Tra le 55 testimonianze raccolte da “Quella volta a Riccione”, Famija Arciunesa incomincia con Lazzaro Righetti. Classe ’68, cresce nella zona tra la statale ed il parco: il ghetto del Rio. Lazzaro a Riccione è sinonimo di simpatia e divertimento, legati in modo particolare al Disco Savioli.
LAZZARO, UN “SARBELA”
Porta il nome del nonno paterno, Lazzaro detto “Sarbela”. “A Riccione se non ti “appiccicano” un soprannome non sei un vero riccionese”.Oggi è titolare di un’area di servizio a Rimini ma a Riccione se dici Lazzaro, dici Savioli
e divertimento.
LA PRIMA STAGIONE
Partiamo da Lazzaro adolescente. “Spesso più che frequentare la scuola di ragioneria a Morciano andavo al bar Centrale tra videogiochi e biliardo. I miei non erano certo contenti della mia performance scolastica così in estate decisi di prendere la bicicletta cercando un lavoro andando su e giù sul lungomare per chiedere se avessero bisogno di un aiutante, arrivai nei pressi della zona 99 al Bar Nadi di Settimio Francini, erano gli anni ’80”.
La classica stagione da 12 ore al giorno, per tre mesi: cento giorni di fuoco, senza mai conoscere tregua. Il peso del lavoro era relativo, non solo per Lazzaro ma per tutti perché a fine mese la soddisfazione di poter dire a se stessi: – “Ora sì che mi sento grande!” – ci si sentiva liberi ed indipendenti a neanche 17 anni.
L’INCONTRO CON BEPI SAVIOLI
Lazzaro però decide di iscriversi nuovamente a scuola e sceglie l’alberghiero. “Dopo solo un anno venni scelto a far parte dello staff del mitico Hotel Savioli. Iniziai a lavorare adattandomi a far un pò di tutto e presto mi notò il sig. Bepi, uomo tutto d’un pezzo, dalla postura sempre eretta, testa alta ed autorevolezza mi metteva soggezione.
Sei riuscito a metterti in luce?
“In verità all’inizio non in positivo, per me ragazzino fu quasi un dramma. Praticamente venni “bollato” dopo aver fatto sparire un profiterole da condividere con i colleghi nello spogliatoio.
L’ESPERIENZA SAVIOLI DISCO
Ma arrivò presto il riscatto. Nel bel mezzo di un blackout, per accontentare un cliente francese che aveva fatto richiesta di quattro caffè, di mia iniziativa feci una volata al bar vicino. Entrai nelle simpatie del sig. Bepi che mi propose di andare a lavorare al bar della discoteca del Savioli”.
Per te fu la svolta professionale? “Si, incontrai il mio primo maestro Pasquale Brait, detto barman Babà, per me fu un’ottima palestra ed imparai il mestiere. Il Savioli era un sogno, un proscenio dove riuscivo ad esprimermi al meglio. Finita l’estate si aprì la possibilità di lavorare al Savioli la domenica pomeriggio. Il locale doveva però essere in qualche modo lanciato.
E cosa successe? “Giorgio Ara, marito di Roberta Savioli, propose a me e ai miei amici di sempre di promuovere il locale dandoci mille lire per ogni ingresso in disco. Non mi sembrava vero. All’inaugurazione entrarono 800 persone, un grande successo di pubblico e per noi giovanissimi anche economico da dividere in quattro”.
Tra gli altri si riconosce l’inseparabile trio di amici: in alto Roger Dj storico del Savioli, sotto di lui Lazzaro, con la canotta Andrea Mazzoli “Paperino”, al suo fianco Marisa Grossi e in fondo a destra Lucia Savioli “la mamma”.
L’esperienza durò un mese ma Lazzaro, oltre che barista ed icona del “Savio”, conquistò un primato:essere diventato uno dei primi PR della Riviera, probabilmente a sua insaputa. Ma il suo amore era il bar e l’atmosfera del Savioli con Roberta, la figlia di Bepi, quasi una mamma per tutto il giovane staff.
IL RICORDO DI BEPI
“L’organizzazione generale del Savioli era perfetta: il personale e i clienti erano in sinergia perché così voleva Bepi. Quella formidabile famiglia ha contribuito a far brillare Riccione grazie ad una ricezione d’eccellenza in cui il cliente doveva essere protetto e considerato come il “padrone”. Il Savioli dancing raccoglieva tutte le generazioni, era davvero un luogo magico”.
Fondamentale la figura signorile di Bepi Savioli, austero ed al tempo stesso umano, come nella dedica scritta di suo pugno sul libro lui dedicato: “A Lazzaro Righetti, è fra i tanti collaboratori che il Savioli ha adottato. Elemento di ottima qualità, si rende simpatico alla scelta clientela”.
Gioco, partita, incontro.
Roberta Pontrandolofo
Roberta Pontrandolfo Scenografa laureata all’Accademia di Belle Arti di Roma, artist performer, pittrice, ricercatrice, comunicatrice ed amante della Musica e dell’Arte. “Quella volta a Riccione” è un progetto che segue simili esperienze in altre parti d’Italia. Accende i riflettori sui territori più disparati con l’intento di mettere in primo piano l’essere umano, unico artefice e responsabile di ciò che determina, sia dal punto di vista sociale che artistico attraverso il proprio talento.
Quella volta a Riccione è una nuova rubrica di F.A., trasposizio- ne su carta del progetto video di Roberta Pontrandolfo, già Ancona (in foto), attivo su Facebook e con un canale Youtube.
Un format inteso come “dono” perché Roberta da piccola veniva proprio a Riccione nel periodo estivo assieme alla sua mamma ed i fratelli e ne ricorda la tipica ospitalità. Un modo di fare e di essere che in passato ha dato a lei e alla sua famiglia anche la possibilità di poter contare sulla dignità che deriva dal lavoro, introvabile allora nella “povera e retrograda” Puglia.
“Quella volta a Riccione” é come un riflettore acceso sulla città, ritrovata nel frattempo molto cambiata, una sorta di specchio per comprendere il perché di questo cambiamento con gli occhi di chi viene da fuori.
Attraverso i racconti di chi sa la sto- ria perché testimone e protagonista dello sviluppo di Riccione, Roberta esplora la città in un viaggio tra la gente, con il solo gusto della conoscenza, con la voglia di approfondire per capire perché Riccione sia così famosa in tutta Europa e trampolino di lancio per tantissimi personaggi.
“Chi dimentica il passato non ha futuro” così “Quella volta a Riccione” diventa un sentiero fatto di ciottoli di memorie e ricordi di chi in qualche modo è stato protagonista, in un modo o nell’altro, dello sviluppo di Riccione.