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La dinastia dei Ceschina e la passione per Riccione

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Gaetano Ceschina, da semplice fattorino a magnate industriale legatissimo alla Perla verde. Il Grand Hotel come simbolo del sogno di una fascinosa Riccione.

Tutti ne conoscono il nome, ma in molti ne ignorano la storia, che dal secolo scorso s’intreccia con quella di Riccione, dove hanno progetti in corso. Eppure nel tempo la famiglia Ceschina in riviera ha imbastito tanti rapporti ed è tuttora presente attraverso i suoi discendenti, che custodiscono il patrimonio, a nord e a sud della città. Quello ereditato dal capostipite Luigi Ceschina, detto Gaetano, nato a Muronico (frazione di Dizzasco in provincia di Como) nel 1879 e scomparso nel 1960.

Era il secondogenito, prima di lui infatti era nato Lorenzo (Renzo Ermes).  Il loro padre, maestro di musica, sposatosi con una donna estrosa e oriunda del cremasco, si allontanò dall’Italia e non diede più notizie di sé, lasciando alla giovane sposa la responsabilità e il peso di allevare i figli, che sostenne aprendo un’osteria.

GAETANO LASCIA IL PAESELLO       

A Muronico non c’era la scuola, sicché Ermes a dodici anni se ne andò in città e trovò lavoro in una casa editrice a Milano. Tornava spesso a casa e una mattina si portò via il piccolo Gaetano, poco dedito allo studio.Dopo aver lavorato col fratello, il piccolo fu assunto dalla Ditta Mazzetti & C., importatrice di materiali di medicazione. 

Allora l’Italia per tutto questo materiale, e specialmente per le garze, bende e cotone idrofilo, dipendeva dalle fab­briche straniere, soprattutto tedesche. La  Mazzetti & C. in Italia era unica. Gli ospedali maggiori, le farmacie e gli Istituti si rifornivano da lei. Gaetano provvedeva alle consegne conquistava tutti con la sua simpatia.

L’INIZIO DELLA GRANDE CARRIERA

Da fattorino venne promosso ad aiuto magazziniere, poi a commesso viaggiatore e rappresentante in Emilia-Romagna. A Bologna Ceschina coltivò pure la passione sportiva. Faceva grandi pedalate con amici nelle pianure dell’Emilia e lungo i colli ro­magnoli, fino alle spiagge dell’Adriatico. 

LA FAMIGLIA

Il 21 marzo 1903 intanto Gaetano sposa la milanese Bianca Zoccola, che gli da cinque figli, una femmina (deceduta prematuramente) e quattro maschi (Dante, papà di Marina e di Riccardo, Renzo, Bruno e Mario, il “re della garza” rapito nel 1976). Gaetano si divideva tra premure per la famiglia e lavoro. 

CESCHINA INDUSTRIALE

Nel 1907 in Italia ideò e creò una fabbrica di cotone idrofilo e di ma­teriale di medicazione, in concorrenza con quello d’importazione. Nel tempo, accanto agli stabilimenti di tessitura e di cardatura, diede via al commercio di articoli di gomma e di quelli di ordinaria e alta chirurgia.

Avviò poi su larga scala la fabbricazione di maschere che volle testare di persona in una stanza inondata di gas. Con l’attività si allargò a Venezia, dove comprò Palazzo Barbarigo e la Sameva (società per la preparazione di mosaici), riaprì fornaci e gallerie di esposizioni e iniziò a fabbricare vetri.

LA SVOLTA DOPO LA GUERRA

Come riporta Severino Pagani nella sua pubblicazione:“Gli anni che seguirono al primo conflitto mondiale furono duri e difficili. Si trattava di trasformare gli impianti creati per una produzione bellica in opifici per una produzione di pace”. 

Così Ceschina, forte dei nuovi ritrovati della tecnica nel suo campo, convertì la sua produzione in altri articoli affini, come il rayon e varie fibre tessili “considerò la fabbricazione degli articoli chirurgici, di gomma e di metallo; avviò la fabbricazione e un commercio su larga scala”. Fu l’inizio della sua  fortuna.

Come creditore dello Stato, per forniture sanitarie all’esercito, si trovò di dover accettare in pagamento un quantitativo enorme di terreni costieri del demanio pubblico. Una situazione patrimoniale che si estendeva sulla prima linea da Cattolica a Cervia, Riccione Compresa.

L’AMORE PER RICCIONE

Il Commendatore Gaetano Ceschina

Già dal soggiorno bolognese il Commendatore co­minciò a innamorarsi del tratto di riviera romagnola compreso tra Cattolica e Milano Marittima, appannaggio di tutti i milanesi, e soprattutto di Riccione. Qui costruì la prima casetta per il sog­giorno dei suoi figli. 

Appassionato della spiaggia, da uomo avveduto e previgente, riporta Pagani: “Intravide le possibilità della spiaggia ridente; non seppe resistere alle continue offerte che gli si facevano. Nel limite  delle proprie disponibilità  finanziarie ogni anno acquistava terreni e arenili; lo fece anche quando era­no pochi a credere nelle possibilità della zona costiera e quando tutti preferivano vendere, anziché comperare. Con tenacia e caparbietà, allargò i possessi e incoraggiò altri a imitarlo”.

Costruì ville e negozi, edificò ed inaugurò 1929 il Grand Hotel  quindi il Teatro Dante e lo stadio. Avvio così la vita turistica e balneare che fece della Riviera Adriatica, fra Cesenatico e Pesaro, uno dei soggiorni più ambiti della clientela italiana e straniera.

LA FONDAZIONE

Da anni è operativa la Fondazione Ceschina impegnata nel campo dello studio delle malattie rare. Incentiva la ricerca scientifica e clinica sia con risorse dirette a istituti di ricerca, laboratori, ospedali, università o altri enti attivi nel settore, sia con contributi a fondazioni o enti con scopi analoghi.

Nives Concolino

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