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giovedì, Gennaio 16, 2025

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Rita Arianna Belpassi “Non facciamoci imprigionare dalle zone grigie”

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Non facciamoci imprigionare dalle zone grigie. La psicoterapeuta Rita Arianna Belpassi: “Anche durante il lockdown l’amore è stato l’antidoto naturale alla solitudine”

 

Dai libri “Contro la violenza” e “L’amore conta”, parole come, amore e relazioni emergono come determinanti. Come mai? “Fin dalla nascita, le relazioni sono molto importanti e continuano ad esserlo per tutta la vita. Nasciamo da una relazione d’amore, impariamo e cresciamo immersi in relazioni, che contribuiscono a farci diventare chi siamo”. E’ in un rapporto, quello che il neonato ha con la mamma o con chi ne fa le veci, che si dispongono le basi della vita psichica e dello sviluppo de Sé dell’individuo. Possiamo dire che è attraverso le relazioni, è nel rapporto con l’Altro che impariamo ad amarci e ad amare”.

A proposito del lockdown lei parla di “tempo sospeso” e in un certo senso di una grande occasione. Perché? “In tempo di lockdown e in un clima di incertezza, impregnato di angoscia di morte, abbiamo dovuto isolarci da parenti ed amici, sospendere le nostre relazioni in nome della soprav- vivenza, per proteggerci e per proteggere i nostri cari. In questo momento emotivo ha preso forma il libro “L’amore conta”: ho pensato che proprio la particolare situazione, questo tempo passato più soli con noi stessi, potesse divenire occasione per riflettere e riscoprire il sentire interiore e il valore dei rapporti umani, delle relazioni, degli affetti, dei desideri, delle esperienze vissute. Tutto ciò ha a che fare con l’amore, antidoto naturale alla solitudine, al dolore e all’angoscia di morte.

In che modo le nostre fragilità convivono con le nostre capacità? E perché sono entrambe importanti? “Nasciamo fragili ma anche con una spinta vitale che buone esperienze aiutano a sviluppare. Con la crescita gradualmente aumentano le capacità ma non si cancellano i bisogni, le fragilità, il limite della morte, l’incertezza, che, assieme alle potenzialità, sono tutti aspetti umani da riconoscere e da tenere insieme dentro di noi. Nessuno è solo forte o solo debole, solo capace o solo fragile. Se impariamo ad ascoltare le nostre capacità e le nostre fragilità e ci permettiamo di dare comprensione, rappresentazione, senso al nostro mondo interno, possiamo attivare risorse di pensiero per cambiamenti e crescite favorevoli, personali e sociali, permeate di umanità.

Dal punto di vista professionale cosa le ha insegnato la Pandemia ed il nostro modo complessivo di reagire? “Professionalmente mi sono resa conto di quanto sia importante specie in questo momento, aiutare le persone ad ascoltare e a contattare dentro, anche quegli aspetti che sono collegati al desiderio, alla speranza, ad una progettualità che tenta di alzare lo sguardo all’orizzonte. Per non rischiare di rimanere, anche quando la situazione lo consentirà, prigionieri di “una zona grigia”, povera di colori emotivi e di relazioni, cui non ci dobbiamo, non ci possiamo abituare. Sarebbe come accontentarsi di sopravvivere invece che vivere.

Francesco Cesarini

Successo in RAI per la riccionese Valentina Cenni con Stefano Bollani

La riccionese Valentina Cenni e il suo compagno Stefano Bollani protagonisti del successo televisivo in RAI con “Via dei Matti numero 0”: 35 puntate di sorrisi, emozioni e grande musica.

Con la loro musica, gag, simpatia e sottile ironia, accompagnata da quell’appeal che buca lo schermo, per settimane hanno accolto gli italiani nella loro casa immaginaria, animata da illustri ospiti. Così il noto compositore e pianista Stefano Bollani e la sua consorte, l’attrice riccionese Valentina Cenni, con la conduzione di “Via dei Matti numero 0”, ogni sera dal lunedì al venerdì alle 20,20 su Raitre, hanno catturato milioni d’italiani, rivelandosi coppia artistica dell’anno.

Il format non ha smentito la Produzione Ballandi. Fin dalle prime puntate, infatti, con oltre un milione e mezzo in media di spettatori a serata, la trasmissione è risultata vincente, tra le più seguite dopo Chi l’ha Visto e la fiction Un posto al Sole. Storie, canzoni e ospiti eccellenti di arti varie come De Gregori, Baglioni, Bennato, Vanoni, Finardi, nonché Capossela, Laurito, Zalone e Marcorè hanno contribuito ad animare le 35 serate, mentre ha preso quota il nuovo album del Maestro, El Chakracanta live in Buenos Aires.

VALENTINA E BOLLANI CASA A RICCIONE?
Valentina e Stefano implicitamente hanno così dato smalto anche a Riccione, dove non escludono di creare un loro “nido”. “E’ nostro desiderio stare insieme e comprare una casa in Romagna di fronte al mare – svelano-, godendoci le persone care e questa terra che amiamo profondamente”. E sempre a Riccione potrebbero riservare delle sorprese artistiche: “Chissà che non ci venga in mente qualcosa – commentano guadandosi negli occhi con l’immancabile e complice sorriso che tanto piace al pubblico- . Ora è tutto fermo. Simone Bruscia sta facendo tanto per la nostra città, a Riccione si ricostruirà presto lo Spazio Tondelli, e questa idea ci eccita”.

Di certo la critica e il consenso di pubblico suggeriscono altri spettacoli che vedano insieme sul palco i due artisti. Valentina ha mirabilmente mostrato le sue doti canore ed espressive, che ben si sposano con la musica del Maestro. Cosa potrà scaturire da questo connubio?
“Non sappiamo, è tutto inedito anche per noi – risponde Valentina – in effetti cantare insieme ci diverte, abbiamo cominciato a farlo l’anno scorso durante il lockdown, ci siamo poi esibiti ufficialmente a “Evviva”, nostro programma su Rai Radio 3, da lì non ci siamo più fermati”. Le idee non mancano. Ora abbiamo in mente di fare un film con la mia regia e con musica composta da Stefano. In questo momento cerchiamo di fare di necessità virtù, stando insieme progettiamo tante cose”.

Ni.Co.

Gli 80 anni del “Cavallino Bianco” raccontati da Eugenio Tontini

Eugenio Tontini, uno dei pionieri del turismo riccionese, racconta gli 80 anni dell’hotel Cavallino Bianco.

Come un candido vascello, carico di storia, punta la prua verso
il mare da ottant’anni L’Hotel & Suite Al Cavallino Bianco di Riccione sul porto canale si appresta così a celebrare il suo anniversario, davvero particolare, se si considera che anche il suo titolare Eugenio Tontini (in foto), uno dei pionieri del turismo rivierasco, a dicembre compirà gli stessi anni. Il Coronavirus per ora ha impedito di fare un cin cin in pubblico, ma il noto albergatore non dispera, con ottimismo attende il rilascio della quarta stella e una pausa della pandemia che consenta di fare una festa con ospiti e amici.

Eugenio Tontini (Foto Nives Concolino)

L’avventura del Cavallino Bianco ha profonde radici? “La sua storia parte dall’osteria dei Bertozzi, ossia dalla Locanda del porto per una dozzina di anni gestita dai genitori di mia mamma, Rosmunda e Claudio Minelli che in un secondo momento presero in affitto l’omonima pensione in viale Carducci. La locanda tornò nel tempo ai Bertozzi, finché mio padre, Aurelio Tontini l’acquistò nel 1941, anno della mia nascita, mentre la seconda Guerra mondiale stava entrando nel vivo. Il babbo restò al timone fino al 1952, quando purtroppo fu investito e perse la vita”.

Così la mamma Matilde restò sola? “Sola e costretta a fare grandi sacrifici, perché aveva tre figli minorenni, io e i miei fratelli Claudia e Giorgio. Mia madre prese in mano le redini dell’albergo e si occupò dei nostri dipendenti, tutti fidelizzati, come Anna Berardi che restò con noi per decenni”.

Con loro avevate un rapporto familiare?“Certo. Sono tra l’altro molto contento perché tutti, fino agli anni Settanta/Ottanta, lavorando per noi hanno comprato la casa. Oltre allo stipendio percepivano delle belle mance”.

Tra gli ospiti ne annoverate alcuni illustri? “Nel dopoguerra da noi hanno soggiornato Palmiro Togliatti, e per la gioia di mio padre, fervente repubblicano, i ministri Ugo La Malfa e Oronzo Reale. Ricordo pure un importante principe indiano. In tempi più recenti sotto la mia gestione negli anni Ottanta sono arrivati Bobo Craxi e Ignazio La Russa. Non sono mancati gli artisti, che si esibivano al Cinema Teatro Turismo, come Gianni Morandi, Raffaele Pisu, Ric e Gian. Il Cavallino Bianco era un punto di riferimento, perché oltretutto avevamo il ristorante, inserito nella Guida Michelin. Ai tempi del sindaco Biagio Cenni si facevano feste per Capodanno e per la mitica Rosa d’Inverno”.

Perché l’albergo prese il nome di Cavallino Bianco? “Il nome non è casuale, fu scelto da mio padre perché il cavallino bianco è per eccellenza il simbolo dell’ospitalità alberghiera”.

L’hotel ora attende una promozione? “Contiamo di festeggiare il compleanno, fregiandoci di quattro stelle, perché intanto, pur mantenendo l’aspetto originario, l’albergo è stato oggetto di un’importante ristrutturazione. Questo è l’ultimo di una serie di interventi. Dalle sette camere iniziali nel tempo siamo passati a trenta. Con la pandemia si è fatta dura, ma io e moglie, Renata Romagnoli, siamo sempre aperti”.

Nives Concolino

Ridotta l’aiuola della statua dedicata a Maria Ceccarini

La volontà di ridurre l’aiuola che ospita la statua di Maria Boorman Wheeler Ceccarini la interpreto come l’idea di valorizzare un luogo identitario, rappresentativo della nostra comunità e del nostro “salotto”, alle prese con il correre veloce dell’omologazione.

Uno scorcio da impreziosire, con un effetto piazza, per marcare l’unicità di Viale Ceccarini, della sua storia, della sua gente e della sua benefattrice che ci ha donato l’Ospedale, il Giardino d’Infanzia, il porto, l’illuminazione e tanto altro.

La statua venne donata alla città da Famija Arciunesa, anche con il sostegno di donazioni di soggetti pubblici e privati, l’11 ottobre del 2012 in occasione dei 100 anni della nostra benefattrice.

Valorizziamo ulteriormente quel luogo con una puntuale manutenzione. In fondo manutenzione deriva da “manutenere” ovvero “tenere per mano” e francamente faccio fatica ad immaginare qualcosa di più importante in questo momento.

Sono convinto sia questo l’intento di chi ha chiesto di intervenire in quell’area dove Maria Ceccarini deve essere protagonista, eventualmente anche con un’illuminazione a lei dedicata.

Famija Arciunesa è pronta a fare la sua parte in modo costruttivo, anche contribuendo alla manutenzione continua della piccola aiuola ed installando un QR Code che rimandi alla nostra WebApp per raccontare in modo approfondito, davanti alla statua, a cittadini, turisti e curiosi la storia di Maria Ceccarini ed il suo profondo legame con Riccione.

Francesco Cesarini
Presidente Famija Arciunesa

Dalla piattaforma al pontile, il progetto futuristico di Rutilio Ceccolini del 1927

Dalla piattaforma al pontile, il progetto futuristico di Rutilio Ceccolini del 1927. Durante la Giunta Lombardini si puntò alla piattaforma balneare per una Riccione lanciata nel futuro.

Riccione e la piattaforma sul mare
1927- Riccione progetta una piattaforma in mare per stare al passo o addirittura superare le offerte delle altre rinomate spiagge italiane.

Dal verbale in parte qui riportato – grazie alla gentile concessione di Davide Bagnaresi, dottore in ricerca di storia – si evince la volontà di realizzare una struttura moderna, avanti nei tempi, ma come si dice terra terra “non c’era trippa per gatti” e non se ne fece nulla.
Settanta anni dopo Adriano Prioli propone un pontile panoramico e dieci anni dopo altri due progetti rafforzano l’idea, ma anche in questo caso sono bolle di sapone.

Piattaforma sul mare. Albo Pretorio il 13 Febbraio 1927

Il Commissario Prefettizio
Considerato che la continua ascesa di questa stazione balneare, impone di curarne le esigenze più notevoli per il suo progredire e poiché Riccione deve potere con sicurezza competere con le altre spiagge, principalmente con quelle di grido, deve porre fra i problemi più urgenti, anche quelli che più simpaticamente sono accolti dalla colonia bagnante e che per le proprie caratteristiche meglio rispondono ad essere elemento di attrazione e sviluppo.

Pertanto l’Amministrazione Comunale credette opportuno affrontare anche il problema della piattaforma sul mare secondo criteri moderni e redditizi; Considerando che il progetto presentato dall’Architetto Prof. Rutilio Ceccolini ha magnificamente risolto quanto era considerato, presentando un progetto complet di piattaforma in cemento armato, che, per mole, genialità e caratteristiche speciali, rappresenta quanto di nuovo ed attraente si può desiderare in tal genere di costruzioni.

Considerato che per l’interesse già suscitato si spera che proposte concrete verranno fatte e le trattative potranno svolgersi sulla base di una convenzione che contempli la concessione da parte di questo Comune con l’obbligo agli assuntori della costruzione, della gestione senza aggravio per il Comune.

Delibera n° 2424 reg° Mod. 6
1°) di approvare il progetto di piattaforma sul mare;
2°) di concedere all’Architetto Prof. Rutilio Ceccolini un compenso per la compilazione del progetto di piattaforma balneare in cemento armato nella misura dell’1% del preventivo di spesa pari a Lire 23.400;
3°) di porre la spesa a carico della Ditta concessionaria […];
4°) di iniziare trattative per trovare una ditta che assuma la concessione della costruzione e della gestione […]

Chi era Silvio Lombardini, il primo Sindaco di Riccione.

Silvio Lombardini, primo Sindaco di Riccione.

Silvio Lombardini è stato il primo sindaco di riccione e ne ha guidato la vita amministrativa dal 4.11.1923 al 5.4.1928. Nei 4 anni e mezzo di permanenza in Municipio fu Sindaco dal giorno dell’elezione al 4.02.1926. In tale data, con la riforma delle amministrazioni locali, sono aboliti i Consigli Elettivi e il Sindaco è sostituito dal Podestà. Il 25 ottobre 1926 è la data dell’ultimo Consiglio Comunale di Riccione. Durante il suo mandato nel 1925 venne inaugurato il Ponte Ceccarini sul Rio Melo che collegava Riccione a Rimini e nel 1927 la linea del tranvia Riccione-Rimini. Lombardini amministra in qualità di Commissario Prefettizio sino al Marzo 1927 quando viene nominato Podestà. Lombardini non riesce a sopportare a lungo le ingerenze e i veti del partito fascista. Firma le ultime delibere il 29 marzo 1928 e rassegna le sue dimissioni da Podestà.

GLM

I 100 anni di Maria Santini, auguri!

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Maria Santini festeggia 100 anni dopo essere passata attraverso la guerra e il boom economico di Riccione. A raccontare la sua storia il nipote Andrea.

Maria Santini, la Nonna Maria, nasce a Montegrimano il 23 febbraio 1921. Una vita passata a fare fatica la sua, prima coltivando la terra con i genitori e crescendo i suoi 7
fratelli e sorelle più piccoli, poi badando a figli, nipoti e pronipoti.

MARIA LA GUERRA E I NAZISTI
C’era poco tempo per gli svaghi, quella volta, c’era tanto da fare e poco da lamentarsi: era finita la Grande Guerra e la vita doveva andare avanti. Nel 1937 sposa Giovanni Casali e proprio durante la Seconda Guerra Mondiale nascono i tre figli: Enzo e le gemelle Giannina e Carla. Erano periodi difficili, i nazisti volevano mangiare e mentre il nonno doveva darsi alla macchia o nascondersi nelle case altrui per sfuggire alla deportazione, la nonna Maria si fingeva vedova, preparava i pasti e lavava i vestiti a quei maledetti, mentre i figli piccoli chiedevano le dovute attenzioni.

1957 MARIA SI TRASFERISCE A RICCIONE
Nel 1957 le cose finalmente migliorano, la famiglia si trasferisce a Riccione e la nonna Maria passa dal distruggersi la schiena nei campi al distruggersela negli alberghi, per poi lavorare in seguito al servizio di una famiglia benestante e, per arrotondare, pulendo le scale nei condomini.

In quegli anni non c’erano svaghi o hobby, si mettevano i soldi da parte per affrontare le avversità e salario dopo salario, finalmente, arriva il 1960, anno in cui i nonni comprano un terreno e costruiscono la casa dove abita attualmente la nonna Maria.

LA CIAMBELLA DI MARIA
Ne ha viste tante la nonna, con 6 nipoti e 9 pronipoti ha preparato parecchi padelloni di lasagne per tutti… Infatti quando andavi da lei c’era sempre qualcosa da mangiare, ci ha cresciuti e badati quando i genitori dovevano lavorare, ha sempre assecondato le richieste e le lagne di tutti. Ma soprattutto ha sempre fatto quella ciambella che ancora nessuno ha capito come replicare, anche perché se le chiedi quanto zucchero ci devi mettere, la risposta è sempre la stessa: “Quel c’uj vo”. Passano gli anni, noi pronipoti diventiamo grandi e la (bis)nonna è sempre più curva su una schiena che ha lavorato tanto, troppo, ma la testa è sempre lucida: sta sempre a quella finestra dove vede passare chiunque e prima che tu le possa dire qualcosa arriva lapidaria la domanda “T’at si fat la murosa, eh?”.

TANTI AUGURI MARIA!
Implacabile, come un cecchino. Son 15 anni ormai che a ogni compleanno ti ringrazia per gli auguri e dice che “quest’anno è l’ultimo”, ma forse non ci crede nemmeno lei… Intanto a 100 ci sei arrivata, nonna.

Tu continua a ripeterlo, che porta bene!

Andrea Batarra

In Viale Ceccarini “Campi di Fragole”

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Campi di Fragole sbarca in Viale Ceccarini a Riccione, una dolce storia partita nel 1996.

Viale Ceccarini da oggi è più dolce grazie a “Campi di Fragole” un’idea imprenditoriale legata al mondo dei gelatieri artigiani, partita 25 anni fa inViale Dante ed ora con diversi punti vendita sparsi in tutta Italia: l’ultimo quello appena inaugurato in Viale Ceccarini a Riccione. Giovanni Occhialini e Michele Santini si raccontano.

Quando nasce “Campi di Fragole”? “Il 4 aprile del 1996 in viale Dante da un’amicizia e da un’idea comune: ora come allora l’obiettivo era di partire da materie prime di assoluta qualità, ricercare e riscoprire ricette e valorizzare prodotti e sapori del territorio per arrivare ad un gelato artigianale d’eccellenza”.

Ma perché proprio “Campi di Fragole”? “Volevamo un nome italiano da associare ad un momento di leggerezza e spensieratezza, in fondo quando assapori un gelato per tutti è anche una pausa per ritrovarsi. Un giorno un amico nella sua casa-museo immersa tra le campagne ci disse: “Lasciate che vi porti con me nei Campi di Fragole, dove non c’è nulla di reale, dove non c’è ansia”. La frase ci colpì ed eccoci”.

Una citazione molto “Beatles”, anche la vostra carriera sembra intramontabile, una storia lunga già 25 anni. “Proprio così. Dopo Riccione abbiamo aperto con altri partner a Fano, Calcinelli di Saltara, Pesaro, Fossombrone, Pescara, Lucrezia, Senigallia, Ponte di Legno e poi ancora a Riccione in Via Michelangelo con l’amico Davide Angelini”.

Tanti importanti compagni di viaggio ma per i 25 anni siete tornati in pista insieme, addirittura sbarcando in Viale Ceccarini. “Ci tenevamo tantissimo perché siamo innamorati di Riccione, un brand importantissimo capace di attirare attenzione in tutta Italia. L’apertura della gelateria nel salotto ha suscitato tanto interesse anche da parte di altri aspiranti gelatieri che vorrebbero entrare nella rete di “Campi di Fragole”.

Ma che tipo di gelato è il vostro? “È legato al gusto, ai sensi, alle emozioni prima di tutto, ci piace vivere il rumore del latte nel pastorizzatore, l’aroma del cioccolato fuso, l’essenza della frutta sbucciata di fresco. E’ un gelato pro- dotto quotidianamente, al di fuori dalle mode e legato alla stagionalità dei prodotti con una ricerca attenta nell’esaltazioni delle sfumature, frutto di una ricerca sensoriale e uno studio stento sulle materie prime, con una grande attenzione ai prodotti locali”.

Viale Ceccarini è per voi un passo importante? “Assolutamente sì, siamo nel salotto di Riccione a pochi metri da Via Milano. Il riscontro iniziale è stato ottimo, in tantissimi ci hanno scoperto e ritornano. In più siamo orgogliosi di aver fatto nascere una gelateria “green”: un sistema salva acqua è in grado di azzerare il consumo di acqua di tutti i mantecato e pastorizzatori, inoltre abbiamo investito nell’innovazione tecnologica dei nostri banchi a pozzetto addirittura gestiti da una App con smartphone per il risparmio energetico”.

1968 – La Scuola media Pascoli a “Chissà chi lo sa” in RAI

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La scuola media Pascoli di Riccione partecipa durante l’anno scolastico 1968/69 alla trasmissione rai “Chissà chi lo sa” presentato da Febo Conti e con la regia di Cino Tortorella.

La foto ci ritrae al ritorno dalla prima sfida che vincemmo contro la scuola media di Cortina d’Ampezzo.

Io grazie alle mie doti di timidezza e tranquillità fui designata come portavoce. Fu un’esperienza di vita molto importante: per la prima volta andavamo fuori dalla nostra quotidianità e scoprivamo un mondo più grande.

Eravamo sponsorizzati dall’Azienda di Soggiorno, in fondo facevamo anche promozione turistica alla nostra Riccione. Partecipammo a 4 puntate perdendo con onore (le domande erano difficilissime), in semifinale contro una scuola media di Milano.

Marina Zoffoli

Il gatto nel capanno di Francesco Gabellini

Il gatto nel capanno

Non so se vi sia mai capitato di chiudere involontariamente un gatto in uno spazio ristretto, come uno sgabuzzino, un garage o un capanno. Il povero animale si sarà molto innervosito e nel momento in cui avrete riaperto la porta, sarà fuggito correndo come non lo avevate mai visto correre prima. Ecco, in questo periodo noi, costretti a starcene chiusi in casa, a causa di questa brutta pandemia, siamo come quel gatto.

E quando finalmente verrà qualcuno a dirci che possiamo uscire, che abbiamo riconquistato la nostra libertà, come quel gatto correremo all’impazzata. A meno che tra noi e quel povero animale spaventato non ci sia qualche differenza, e non siamo riusciti ad utilizzare questo tempo di chiusura forzata per riflettere su quella che era la nostra vita prima che tutto ciò accadesse.

Mi viene in mente un mio vecchio amico che ogni volta che ci incontriamo, alla mia consueta domanda: “come stai?”, mi risponde sempre, in dialetto: “a s’aruglém” (ci ruzzoliamo); che è una bellissima risposta. Una risposta simpatica, una battuta, sulla quale però ho sempre riflettuto. Stiamo ruzzolando.

Un gioco divertente, finché si è bambini, ma che crescendo, potrebbe portare a perdere il controllo, a scendere a rotta di collo senza freni, senza più rendersi conto di dove si stia andando e, soprattutto, senza neppure più la consapevolezza di stare rotolando.

Dovremmo cercare di dirglielo a quel gatto, prima di liberarlo dal capanno.

Francesco Gabellini

Villa Mussolini e Pensione Margherita: facciamo chiarezza

Da molto tempo si legge su libri e riviste che la Villa Mussolini altro non sarebbe che la ex Pensione Margherita

Villa Mussolini non è mai stata Pensione Margherita. L’equivoco, perché di questo si tratta, è dovuto al fatto che entrambe le strutture erano ubicate in Viale Vittorio Emanuele III, oggi Viale Milano, e che sono appartenute entrambe alla Famiglia Galli-Bernabei, che gestiva un negozio al piano terra dell’Hotel Lido, sul Viale Ceccarini. E’ bene quindi ripristinare una corretta informazione ripercorrendo la storia di ciascuno dei due fabbricati.

Villa Mussolini
La Villa Mussolini fu costruita alla fine dell’Ottocento dal Capomastro Ferdinando Mancini, fratello di Domenico, su uno dei terreni di sua proprietà, che allora erano praticamente sulla spiaggia non essendo stato ancora tracciato il lungomare.
Essa fu eretta e venduta ai Marchesi Beccadelli, famiglia che si divideva tra Firenze e Bologna. Nella mappa disegnata per le prime concessioni demaniali rilasciate ad Angelini, Manzi e Del Bianco nel 1895, è già scritto il nome Beccadelli sul terreno della villa, di fianco ad altri due lotti su cui è ancora scritto “Mancini”.

Mappa demaniale del 1895.
Cartolina della Villa Beccadelli spedita nel 1903.

Nelle cartoline dei primissimi anni del ‘900 troviamo la scritta “Villino Marchesa Beccadelli”. La villa era infatti abitata in estate, soprattutto dalla Marchesa Eugenia Beccadelli, che morì nel 1904.
Nel 1905 il Perito Rigattiere Dal Fiume di Bologna, redasse l’inventario dei beni mobili contenuti nella villa, con relativi valori economici, necessario per le divisioni ereditarie.
Successivamente la villa passò in proprietà a Giulio Monti di Ferrara e quindi troviamo cartoline in cui essa viene indicata come “Villino Giulio Monti” o “Villino Lilia” dal nome probabilmente della moglie.

Cartolina del Villino Monti spedita nel 1910.

Ancora in una cartolina spedita nel 1918, si trova la scritta “Villa Monti”. La casa appartenne poi agli Angeletti, ed infine alla Giulia Galli Bernabei. E’ nota la vicenda che racconta Rachele Mussolini innamorata della villa e da lei voluta ad ogni costo. Si sa anche che la Giulia Galli non intendeva assolutamente cederla e pertanto dovette intervenire il Podestà Frangiotto Pullè a fare opera di persuasione e di mediazione.
Nel 1934 si concluse l’affare e la villa divenne proprietà della moglie del Duce, che in seguito vi passò le vacanze estive con la famiglia, tutti gli anni fino al 1943.
Il resto è storia recente.

Pensione Margherita
Questa era ubicata sul lato monte di Viale Vittorio Emanuele III, al numero civico 36, leggermente spostata verso Viale Ceccarini rispetto alla Villa Mussolini. Sul giornale “La Riviera Romagnola” del 13 Luglio 1922, si annunciava il “Grande Concorso Ippico” in programma allo Stadium Riccione dal 30 Luglio al 6 Agosto 1922. In esso un’intera pagina era dedicata alla pubblicità. Tra quelle del Grand Hotel Lido e del Grande Albergo Milano, vi era il trafiletto della Pensione Villa Margherita, in cui si diceva essere “Proprietario Direttore Mario Azimonti”.
Successivamente, in una cartolina spedita nel 1926 (foto sotto), in cui si vede l’immagine fotografica della pensione, costruita con due corpi di fabbrica uniti tra loro, si indica come proprietario un certo E. Bertoni .

Cartolina con immagine fotografica della pensione, spedita nel 1926.

Nel primo depliant pubblicitario di Riccione stampato nel 1927 ne viene indicata come proprietaria Adriana Donini.
La pensione figura in tutti i depliants successivi fino a quello del 1940, poi scompare. In quell’anno infatti venne attuato il progetto di qualificazione urbanistica dell’area attorno alla Villa Mussolini, con l’esproprio di tutti i fabbricati ed i terreni compresi nell’area del progetto. Così anche la Pensione Margherita fu demolita e sembra che gli arredi siano stati distribuiti ai poveri.

Aree espropriate nel 1940 (tratte da RICCIONE una rotta nel vento di Dante Tosi).

Anche per derimere le vertenze relative agli indenizzi per gli espropri, fu coinvolto il Podestà. A lui si erano rivolti anche gli ultimi gestori della Pensione Margherita. La loro storia cominciò nel 1928 con l’affitto della pensione di cui era proprietario Donini Clodomiro, che però fallì nel 1930, con la conseguente chiusura della struttura.
Nel 1934 la pensione fu venduta all’asta ed acquistata dalla Famiglia Galli-Bernabei, forse con il denaro ottenuto dalla vendita della loro villa, avvenuta proprio in quell’anno. I Bernabei poi diedero da gestire la pensione agli stessi affittuari del Donini, i quali ripresero l’attività che durò fino al 1940.

Pubblicità disegnata della Pensione margherita tratta da un depliant in lingua tedesca del 1933.

Il valore dello stabile espropriato fu stimato in Lire 240.000. Gli affittuari invece chiesero a saldo per la chiusura della vertenza, Lire 76.000, più il rimborso dell’affitto già versato di Lire 24.000, e qualche altro migliaio di Lire per le migliorie da loro apportate. E’ interessante che nella loro lunga relazione inviata al Podestà, essi dichiaravano che gli incassi ufficiali negli ultimi anni erano stati anche superiori alle 100.000 Lire lorde all’anno. Essi aggiungevano anche di essere orgogliosi e lusingati nella gestione della pensione, non solo per il risultato economico, ma anche perché, stante la speciale ubicazione di essa (davanti alla Villa Mussolini), avevano l’onore di ospitare spesso “altissime personalita”.

di Armando Semprini