Ottenuta l’autonomia da Rimini al nascita amministrativa del Comune di Riccione fu piuttosto complicata. Tra Delegati del Commissario di Rimini che si succedevano, divisioni su decisioni amministrative e le forzature antidemocratiche della lista del Fascio le prime elezioni non furono certo una passeggiata.
La nascita del Comune quale entità amministrativa autarchica, fu un parto piuttosto laborioso e travagliato. La gravidanza (si passi la non proprio elegante metafora) durò 410 giorni e ad essa posero mano il dott. Felice Pullè, quale Delegato del Commissario del Comune di Rimini, per 86 giorni; poi, il rag. Luigi Righi, incaricato dal Prefetto, per 131 giorni; ancora, il rag. Righi in veste di Commissario Prefettizio, per 49 giorni; infine il sig. Augusto Marani, Commissario Prefettizio per 144 giorni, prima di avere eletto Sindaco il rag. Silvio Lombardini.
LA GESTIONE FELICE PULLE’
Dopo i tumulti dell’estate e prima del lungamente atteso Decreto Ministeriale di separazione, il Commissario del Comune di Rimini, in data 19 settembre, nomina suo Delegato il Dr. Felice Pullè per la gestione degli affari urgenti. Il distacco viene sancito con Decreto Ministeriale 1439 del 19 ottobre 1922. Il Dr. Pullè, avvalendosi della collaborazione di una commissione locale, provvede, nelle ristrettezze del momento, ai lavori urgenti, mettendoli in conto al nuovo Comune che verrà.
LA GESTIONE LUIGI RIGHI
Il 14 dicembre egli passa la consegna al rag. Luigi Righi, ex ragioniere capo del Comune di Cesena in pensione, comandato dal Prefetto di Forlì, con Decreto 17790 del 14 dicembre 1922, “di recarsi a Riccione per procedere agli studi preparatori necessari al prossimo funzionamento del Comune di Riccione”. Praticamente c’è tutto da fare: dal reperimento di una Sede Municipale provvisoria, alla costituzione degli uffici amministrativi, alla gestione in via precaria dei servizi o degli uffici pubblici; egli si avvale di personale avventizio che gli viene proposto dal Fascio locale. Entrato il Comune in possesso delle prerogative di amministrazione autonoma, il Prefetto, con Decreto 5366 del 23 aprile 1923, muta la funzione di Comando al rag. Righi in quella di Commissario Prefettizio, Capo dell’amministrazione di Riccione, con l’incarico di provvedere a tutti i servizi municipali sino alla costituzione della normale amministrazione.
La messa in moto di un meccanismo complesso, in una situazione difficile e movimentata dal rivolgimento politico, dalle aspettative della popolazione, dall’incombere di problemi urgenti da risolvere e la probabile non perfetta sintonia con le impazienze e le ragioni dei dirigenti locali, mette il Commissario non a completo agio.
IL PROBLEMA DEL RIFORNIMENTO DI ACQUA
Il problema del rifornimento di acqua potabile è il primo scoglio che gli si para davanti. Nell’apposita commissione vengono presentate due proposte non conciliabili: una, presentata dal dott. Felice Pullè prevede una soluzione organica di lungo periodo, ma non di rapida realizzazione; l’altra, presentata dal dott. F. Riccioni, più limitata e probabilmente meno affidabile ha però il pregio di poter essere realizzata in tempi brevi, consentendo l’immissione nella rete di una quantità di acqua sin dalla prossima stagione estiva. La commissione si divide e prevale la proposta Riccioni. Il Commissario che si era schierato per l’altra viene a trovarsi in una situazione difficile da gestire anche per il fatto che, viste le lungaggini burocratiche, già si pensa di eseguire i lavori a tambur battente, agendo al di fuori della potestà comunale.
RIGHI SI DIMETTE ECCO AUGUSTO MARANI
La situazione diventa insostenibile e il rag. Righi si dimette e viene sostituito, con Decreto Prefettizio 485 del 7 giugno ’23, dal Sig. Augusto Marani. Il clima in Comune si fa caldo e corrono accuse di inadempienze, ritardi e illegalità nella gestione della cosa pubblica. Si creano fazioni interne che sembrano irrisolvibili.
ELEZIONI 12 OTTOBRE 1923 CON LA SOLA LISTA DEL FASCIO
Per fortuna si va verso le Elezioni Comunali del 12 ottobre 1923. La campagna elettorale si fa tutta sulla lista del Fascio che gioca da sola avendo agito per escludere ogni altro concorrente. Si va al voto con la parola d’ordine che il giorno delle votazioni viene lanciata da “Il Popolo di Romagna”. “La lista del Fascio non va discussa ma votata… chi non vota è un nemico nostro e del paese”. I risultati sono scontati. L’insediamento avviene il 4 novembre 1923. Resteranno fuori i dimissionari Mancini Roberto, “per il modo oltremodo spiacevole in cui si svolsero le elezioni”; e Della Rosa Pio, “non approvo il modo con cui venne impostata e diretta la lotta elettorale amministrativa”. Come dicono le motivazioni scritte mandate al capo dell’amministrazione.
Da: “Una rotta nel vento” di Dante Tosi