Sono nato al Ceccarini, ho gattonato al giardino d’infanzia Ceccarini per poi imparare a leggere e scrivere alla scuola del Paese, forse il primo bacio l’ho dato in Viale Ceccarini, di sicuro in un bar sul Viale più bello del mondo intitolato alla Boorman, ci ho visto in Tv i tre goal rifilati da Pablito al Brasile, era il 1982. Basta questo oggi per dirigere lo storico giornale “Famija Arciunesa”? Di certo no. Anche perché il peso del testimone è piuttosto impegnativo ed ingombrante. Mio babbo Marzio per un paio di anni ne ha firmato la direzione, ma misurarsi con il proprio cognome da queste parti è un classico, per me a dire il vero anche un privilegio, a cui tra l’altro sono abbastanza abituato. Il “problema” è l’altro baffo, quello di Giuseppe Lo Magro. Beppe in diciott’anni di Presidenza ha fatto mille cose con uno spirito indomito, come quando nuotava in gara prendendo a schiaffi l’acqua della sua corsia.
Ma io vengo dal calcio e ho cominciato a costruire una nuova squadra, una nuova “Famija”, vogliosa, determinata e aperta alla città.
Per iniziare siamo tornati in piazza con le caldarroste della solidarietà e con i nostri libri per fare beneficenza. Abbiamo dato una veste nuova al nostro storico giornale che da 40 anni arriva nelle case dei riccionesi. L’idea è quello di renderlo più’ facile alla lettura, valorizzare le immagini senza però stravolgerne i contenuti. Quelli sono il nostro marchio di fabbrica, quanto i riccionesi da sempre apprezzano, uno strumento per sentirsi Riccione sulla pelle, un percorso che ognuno compie a modo suo. Io ho iniziato fin da bambino. Percorrere e avventurarmi alla scoperta della città al galoppo della mia bicicletta è stata un’avventura iniziatica, colma di emozioni. Non si è cittadini perché si nasce casualmente in un luogo e neppure perché l’anagrafe ci conferisce un determinato status. E’ la città che con gli anni ci forgia, fino a diventare il telaio che tesse i fili del nostro crescere. Un libro aperto di opportunità personali e collettive, è lo spazio della libertà, dell’incontro, delle esperienze, della diversità, del riconoscimento, del ritrovarsi, della solidarietà. Il sentirsi parte di una comunità, di una Famija, è come una pianta che cresce ostinatamente anche ai margini dei marciapiedi e delle strade più trafficate, non puoi fermarla. Riccione è ‘sta roba qui.
La città però, come il giornale, bisogna sapersela inventare, immaginare, conquistare, perché è viva, perché palpita ogni giorno, perché è desiderio. Come la Zenobia di Calvino per la quale non serve orientarsi sulla classica categoria della felicità e dell’infelicità, ma quella del desiderio.
E dove desideriamo vivere? Che giornale vogliamo? Per comprenderlo fino in fondo è bene prima di tutto capire chi siamo e da dove veniamo.
In questi 40 anni Famija Arciunesa ha fatto il suo. Racconti, libri, iniziative, eventi, foto, parole, aneddoti, usanze sono le nostre pietre, capitelli e arcate di una storia breve quanto intensa. Riccione ci piace pensarla al centro del mondo, una storia importante che abbiamo da sempre raccontato e racconteremo, aggiungendo nuovi capitoli. E’ stato scritto tanto dei pionieri e dei “favolosi anni ’60”, a noi e ai lettori il compito di raccogliere la nuova sfida: mettere in bacheca storie, immagini e materiale dei luccicanti anni ’80 e quelli a seguire. Serve farlo insieme perché Famija Arciunesa è di tutti, di tutti coloro che anche dopo il più bel viaggio, scorgendo in autostrada la scritta “Riccione” su sfondo verde, mettono la freccia ed immancabilmente sorridono. Non è così? Già perché Riccione è casa. Per questi primi 40 anni insieme, auguri a tutta Famija Arciunesa, ai tesserati, al giornale, ai suoi inserzionisti e soprattutto agli affezionati lettori.
Francesco Cesarini Presidente Famija Arciunesa