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Da “La Viola a “Viale Maria Ceccarini 1840-1939 di Giuseppe Lo Magro

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Da “La Viola a “Viale Maria Ceccarini 1840-1939 è la nuova fatica di Giuseppe Lo Magro che tramite questa pubblicazione edita da Famija Arciunesa rende omaggio a Viale Ceccarini e ai suoi primi 100 anni di storia. Un viaggio fatto di immagini, curiosità e storia locale dove emerge un vero e proprio amore viscerale per Riccione e le sue origini. 

1927 – Viale Maria Ceccarini – vista dal mare verso monte – esibisce la nuova alberatura che sostituisce i vecchi pioppi, isteriliti dal sale marino. In contemporanea furono realizzati: illuminazione pubblica, marciapiedi, fognature e il piazzale a mare. La facciata con decorazione della costruzione in basso a sinistra, vicino all’attuale Viale Milano è ancora esistente.

La popolazione riccionese della prima metà del 19° secolo se la passava davvero male. Attanagliata dalla miseria e terrorizzata dal brigantaggio, elemosinava lavoro nei campi e raccattava ciò che il mare depositava sulla riva. In perenne lotta col gelo degli inverni e l’imperversare delle malattie che cercava di arginare con rimedi tanto antichi quanto poco efficaci; era vittima dell’analfabetismo e di qualsiasi forma di istruzione e salvaguardia dei diritti civili.

Un quadro assai desolante che nella seconda metà dello stesso secolo ebbe due “pennellate” di solidarietà grazie a due personaggi che si adoperarono per migliorarne
le condizioni di vita: il parroco Don Carlo Tonini e la signora Maria Boorman Ceccarini. Un amorevole aiuto lungo una cinquantina d’anni, grazie all’inconsapevole altruistica staffetta, con Don Carlo che passa il testimone a Maria, avendo come pista uno spellacchiato viottolo – la “Viola”- che, in tempi diversi, l’uno percorse a piedi per accompagnare i bimbi scrofolosi ai bagni di mare, e l’altra in carrozza per rilassanti passeggiate. Don Carlo Tonini, prete squattrinato ma “ricco” di idee, cercò in mille maniere di alleviare le pene dei riccionesi: dal reperire neve per le ghiacciaie ai soldi per costruire il porto canale, sino alle “genialità” dei bagni di mare e della fermata del treno.

Maria Ceccarini, benestante colta e progressista, alleviò prima i problemi giornalieri facendo distribuire minestre calde e soldi ai più poveri e poi quelli vitali attuando grandi donazioni: Asilo Infantile, Ospedale, Illuminazione stradale, Porto canale. Dalla ex strada comunale Viola partì quella serie di impulsi avveniristici che espandendosi su 6.000 splendidi metri di litorale, daranno vita alla Riccione dei bagni di mare, regina indiscussa dell’accoglienza turistica.

GIUSEPPE LO MAGRO: CONOSCIAMO MEGLIO L’AUTORE

Giuseppe Lo Magro è nato a Riccione il 3 gennaio del 1945. Ha visto la luce in Viale Ceccarini, al Minerva (ex Oscar, poi Verni ed ora Twin Set) negozio famoso ai tempi perché vendeva “Di tutto un po”; dall’ago al libro, dal giocattolo al cappello di paglia. Apparteneva alla zia Virginia Angelini, con mamma Dolores che collaborava alle vendite. E a proposito del venire alla luce, “leggenda” vuole che quel pomeriggio inoltrato del 3 gennaio, già depauperato dalle vicende belliche, fosse anche “buio e tempestoso” oltre misura, così da spingere babbo Salvatore a rischiare il furto di batteria e faretto da una camionetta dei militari inglesi per consentire all’ostetrica una illuminata assistenza al parto. È stato per 18 anni presidente di Famija Arciunesa e caporedattore dell’omonimo bimestrale e ideatore della rivista estiva “Sotto l’ombrellone” che veniva distribuita ai turisti raccontando spezzoni della nostra storia Giuseppe ha sempre vissuto a Riccione e nella Perla verde ha sviluppato le sue passioni: scrittura, teatro dialettale, nuoto master. La sua bibliografia ha raggiunto più di 40 pubblicazioni.

Svezzato dallo zio Amedeo Angelini (più volte collaboratore alle stesure vernacolari di Gianni Quondamatteo) è autore di tutte le commedie portate in scena dalle Compagnie “I Arciunis”, “L’Almadira” e la “Rungaja” dal 1978 ad oggi: Pidriul e i su fiul; Scapazòun un è un quaiòun; L’è fadiga magnè e pèn senza muliga; Un chèlc t’un stinch; Un tavle e quatre scarane; Te sta zét che ti fat e ciarghin; I sèld iè com i dulur; Ho scapuzè t’un furminènt; E diavle e fa al pgnate; Ogni fròt la su stasòun; Ui è piò mat adfura; Done e amor… gran brusor; L’anandra te guaz; Lofe, sbremble e palotle: Una gabia ad mat; Prèima da bat e cul… mitemse d’asdé. Queste ultime due sono in attesa di rappresentazione.

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