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Comune di Riccione
giovedì, Gennaio 16, 2025

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Giornale n. 4.2021 – Voglia di normalità

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Ci siamo messi alle spalle la stagione estiva, è andata bene. Le premesse erano piene di incognite: non solo come sempre con il naso all’insù per il meteo ma anche con l’orecchio ai Tg per capire se fossimo in zona gialla o bianca. La campagna vaccinale ed il buon senso degli italiani ci hanno permesso di ripartire, anche se in ritardo, e di ritornare verso la normalità. In verità è stata un’estate tutt’altro che ordinaria, quasi da anni ’60 per numeri, voglia di leggerezza e di socialità ma attenzione.

Come ci hanno raccontato anche le categorie economiche siamo davanti a diverse sfide: convincere gli italiani che Riccione non è un ripiego per chi solitamente va in vacanza all’estero, riportare gli stranieri sulla nostra spiaggia e lavorare sull’ordine pubblico, partendo dal tipo di prodotto che la nostra città vuole offrire. Dopo il lockdown i turisti avevano “voglia di normalità”, una condizione che ci contraddistingue come riccionesi alla fine di ogni stagione estiva, questa volta ancora di più.

Arrivato l’autunno il lavoro, la scuola, lo sport, la vita sociale, le amicizie sono riprese finalmente con il loro rassicurante ritmo e dopo due anni “folli” anche noi di Famija Arciunesa siamo ripartiti sul solco della nostra storia, rincorrendo la normalità. Stare nella città per noi significa arrivare nelle case con la nostra rivista, tenere aperta la nostra sede per incontrarvi, attivarci per iniziative di solidarietà, valorizzare la nostra storia. Ed allora ripartiamo con le “Castagne della Solidarietà”, le migliori di Riccione perché preparate con il cuore: insieme agli amici della Croce Rossa raccoglieremo fondi per acquistare un’ambulanza che tanto serve alla loro attività. E poi torneremo a tavola tutti insieme, perché normalità significa anche fare comunità, questo è il senso della cena di beneficenza per sostenere una realtà come l’AISM di Riccione che tanto ha sofferto in questi mesi e porta avanti un lavoro prezioso. Spero siate in tanti.

In questi mesi non siamo stati comunque con le mani in mano e senza perdere le buone abitudini abbiamo pubblicato i nuovi libri di Giuseppe Lo Magro ed Edmo Vandi mentre un terzo, quello di Luca Villa, sarà disponibile da dicembre. In agenda poi la nostra presenza al Liceo per raccontare la storia di Riccione ad un anno dal suo centenario e la riproposizione del “Concorso dei presepi” che lo scorso anno registrò una grande partecipazione. E chissà che nel 2022 non si riesca a portare in scena nuovamente le commedie dialettali… Insomma c’è tanto da fare, in fondo non è questa la normalità per Famija Arciunesa e i riccionesi?

Francesco Cesarini
Presidente Famija Arciunesa

La laboriosa nascita della realtà amministrativa del Comune di Riccione

Ottenuta l’autonomia da Rimini al nascita amministrativa del Comune di Riccione fu piuttosto complicata. Tra Delegati del Commissario di Rimini che si succedevano, divisioni su decisioni amministrative e le forzature antidemocratiche della lista del Fascio le prime elezioni non furono certo una passeggiata.

La nascita del Comune quale entità amministrativa autarchica, fu un parto piuttosto laborioso e travagliato. La gravidanza (si passi la non proprio elegante metafora) durò 410 giorni e ad essa posero mano il dott. Felice Pullè, quale Delegato del Commissario del Comune di Rimini, per 86 giorni; poi, il rag. Luigi Righi, incaricato dal Prefetto, per 131 giorni; ancora, il rag. Righi in veste di Commissario Prefettizio, per 49 giorni; infine il sig. Augusto Marani, Commissario Prefettizio per 144 giorni, prima di avere eletto Sindaco il rag. Silvio Lombardini.

LA GESTIONE FELICE PULLE’
Dopo i tumulti dell’estate e prima del lungamente atteso Decreto Ministeriale di separazione, il Commissario del Comune di Rimini, in data 19 settembre, nomina suo Delegato il Dr. Felice Pullè per la gestione degli affari urgenti. Il distacco viene sancito con Decreto Ministeriale 1439 del 19 ottobre 1922. Il Dr. Pullè, avvalendosi della collaborazione di una commissione locale, provvede, nelle ristrettezze del momento, ai lavori urgenti, mettendoli in conto al nuovo Comune che verrà.

LA GESTIONE LUIGI RIGHI
Il 14 dicembre egli passa la consegna al rag. Luigi Righi, ex ragioniere capo del Comune di Cesena in pensione, comandato dal Prefetto di Forlì, con Decreto 17790 del 14 dicembre 1922, “di recarsi a Riccione per procedere agli studi preparatori necessari al prossimo funzionamento del Comune di Riccione”. Praticamente c’è tutto da fare: dal reperimento di una Sede Municipale provvisoria, alla costituzione degli uffici amministrativi, alla gestione in via precaria dei servizi o degli uffici pubblici; egli si avvale di personale avventizio che gli viene proposto dal Fascio locale. Entrato il Comune in possesso delle prerogative di amministrazione autonoma, il Prefetto, con Decreto 5366 del 23 aprile 1923, muta la funzione di Comando al rag. Righi in quella di Commissario Prefettizio, Capo dell’amministrazione di Riccione, con l’incarico di provvedere a tutti i servizi municipali sino alla costituzione della normale amministrazione.

La messa in moto di un meccanismo complesso, in una situazione difficile e movimentata dal rivolgimento politico, dalle aspettative della popolazione, dall’incombere di problemi urgenti da risolvere e la probabile non perfetta sintonia con le impazienze e le ragioni dei dirigenti locali, mette il Commissario non a completo agio.

IL PROBLEMA DEL RIFORNIMENTO DI ACQUA
Il problema del rifornimento di acqua potabile è il primo scoglio che gli si para davanti. Nell’apposita commissione vengono presentate due proposte non conciliabili: una, presentata dal dott. Felice Pullè prevede una soluzione organica di lungo periodo, ma non di rapida realizzazione; l’altra, presentata dal dott. F. Riccioni, più limitata e probabilmente meno affidabile ha però il pregio di poter essere realizzata in tempi brevi, consentendo l’immissione nella rete di una quantità di acqua sin dalla prossima stagione estiva. La commissione si divide e prevale la proposta Riccioni. Il Commissario che si era schierato per l’altra viene a trovarsi in una situazione difficile da gestire anche per il fatto che, viste le lungaggini burocratiche, già si pensa di eseguire i lavori a tambur battente, agendo al di fuori della potestà comunale.

RIGHI SI DIMETTE ECCO AUGUSTO MARANI
La situazione diventa insostenibile e il rag. Righi si dimette e viene sostituito, con Decreto Prefettizio 485 del 7 giugno ’23, dal Sig. Augusto Marani. Il clima in Comune si fa caldo e corrono accuse di inadempienze, ritardi e illegalità nella gestione della cosa pubblica. Si creano fazioni interne che sembrano irrisolvibili.

ELEZIONI 12 OTTOBRE 1923 CON LA SOLA LISTA DEL FASCIO
Per fortuna si va verso le Elezioni Comunali del 12 ottobre 1923. La campagna elettorale si fa tutta sulla lista del Fascio che gioca da sola avendo agito per escludere ogni altro concorrente. Si va al voto con la parola d’ordine che il giorno delle votazioni viene lanciata da “Il Popolo di Romagna”. “La lista del Fascio non va discussa ma votata… chi non vota è un nemico nostro e del paese”. I risultati sono scontati. L’insediamento avviene il 4 novembre 1923. Resteranno fuori i dimissionari Mancini Roberto, “per il modo oltremodo spiacevole in cui si svolsero le elezioni”; e Della Rosa Pio, “non approvo il modo con cui venne impostata e diretta la lotta elettorale amministrativa”. Come dicono le motivazioni scritte mandate al capo dell’amministrazione.

Da: “Una rotta nel vento” di Dante Tosi

“555 Chili di salsiccia BIS” di Giuseppe Lo Magro

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Giuseppe è un fiume in piena, lo sappiamo. Ancora una volta porta acqua in quel campo dove crescono la curiosità e l’amore per la cultura e le tradizioni della nostra Riccione. Lo Magro si rimette in gioco attraverso un lavoro certosino legato al linguaggio con il secondo volume di “555 chili di salsiccia”: un cerca parole italiano-riccionese da tenere in casa e custodire con amore perché fondamentale per conoscere e approfondire il nostro dialetto attraverso anche illustrazioni, commenti e curiosità. Un libro da sfogliare sorridendo, dove ritrovare modi dire e parole che in qualche modo ci sono state trasmesse da chi ci ha amato ed è per questo bene non dimenticare. In fondo in quei suoni e nelle parole ci sono le nostre origini, la nostra città e ci siamo noi tutti. Grazie Giuseppe, Famija Arciunesa e Riccione ti devono tanto e non poteva non dare vela a questa tua ennesima e preziosa iniziativa.

Francesco Cesarini, Presidente Famija Arciunesa

 

Presentazione

La pubblicazione di “555 Chili di salsiccia” il cercaparole Italiano-Riccionese dello scorso anno ha riscosso un buon successo pur non avendo avuto la “spinta” di una presentazione promozionale causa l’emergenza pandemica. E mi sono giunti anche tanti complimenti.

Il più gradito? Quello di una amica che al momento dell’acquisto mi disse: “Chissà se riuscirò mai a leggerlo. La sera dopo il lavoro in negozio sono stanca morta e crollo come una pera cotta. Raramente riesco a concedermi il piacere di un pò di lettura nonostante il mio immenso amore per i libri”.

Alcuni giorni dopo l’inattesa telefonata:“Giuseppe, la sera stessa dell’acquisto, ho dato una sfogliata a “555 chili di salsiccia”…ho sorriso leggendo …tanti ricordi sono affiorati …ho fatto mezzanotte vispa come un passerotto in cerca di cibo! Così ho preso una ”sana” abitudine… ogni sera mi leggo qualche pagina… sorrido… ricordo… poi dormo tranquilla come un passerotto nel nido. Il giorno dopo al lavoro mi capita di “rispolverare” una battuta e condividendola con le mie collaboratrici o con le clienti ci scappano altri sorrisi e altri ricordi. Giuseppe, hai fatto un gran bel lavoro!”Così, mettermi di gran lena per un
“555 chili di salsiccia BIS” è stato automatico!

In questo “Bis” si parla di Pionieri di Riccione, dei significati delle parole, di saggi proverbi popolari, di aneddoti legati ai ruspanti personaggi di un secolo fa, di “povere” meraviglie del mare, di mezzi di trasporto in via di estinzione, di teatro dialettale e in appendice c’è “Biblioteca 3” …tutto quello che parla di Riccione,
la Perla verde dell’Adriatico.

Buona lettura!

NELLE LIBRERIE DI RICCIONE – Giuseppe 338 4304667
presso la sede di FA 0541 643884 (Mart-Giov pom. dalle 16 alle 18)

Il tremendo terremoto del 16 agosto 1916 a Riccione

Solo la scossa di avvertimento di maggio evitò una strage ad agosto quando l’80% di Riccione venne raso al suolo da un terremoto di forza 9 della scala Mercalli.

IL TERREMOTO A RICCIONE NEL 1916
Non si registrarono vittime grazie alla scossa di avvertimento di maggio, ma il terremoto dell’agosto del 1916 fu di una forza mai vista a Riccione: le case del borgo vennero rase al suolo ed anche diverse strutture pubbliche furno gravemente danneggiate. L’ Ospedale Ceccarini registrò rilevanti squarci all’interno, crollò il padiglione d’isolamento e furono allestiti alcuni tendoni di emergenza.

I DANNI IN LIRE
I danni quantificati dal Genio Civile furono di 22.600 lire. il Giardino d’infanzia adiacente collassò registrando danni per 87.800 lire per poi essere ricostruito dopo il 1920, con una spesa complessiva a lavori ultimati di 123.500 lire.

17 MAGGiO 1916
Arriva la prima scossa di terremoto. Paradossalmente, in relazione a quel- la successiva molto più forte, sarà una benedizione, un vero e proprio campanello d’allarme. La prima scossa mise angoscia per tutta l’estate ai riccionesi che per la paura si riversarono in spiaggia vivendo in soluzioni di fortuna, spesso nelle barche capovolte.

16 AGOSTO 1916
Seconda scossa di terremoto, di inaudita potenza (forza 9 della scala Mercalli). Durò nella duplice fase ondulatoria-sussultoria piu’ di quaranta se- condi abbattendo l’80% di Riccione che solo per il campanello d’allarme di maggio non contò vittime. Riccione fu ridotta ad un cumulo di mace- rie gettando nella disperazione la povera gente. L’intervento dell’esercito provvide in qualche modo all’assistenza e ad innalzare le tende da campo per i tanti senza tetto.

Tra gli edifici importanti distrutti o notevolmente danneggiati vi furono: l’Asilo d’infanzia Ceccarini (inaugurato da Maria Ceccarini nel 1891), la Torre della Trinità, l’Ospizio marino Amati-Martinelli, la Chiesa di San Lorenzo, Palazzo Graziani, la Torre delle Fontanelle, l’Hotel Des Bains e l’Osteria Bologna sulla piazzetta del Paese (vedi foto).

1916 ANNO DRAMMATICO
Un anno terribile. Oltre il terremoto il territorio respirava un clima di martirio complessivo: i massacri del fronte della Grande Guerra, la T.B.C, la febbre spagnola nel mondo. Anche a Riccione arrivavano i telegrammi che annunciavano le inutili morti dei fanti in trincea. Alla fine saranno 61 i nomi dei caduti del conflitto 1915-1918 il cui nome verrà ricordato nel cippo funerario del Cimitero di Riccione. La guerra interruppe il periodo di sviluppo dell’attività balneare e della crescita economica.

RINVIO DEi PAGAMENTI
Già il 30 maggio 1915 si riunì l’assemblea generale straordinaria della società “Pietro Sghedoni” di Mutuo Soccorso fra i marinai di Riccione per ri- chiedere alle autorità competenti l’emanazione di un Decreto in favore delle attività economiche del territorio per lo slittamento delle scadenze dei loro pagamenti oltre il sessantesimo giorno dalla effettiva conclusione della pace.

BRUSCA FRENATA DELL’AUTONOMIA
Di certo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale e le difficoltà economi- che che ne conseguirono rallentarono le dinamiche di volontà d’autono- mia da RImini, formalizzata ufficialmente anni prima nel 1910 con una petizione popolare firmata dalla maggioranza dei riccionesi.

La richiesta di Comune autonomo, presentata al Ministero degli Interni, venne poi accolta da Rimini solo il 6 aprile del 1921 dalla dalla Giunta socialista del Sindaco Clari.

 

Francesco Cesarini

Quelli della “sala” ovvero: la sala giochi “Happy Days”

La sala giochi Happy Days punto di ritrovo fondamentale a Riccione tra la metà degli anni ‘80 e inizi ‘90. Teatro di legami e grandi amicizie.

“Gli anni delle immense compagnie, gli anni in motorino sempre in due”, queste due strofe di una canzone degli 883 si adattano perfettamente al periodo delle sale giochi. Il Sabato sera era esattamente cosi alla fine degli anni 80, ci si imbarcava in quattro o cinque persone per auto quando alcuni di noi compivano 18 anni e mettevano a disposizione la prima macchina della loro vita (di solito una Panda o una Uno ma piu spesso una golf), maga- ri rubata alla sorella maggiore. Si puntava in squadriglie di cinque o sei macchine almeno, direzione Bafet, Fafein o verso una ancor più classica Pulona.

Ci vediamo in sala…
La “Sala”, come la chiamavamo noi, si muoveva compatta il Sabato sera, alla fine di una settimana in cui tra i banchi (spesso del Volta, vera fucina di frequentatori della Happy) era- no circolati i bigliettini con le proposte di destinazioni per la grande cena del weekend, “pizzini” che sostituivano i whatsapp di oggi. Eravamo “quelli dell’Happy Days, una delle tante compagnie della Riccione di quei meravigliosi anni tra fine 80 e inizio 90.

Riccione divideva i ragazzi tra Bar e Sale Giochi, noi da parte nostra eravamo la seconda generazione dei ragazzi che si trovavano alla Happy Days, preceduti in molti casi dai fratelli maggiori, loro nati alla metà degli anni 60 , che ancora comunque si ritrovavano tra Sala Giochi e il “gazebo”, mentre noi compivamo circa 20 anni alla fine degli anni 80.

In gruppo per un pomeriggio insieme in compagnia…

Il campanilismo…
In una cittadina tranquilla come la Riccione dell’epoca praticamente non c’erano le rivalità e gli attriti che potevi trovare in altre realtà metropolitane, solo sane prese in giro tra appartenenti a compagnie diverse che magari la mattina erano compagni di banco; alla classica accusa di “fighetteria” si rispondeva adeguatamente ma sempre nei confini della goliardia. Il campanilismo invece scaturiva nei confronti di compagnie di ragazzi  dei Comuni vicini ma quando in un locale o in un ristorante sulle colline i toni si alzavano troppo, trovavi sempre altri riccionesi pronti a dar man forte anche solo verbale, indipendentemente dalla compagnia di provenienza. Alla fine eravamo e siamo tutti Riccionesi.

L’estate alla Happy
All’arrivo dell’Estate la “Sala” si spopolava di Riccionesi, molti impegnati a fare la stagione nelle attività di famiglia, altri, specie di sesso maschile, distratti da altre attività ludiche tipiche della stagione calda! I vuoti lasciati da molti di noi venivano riempiti da ragazzi di Bologna, Modena e general mente tutta l’Emilia che ancora in quegli anni arrivavano alla chiusura delle scuole per stabilirsi nella casa al mare o magari anche per un paio di mesi in quelle pensioni a conduzione familiare che ormai non esistono più. Da Giugno a Settembre diventavano parte integrante della Happy, stabilendo spesso con noi legami di amicizia che durano ancora adesso.

Ai primi temporali dopo Ferragosto, via via fino alla riapertura delle scuole, i “soliti” tornavano a ripopolare la “tana” chiacchierando intorno al biliardo e raccontando improbabili avventure estive. Per me ed i miei coetanei il periodo della Happy coincide con l’arco temporale compreso tra la seconda parte degli anni 80 e l’inizio degli anni 90.

Da sinistra: Barbara, Beatrice, Enrico, Nada, Cinzia e Michela

In disco…
Eravamo appena troppo vecchi per la Domenica pomeriggio del Savioli e forse ancora troppo giova- ni per Cocorico e Peter Pan; la “Sala” era il luogo di ritrovo ideale, una bolla felice ed anche sicura, grazie anche allo sguardo vigile prima di Alfio e poi di Patrik. Ogni stagione della nostra vita è stata e sarà caratterizzata da un luogo, un gruppo di amici e di rapporti sociali. Per me il periodo tra la seconda meta degli anni ottanta ed i primi anni novanta rimarra sempre l’epoca della Happy Days.

Riccardo Casilli

Chi incrociavi all’Happy Days…

La sala giochi Happy Days è stata, e probabilmente è ancora, un ritrovo per tanti giovani riccionesi e non. A fine anni ’80 e per tutti i ’90 in tantissimi si sono conosciuti e frequentati condividendo esperienze, amicizie, amori e tanto divertimento. 

UNA GRANDE FAMIGLIA
La Happy, come tutte le compagnie, era una grande famiglia, ma anche un microcosmo diviso a sua volta in altri gruppi che si formavano spontaneamente per interessi comuni, amori, scuola o semplicemente per abitudine.

Marco Laghi, Luca Lari, Emanuele Conti e Federico “Fido” Zamagna.

Così era facile individuare i più “freak” con il pallino della musica come Luca Lari, Fido, Marchino (sempre con le cuffie) Angelo e Manu o la nutrita formazione dei fratelli: Stefano e Sandro Marconi, Massimiliano e Beppe Terenzi, Lorenzo e Filippo Laghi, Gianluca e Christian Berardi, Sabina e Fabio Tamburini, Beatrice e Massimiliano Giusti, Chicco e Isabella Carbini.

Alcuni si trovavano alla Happy dopo aver condiviso il banco del Liceo Volta al mattino, altri arrivavano dal mondo dello sport: Cristian Antonelli, Caso, Checco Morri e Dell’Anna erano accumunati dalla passione per il basket, poi c’erano i “pallonari”, quelli che si perdevano in infinite discussioni sul calcio dove nessuno aveva mai ragione.

 

In gruppo per un pomeriggio insieme in compagnia…

LE RAGAZZE GRIFFATE…
Le ragazze erano sempre impeccabili, griffate in inverno e in estate ma sempre con un tocco originale di riccionesità. In quegli anni impazzavano i paninari, un trionfo di Moncler, Timberland e felponi, poi arrivarono i bomber, le Dr Marten’s, i vestiti sempre giusti che si compravano alla “Pensione da Oscar” e per le più chic quelli di “Antonia Boutique“.

In estate tutti fuori dalla sala giochi, ad affollare marciapiede e strada. Le ragazze chiacchieravano appoggiate ai loro Solex con le ceste in vimini colorate, i ragazzi lì intorno ad organizzare le serate.

QUALCHE NOME…

Da sinistra: Barbara, Beatrice, Enrico, Nada, Cinzia e Michela.

Un po’ di nomi? Bea, Barbarina, Sabi, Nada, Cinzia, Caterina, Alessia, Franci Capello, Betty, Michi, Giulia, Patty, Lucia… la lista è davvero lunga.

Poi c’erano i boys: Massi Giusti, Andrea Leurini, “Gianchi“, “Canna”, Enrico Muccioli, Michele Masi, Patrick il figlio del mitico boss Alfio, Massi Magnani, Giaco Burioni, Sandro Grossi, “Slomba“, Barni, Checco Del Bianco, Tiziano Rocchetta, Andrea Mussoni, Davide Cavallaro, Claudio, Roberto, l’originale triade formata da Pigi, Scara e Petz, quelli del liceo Cavalli, Spino e Il Grande e naturalmente quelli che venivano chiamati “i grandi della sala”, lontani di pochi anni, ma distanti anni luce per esperienze, che si guardavano con rispetto mantenendo le giuste distanze.

Cinzia Garoia

Gli anni d’oro del Pavoncino e il suo originale British style

Il segreto del successo del Pavoncino? Stelvio Coscia: “Una cucina di grande qualità che strizzava l’occhio al mondo della notte”

L’interno del Pavoncino con il suo caratteristico arredamento.

Ci sono angoli di Riccione che custodiscono i ricordi di stagioni passate per tante persone indimenticabili. Uno di questi è il Pavoncino che ad inizio anni ’80 era il cuore pulsante della zona Alba, tappa obbligata di inizio o fine serata, ritrovo di chi dava del tu alla notte inseguendo serate vissute in collina o nei locali da ballo al mare. Già dalla sua architettura il “Pavoncino” ti intrigava e allo stesso tempo ti sorprendeva: raccolto nei suoi tavolini stile British pub capace però di strizzare l’occhio anche ai bistrot parigini con quelle vetrate e quel verde salvia retrò che dominava il bancone, il retropalco e gli arredi ed anche il grazioso soppalco.

Un luogo fatto di citazioni e rimandi, ma dove al centro vi era un tratto tutto romagnolo, l’anima del locale che emergeva dalla gestione e dalla cucina. Lena, Stelvio, Carlo erano le colonne al banco e tra i tavoli con Italia autentico asso in cucina, cresciuta sotto l’ala di Elio Tosi e arrivata direttamente dall’Embasy di Rimini. Difficile definire un target del Pavoncino: riccionesi ma anche tanti ospiti fissi da tutta la Romagna e stranieri durante l’estate.

Unica cosa certa le dinamiche con cui si rincorrevano giorno e notte “In estate inizialmente il locale incominciava ad animarsi solo verso le 23.00, proiettato quasi esclusivamente verso la notte o almeno dopo la “vasca” in Viale Dante” -ricorda Stelvio Coscia– autentico pigmalione del locale, “ad un certo punto mettemmo in piedi un’operazione che ai giorni di oggi potremmo definire di marketing. Sopra il Pavoncino la Vingresor, un importante tour operator svedese, affittava appartamenti a gruppi di ragazze svedesi. Una sera, subito dopo cena verso le 21.00, chiesi a sei ragazze bionde di sedersi ai nostri tavoli all’esterno come nostre ospiti, nel giro di mezz’ora il Pavoncino si riempì, funzionava! Andò avanti così per tutta l’estate e per diversi anni, erano tante le turiste scandinave che arrivavano a Riccione”.

In inverno il Pavoncino non perdeva le buone abitudini, diventava più intimo con la sua affezionata clientela ma sempre molto animato, tra uno spaghetto millegusti (diventato con gli anni un simbolo del locale) e una portata di crostini misti chiudeva addirittura alle 3 del mattino, in estate alle 4.30 per poi riaprire poco dopo le pulizie per chi voleva fare colazione dopo una notte in disco. Spesso di prima mattina sul marciapiede erano parcheggiate delle Ferrari attorniate da ragazze e i clienti al momento di ordinare si lasciavano sfuggire soprappensiero “Mi basta già quello che vedo…

Il Pavoncino ricoperto di neve. Per i nostalgici attenzione alle pubblicità…
Pavoncino giugno 1988 – Italia Biscardi e alle spalle la figlia Lena,

Davvero insolito poi quando la domenica mattina si incrociavano le famiglie che andavano a messa e gli ultimi clienti. Stelvio era il barman insieme a Serena, tra i loro pezzi forti proponevano il  “Pavoncino” con vodka, fragola e pompelmo ed il “ Summer” con Gin, tonica, kiwi e limone mentre anche Carlo e Lena tra i tavoli servivano ricercate macedonie di giornata ed il mascarpone per il quale arrivavano prenotazioni telefoniche. Ogni sera dalla cucina uscivano nuovi primi con le paste fresche in primo piano insieme alla specialità della casa: il roast beef della cuoca Italia che ancora oggi in tanti ricordano.

Le stagioni d’oro del Pavoncino targate Stelvio Coscia andare dal 1982 fino al 1987, una breve pausa e poi il ritorno dal 1988 al 1991, ultima stagione di successo del Pavoncino che da allora è fermo ancora all’angolo tra viale Tasso e Viale Emilia, quasi abbandonato, incapace di esibirsi nella sua ruota per corteggiare i suoi clienti.

Francesco Cesarini

 

Giornale n. 3.2021 – Zona bianca, di nuovo pienone?

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Finalmente torna l’estate! Che sia per la nostra Riccione una stagione “normale”, quella del riscatto e della ripartenza definitiva. E’ questo l’augurio che vogliamo farci, le premesse positive ci sono tutte: c’è voglia di vacanza, leggerezza e divertimento. Riccione è tutto questo ed anche un luogo rassicurante sotto l’aspetto sanitario, possiamo giocarcela.
Chissà se un giorno ritorneremo ai pienoni degli anni ’80 che “Pico” con il suo favoloso scatto ci ricorda in copertina. Intanto siamo in zona bianca, a noi tutti il compito di ritrovare quel sorriso che ci contraddistingue, il miglior biglietto da visita che possiamo offrire ai nostri cittadini temporanei, i turisti. Il sorriso della nostra Famija intanto vi accompagna in questo inizio di stagione perché siamo orgogliosi di aver donato e consegnato dieci carrozzine all’Ospedale Ceaccarini. Si tratta di un altro mattoncino della grande raccolta fondi “Riccione contro il Coronavirus” portata a termine, con determinazione e costanza da una squadra composta da tanti cittadini e associazioni del territorio. Ancora grazie per averci sostenuto: buona estate, buon lavoro e forza Riccione!

Francesco Cesarini
Presidente Famija Arciunesa

Nominato il nuovo direttivo del Consorzio d’area Viale Ceccarini

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Eletto il nuovo Consiglio di amministrazione del Consorzio d’area di viale Ceccarini, che lo scorso maggio ha confermato presidente il commercialista Maurizio Metto.
L’assemblea dei soci riunita all’hotel Mediterraneo, ha rinnovato gran parte dei consiglieri, lasciando spazio anche a imprenditori giovani e intraprendenti. Il direttivo è così ora for- mato da Barbara Montali della Gioielleria Zucchi (vicepresidente new entry), Gianluca Sanulli della Brasserie e Sac à poche, Alver Zambon dell’omonima ottica e pelletteria, Roberto Pasini della piadineria pizzeria Il Vicolo, tutti confermati, nonché Lara Corazza dell’Hotel Mediterraneo, Michela Bugli dell’Arte Dolce, Maurizio Magi della libreria Mondadori e Marco Montebelli di Autentico e Chalet del Mar. Il cda del consorzio che ha ripreso quota, marciando verso i 90/100 associati, rimarrà in carica tre anni.

“Una mnèstra chèlda” – Una minestra calda. Aiuti per superare i gelidi inverni senza lavoro

Riccione da piccolo borgo di case fino all’autonomia e passando per la guerra ha conosciuto anche momenti di grandissima difficoltà economica. In diversi snodi sono stati fondamentali gli aiuti per i poveri nel superare i gelidi inverni: “Una mnèstra chèlda” – Una minestra calda. 

Fine ‘800
La società di Mutuo soccorso nacque a riccione il 26 novembre 1886. Ad essa aderirono quasi tutte le categorie: esercenti, professionisti, artigiani, operatori vari.
Dal barbiere al farmacista, dal cementista al mediatore, dall’albergatore all’idraulico … ci fu solidarietà massima per portare aiuti ai più deboli. Tra le attività spiccano le “Cucine economiche” create per distribuire giornalmente pasti caldi alle persone in difficoltà.

Le cronache dell’anno 1896 ci parlano di un inverno estremamente rigido
che provocò il fermo della pesca e di tanti altri lavori per quasi due mesi. Le misere provviste di pescatori e lavoratori dei campi e dell’edilizia si esaurirono riducendo una fetta di popolazione alla fame.

Si aprì una sottoscrizione e i soci della s.d.M.s. si impegnarono nella distribuzione di oltre 250 minestre giornaliere. Un contributo eccezionale giunse dalla munifica Maria Ceccarini:100 lire! Tanto per chiarire: il bilancio annuale 1894 della Società fu di poco più di 1.000 lire.

1929-1934
Il 1929 è ricordato come l’Anno del nevone perchè la neve caduta raggiunse misure eccezionali. Fu una crisi terribile e per un po’ di calore le persone arrivarono a tagliare anche le piante da frutta. Fino al 1934 gli inverni furono altamente inclementi e le cucine economiche ebbero gran lavoro. Una testimonianza dell’anno 1931 ci viene dai racconti di Rodolfo Ciotti. Allora, solo dodicenne, ma già responsabile e diligente, era incaricato dalla famiglia al ritiro delle razioni alimentari.

Con la capace pentola di terracotta, tenuta su da una cordicella passata per i manici, si recava giornalmente presso la Congregazione di carità nella sede della Casa del Fascio. Grazie alla sua simpatia era divenuto amico del cuoco “Gigioun” e aveva ottenuto di poter “ripassare” le grandi marmitte, ricavando così “qualcosa” da mettere sotto i denti.

Un brutto giorno, nel ritornare a casa tagliando per i campi per ridurre il tragitto, inciampò in una radice e tutto il contenuto della pentola (una minestra molto – molto allungata di riso e fagioli) finì nella terra, assorbito in un batter d’occhio. Arrivò a casa sconfortato, trovando genitori e fratelli seduti a tavola col cucchiaio in mano, “com di castrisèt te nid chi aspitèva l’imbichèda”. Sicuramente fu sgridato, ma non più di tanto, perchè i suoi sapevano quale sacrificio fosse per lui mascherare la miseria, azzerando la dignità, nel presentarsi ogni giorno a “chiedere” quelle minestre.

1947-1951
Dopo la Liberazione, la Casa del Fascio di Riccione fu abbandonata dai fascisti e molti organismi vi si trasferirono lasciando sedi anguste e disagiate.
Per prima entrò la Camera del Lavoro, seguita da P.C.I., P.S.I., A.N.P.I. e P.R.I. Furono allestite varie attività come la palestra per la boxe e, ad opera del Fronte della gioventù, si organizzarono eventi danzanti e venne riattivata la “Mensa dei poveri” che già durante la guerra aveva dato sollievo alle famiglie bisognose.

Tra la gente si diceva, erroneamente, che era la Minestra dei Comunisti mentre in realtà la forniva l’E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza). La distribuzione era gratuita per chi aveva la tessera di povertà e a prezzo minimo per gli altri. A richiedere “e papòun” (il pappone) per i suoi fedeli c’era anche il buon don Tmas, arciprete di san Martino.