Sfogliando questo numero ne scoprirete alcune, ricordandoci per il domani come il Covid 19 ci abbia segnato e insegnato, perché camminare verso il futuro presuppone che ad ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e che qualcosa cambi in noi. Speriamo in meglio.
Francesco Cesarini
Presidente Famija Arciunesa