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mercoledì, Gennaio 15, 2025

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William Zanca, creatività e arte tra pop art e recycling

Colori, colla, chiodi, spray, latta e lattine e molto di più:
le opere di Zanca nella Galleria Rosini

Un artista “imperfetto”, un vero artista, uno che affonda le radici nella terra di casa nostra e con le sue braccia tese verso il cielo anela all’orizzonte lontano.
Pop art, evasione, rivisitazione, recycling tutto tondo e creatività. William Zanca nasce a Montefiore e cresce come uomo ed artista nella nostra Riccione. Dal momento in cui comincia a muoversi nel mondo la sua natura irrequieta ed immaginativa lo spinge come un esploratore alla ricerca del tassello mancante, della forma reinventata, del nuovo nell’usato.
L’arte è ovunque esista passione ed espressione, arte come movimento e consumo, come compenetrazione tra il mondo sociale e l’intimità della propria natura.
“Sono un essere in movimento perpetuo così come senza sosta è la mia ricerca di forme nuove” William nasce come pittore, ma è un artista a tutto tondo “mi ammalia la possibilità di produrre nuova materia artistica dal vecchio, dall’usato da ciò che ha perduto il suo valore anche d’uso nel tempo”.

Nelle sue opere contenuto e forma diventano messaggio e la lattina vuota e buttata nella spazzatura, diventa embrione di un’opera colorata e sofferta, dove lo sforzo creativo viene sottolineato dal modo in cui quel piccolo pezzo di realtà industriale verrà incollato ed inchiodato, quasi trafitto per rigenerarsi in una nuova armonia di colori e forme inaspettata ed insolita.
Quando comincia la tua “storia” William? “La mia vita comincia quando ho capito che per esistere dovevo lasciare parlare l’artista, il creativo. Io esisto nella misura in cui creo”. Quali sono le opere a cui sei più legato? “Non ci sono pezzi in particolare, esistono fasi di ricerca e di scoperta, che vengono più o meno compresi da chi segue il mondo dell’arte, un mondo che si trasforma e che oggi giorno non vive più come una volta di sole esposizioni, ma si serve soprattutto dei social media per crescere”.

Tu esponi in una delle gallerie d’arte storiche della nostra città, forse la sola rimasta“Sì, collaboro da anni con Rosini, la nostra è un’amicizia ed una condivisione che mi gratifica, ma che porterebbe maggiore soddisfazione se l’arte e la creatività in generale acquistassero nel nostro territorio una ancor maggiore considerazione; questo renderebbe il mio lavoro ancora più stimolante.”
Le opere di William Zanca coloratissime e mai ripetitive, sono in vetrina alla Galleria Croce del Sud ed anche in esposizione costante su Instagram, il tema del recupero del materiale si affianca a quello del recupero dei contenuti e da questa alchimia nasce un prodotto nuovo e complesso da cui scaturisce il messaggio.
L’arte è ovunque, basta coglierla, l’arte è rielaborazione e spontaneità, ma soprattutto energia, in questo risiede la sua potenza, nella capacità di generare un pensiero, una forma, un gesto e riempire lo spazio con la sua presenza inalterabilmente unica.

Alessandra Prioli

La spiaggia di Riccione si candida come patrimonio immateriale Unesco

Un traguardo ambizioso realizzabile solo con una grande consapevolezza e partecipazione dei riccionesi

Nel 2018, Riccione ha iniziato una riflessione sulla propria identità fondata sull’uso sociale della spiaggia e sulla pratica dell’accoglienza, intese come bene comune ed elemento primo di vita, consumo, produzione della comunità. Nel 2019 è nato il progetto di rivolgersi all’Unesco per la candidatura nel patrimonio immateriale. La Convenzione UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio culturale intangibile (immateriale nella traduzione italiana), approvata a Parigi 2003, definisce come oggetto della sua tutela “le pratiche, le rappresentazioni, le espressioni, la conoscenza, le competenze che le comunità riconoscono come parte del proprio patrimonio culturale”.  Il progetto si è formalizzato sia nella delibera del Consiglio Comunale, aperto del 7 febbraio 2019, approvata all’unanimità, sia nella nascita dell’Associazione per la candidatura Unesco, che ha come soci tutte le maggiori istituzioni locali. Negli anni 2019-2020 è stato affidato un incarico al CAST (Centro Avanzato di Studi Turistici, Università di Bologna, sede di Rimini) di preparare il “dossier della candidatura”. Inoltre, il progetto è stato seguito dalla Commissione CoPi (Commissione per l’informazione) presieduta dal Prof. Guido Candela, docente universitario. Nel 2022, dopo i contatti con il Ministero della cultura e in accordo con il Comune, l’Associazione ha allargato l’incarico alla Fondazione Santagata per l’economia della cultura di Torino.

 

Professor Candela quali sono le finalità del progetto?
“La salvaguardia del patrimonio culturale legato agli usi della spiaggia di Riccione, fattore primo delle pratiche sociali, che coinvolgono comunità e ospiti, e riferite alla natura.
Comunità che da oltre un secolo ha trasferito sulla spiaggia una parte importante delle sue pratiche sociali, culturali ed economiche. Negli anni, la spiaggia è divenuta il luogo d’incontro fra residenti e turisti, dal quale sono nate consuetudini sociali, sviluppando un forte senso identitario e generando un equilibrio fra la dimensione ecologica e l’uso economico e sociale di uno spazio comune. Generando così un modello di antropologia sociale della comunità”.
Possiamo dunque parlare di un “modello Riccione”?“
“Certo dove si dimostra la possibilità di un’altra economia, comunque fondata sulla proprietà privata e sul mercato, che tuttavia fa uso di una diversa antropologia economica delle persone, delle istituzioni e della società. Un’antropologia costruita su due pilastri: “co-creazione del valore” e mission oriented, cioè l’individuazione e condivisione di un progetto comune, che coinvolge Stato e cittadini, consumatori e imprese, guidati da un’unica ratio: uno sforzo collettivo”.
E quale logica ha seguito lo sviluppo della spiaggia?
“Una logica comunitaria che si riconosce nel modello antropologico di Riccione per l’uso comune della spiaggia, in una co-creazione fatta per esperimenti, errori e correzioni durate oltre cent’anni di scelta turistica. Le tante imprese del turismo non si sono concentrate nella massimizzazione dei profitti, a solo vantaggio dei proprietari, ma si è instaurata una missione, un progetto rivolto a tutti i portatori d’interesse: proprietari, lavoratori, comunità e ambiente, concentrandosi sul lungo termine e non sul breve termine”.
E i turisti che ruolo hanno giocato e giocano? “Per il turismo la visione olistica di comunità impone che fra i portatori d’interesse non siano compresi solo i residenti permanenti, ma anche i residenti temporanei, cioè i turisti stessi. Infatti, il turismo è un bene che cointeressa turista e residente, due utenti spesso indicati in competizione e in contrasto nell’uso delle risorse. Ma la spiaggia al contrario può essere – e questo è certamente per Riccione – un elemento che unisce turisti e residenti”.


Perché l’ospitalità da queste parti è così originale rispetto ad altri lidi? La dimensione mediamente ridotta delle imprese, la flessibilità dei ruoli, la presenza spesso dell’intera famiglia nel ruolo di amministratore e gestore, la naturale predisposizione ai rapporti umani della gente di Romagna, danno vita a un tipo di ospitalità del tutto originale, nel quale le relazioni personali prevalgono sugli aspetti strutturali dell’offerta. Si tratta quindi di un modello di turismo che oltre a essere un’attività economica si fonda – come afferma il Vescovo di Rimini – sul “turismo delle relazioni”, una dimensione dell’ospitalità ampia, che mette al centro la qualità di esperienze a carattere relazionale e aggregativo oltre la quantità dei beni e servizi offerti”.
E rispetto il modello di spiaggia che si è sviluppato?
“E’ un esperimento di successo nella gestione dei beni comuni, in cui non ricorrono né lo Stato né la proprietà privata. Infatti, l’economista premio Nobel Elinor Ostrom sostiene che ha successo la gestione comunitaria di questi beni. Ovvero, rispetto alla proprietà privata oppure alla proprietà pubblica, la soluzione migliore consiste nell’affidare il bene comune a logiche non proprietarie ma amministrative. In altre parole, si riferisce all’autogoverno degli utenti, espressione di una razionalità di comunità, poiché l’esperienza dimostra che questa è la scelta migliore”.

Fare perno su un modello non mette a rischio l’innovazione?
“Parliamo di antropologia economica di un territorio, dobbiamo ricordare le conclusioni di un antropologo, James C, Scott, sullo sviluppo fra l’innovazione come creazione-distruttrice e la tradizione trasmessa con la pratica: non bisogna rinunciare all’innovazione che è in sé positiva, ma è necessario difendere comunque la conservazione della pratica del mestiere. Poiché questa pratica ha la forza della reversibilità, sa mettere in conto le sorprese, non dimentica di puntare sulla creatività della persona – si pensi agli attrezzi per la pesca che nella prima trasformazione dell’arenile divennero attrezzatura di spiaggia.
Bisogna procedere – dice Scott – per piccoli passi, conservare la tradizione è importante, poiché è la sola che in certi casi ha ‘salvato’ la comunità dagli errori dell’innovazione portata al suo estremo”.


Possiamo dunque parlare di tradizione innovativa? “Esatto, proprio perché le ricerche del CAST e della Fondazione Santagata – ora conservate e consultabili presso il Centro di Documentazione dell’Associazione, che ha sede a piano terra della Villa Mussolini – hanno confermato che l’evoluzione storica della comunità riccionese ha co-creato un concetto organizzativo nuovo, originale, a prima vista chimerico, ma che invece è reale nel costruire su base comunitaria sviluppo umano e coesione sociale fondati su un bene comune, la spiaggia”.
Il vostro obiettivo nel breve?
“Promuovere la conoscenza di questo patrimonio, rendendolo patrimonio dell’umanità. Questo richiede non solo un dossier, ma la partecipazione della comunità riccionese e l’attivazione di quei processi di condivisione e trasmissione del sapere che sono essenziali ai fini della candidatura”.
Come si arriverà alla candidatura?
“E’ un percorso non facile e lungo, che coinvolge istituzioni nazionali e internazionali, e che dipende strettamente da quanto la comunità tutta ci crederà e si dimostrerà partecipe nel sostenere il progetto. Riconoscersi nel progetto di candidatura Unesco dell’identità di spiaggia di Riccione è prendere coscienza che “questa storia siamo noi”, ma anche aderire esplicitamente all’Associazione sottoscrivendo la tessera (costo 5 euro n.d.r.) ha il maggior significato del dire “in questo progetto ci sono anch’io”.

Francesco Cesarini

 

Giornale n. 3.2022 – Rinunceremo ad un’ora di lettino in spiaggia?

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Domenica 12 giugno Riccione al voto

Sono quattro i candidati sindaco, ben 16 le liste che troveremo sulla scheda con i nomi dei 361 candidati per il Consiglio Comunale. Calcolatrice alla mano un candidato per ogni 79 cittadini aventi diritto al voto. Verrebbe da dire come sia tanta la partecipazione alla vita amministrativa, ma se confrontiamo questi numeri con l’affluenza nelle ultime tornate amministrative c’è da riflettere.

Nel 2009 vinse Massimo Pironi ed andarono a votare il 76% degli elettori aventi diritto. Nel 2014 diventò Sindaco Renata Tosi e votarono al primo turno il 71,1% degli aventi diritto ed il 58,3% al secondo. Una tendenza a disertare le urne tutta italiana e confermata anche dai riccionesi nel 2017 con il Tosi-bis quando si registò un quorum del 61,7% al primo turno e del 56,1% al secondo.

Per queste amministrative il menù è numericamente ricco di candidati, come risponderanno i riccionesi con i piedi già nella sabbia e in piena stagione? Confermare domenica 12 giugno quello dell’astensionismo come primo schieramento in città non ci farebbe onore.
La democrazia è un bene prezioso, mai scontato. Il diritto di voto è una delle forme di libertà individuali più importanti, una delle massime espressioni democratiche da esercitare.
Votare è dare voce alle nostre idee e schierarsi fermamente a favore della democrazia, probabilmente il modo più immediato per farlo sono le amministrative, la tornata elettorale più vicina e prossima al cittadino.

Davanti alla grande delusione per la politica, il non voto sembra essere la scelta più facile.
Si preferisce liquidare la classe politico-amministrativa con etichette quali “tanto sono tutti uguali” o “uno vale l’altro”. Eppure ci sono 365 cittadini che ci mettono la faccia, il tempo e la passione. A noi il compito di informarci per attivare una scelta consapevole.

Noi esseri umani, in generale, sembriamo avere una pressante necessità di brontolare e lamentarci per le condizioni del presente ma solo con il voto, verrebbe da dire, si dovrebbe acquisire la possibilità di farlo.
Ai tempi della Repubblica di Genova vi erano due modalità d’ingaggio per i marinai, sanciti dalla Magistratura dei Conservatori del Mare attraverso lo “Ius murmurandi”: “Senza mugugno” e la paga era più alta, con il diritto di mugugno una volta imbarcati si poteva invece brontolare, ma la diaria era più bassa.

Ecco, lamentarsi e criticare è sacrosanto ed oggi pure a buon prezzo: basterà rinunciare ad un’ora di lettino in spiaggia. Sarà una lezione che daremo anche ai nostri ragazzi, tornati a studiare educazione civica nelle loro classi e che tra qualche anno faranno sicuramente meglio di noi quando sarà ora di imbarcarsi.

Buon vento Riccione!

 

Francesco Cesarini
Presidente Famija Arciunesa

Francesco Gabellini, l’artigiano della parola

Francesco Gabellini nato e cresciuto in riviera, a Riccione. Poeta, drammaturgo o “artigiano della parola”?
“Ci ho messo tanto per accettare di essere chiamato poeta. Con il teatro hanno aggiunto “drammaturgo” ma è materia molto complessa ed articolata. Artigiano della parola mi calza, amo l’artigianato, quello di una volta fatto con cura ed amore. Credo ci voglia anche dell’umiltà per ascoltare chi, prima di te, ha fatto lo stesso percorso: i maestri.
Nelle poesie in dialetto romagnolo, ad esempio, è difficile prescindere dai grandi maestri, concentrati per lo più in Santarcangelo di Romagna (Tonino Guerra, Gianni Fucci, Nino Pedretti, Raffaello Baldini) che ci sono stati e che bisognerebbe conoscere e studiare per cercare, attraverso la loro strada, di dire qualcosa di nuovo”.
Però quando si parla di Romagna si pensa sempre al divertimentificio non alla poesia, all’arte o all’artigianato. “Sì è vero anche se la Romagna ha diverse facce. La Riviera porta senza dubbio alla distrazione e accostare la figura di poeta a Riccione potrebbe apparire antitetico, eppure credo che la poesia contemporanea ne abbia bisogno, si deve nutrire dell’ossimoro.
Considero un privilegio vivere a Riccione, nel cuore del divertimentificio: ricercare la poesia qua è più difficile ma più attuale. L’entroterra è differente ma anche più semplice per trovare ispirazione”.
La tua nuova raccolta di poesie, “Nivère”, è di recente pubblicazione.
“Sì, sono una cinquantina di poesie dei miei ultimi dieci anni. La penultima pubblicazione risale al 2011. Questo per sottolineare che il lavoro è lungo”.
Perché Nivère? “Mi sembrava un titolo significativo perché sono le nuvole cariche che portano la neve. Nuvole molto belle ma anche inquietanti perché non sai mai quello che accadrà quando arriveranno sopra di te.
La neve, un tempo rappresentava un fascino ma anche problema per i vecchi che raccontano lo “svernare” cioè uscire dall’inverno che non era semplice, incuteva timore. Siamo davanti ad un ossimoro: la bellezza che però non porta solo gioia”.
Perché la bellezza fa anche paura?
“Viviamo in un’epoca in cui la bellezza rappresenta l’effimero, la superficialità che, come un castello di carte ad un soffio di vento, se ne va.
C’è quasi sempre da aspettarsi qualcosa anche di pericoloso, minaccioso dietro alla bellezza perché non sempre rappresenta quella spirituale.
La bellezza, di cui pochi ne sanno godere fino in fondo, risiede per me in un bosco, per esempio…”
Non dev’essere stato semplice esternare questa passione, forse per una forma di pudore? “Ho sempre amato, scritto poesie, letto segretamente, iniziando proprio con la prima copia della rivista intitolata “Poesia” di Crocetti editore. La poesia arriva a me attraverso altre forme d’arte come la fotografia ed il cinema. Fine anni ’80, sono stato , con un mio amico, a fare una scuola di cinema a Roma. Da lì, piano piano, è arrivata la scrittura. Ho scoperto che il dialetto sarebbe stata la mia lingua poetica”.
Il dialetto è l’espressione identitaria di in luogo. Quanto è importante non dimenticare le origini attraverso il dialetto? Faccio dei laboratori a scuola, con dei bimbi legati anche al dialetto. Non mi piace però, come qualcuno ha proposto, insegnare il dialetto a scuola; amo invece mettere in contatto i bambini con i loro nonni, i loro racconti ed esperienza. Da qui passa anche la trasmissione del dialetto. Comunque resta un fatto: nell’entroterra i bimbi hanno ancora naturalmente il dialetto nelle orecchie; questo fenomeno è, lì, più vivo.”
Ritieni che i “grandi” aiutino i propri figli a credere non solo nella scrittura ma nell’Arte in generale? “Da piccolo mi ha giovato passare molto tempo con i miei nonni. Come tutti i miei coetanei avevo i genitori impegnati al lavoro.
In particolare mi ha influenzato il rapporto con mio nonno materno, artigiano falegname prima e poi pasticcere e gran narratore orale. Lui amava Giustiniano Villa , poeta popolare, ciabattino di San Clemente”.
Ogni bimbo ha una sua bellezza e propensione artistica, andrebbe solo accompagnato per esprimere il suo talento. Il tuo immagino sia stato un percorso tortuoso.
Da piccoli siamo tutti artisti, poi accade qualcosa, viene ostacolato il percorso spontaneo verso la creatività. I poeti hanno mantenuto lo spirito del “fanciullino” e si riconoscono con e nei bambini. Gianni Rodari come Mario Lodi, in questo, ci hanno insegnato molto”.
Quanto dolore bisogna provare per scrivere?
“Ho capito che il mio inconscio parla molto in dialetto. Le mie poesie le ho comprese dopo anni, dopo un periodo buio della mia vita. Aver fatto analisi mi ha aiutato molto, solo così ho capito cosa volessi manifestare attraverso la mia scrittura”.
Francesco ti piacerebbe, come in una bottega, vendere le tue poesie, un tot al chilo? “Sarebbe bellissimo, si tornerebbe a capire come la poesia e la scrittura siano un bene primario”.

Roberta Pontrandolfo

Elezioni amministrative 12 giugno 2022: i candidati Sindaco e liste collegate

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Nell’ultimo numero del giornale di Famija Arciunesa sono presenti tre pagine dedicate alle prossime elezioni amministrative. Nell’elenco di tutti i candidati al Consiglio Comunale per un’errore d’impaginazione non è presente nella lista Noi Riccionesi la capolista Renata Tosi, inoltre per un refuso non sono stati pubblicati in modo corretto per la lista 3V i nomi dei candidati Francesca Romana Scarinci, Fabrizio Paolizzi, Luigi Corroppoli, Eva Cela, Luciano Caminati, Isabella Marcaccini. Ci scusiamo con i lettori e con i diretti interessati per l’inconveniente occorso. Pubblichiamo sotto le pagine corrette con le tre domande rivolte ai candidati Sindaco.

Francesco Cesarini (Pres. di Famija Arciunesa)

 

Giornale n. 2.2022 – Dipende prima di tutto da noi, più o meno…

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Sono passati due anni da quando abbiamo imparato a conoscere il Covid, qualcosa che ha rivoluzionato la nostra quotidianità.

A Riccione ci siamo dati da fare in mille modi per far fronte a questa difficile esperienza, Famija Arciunesa ha portato avanti la raccolta fondi “Riccione Contro il Coronavirus” diventata poi storica: oltre 100 mila euro raccolti per il nostro Ospedale Ceccarini e le famiglie in difficoltà.

Da troppo tempo ci diciamo “è finita”, anche la scorsa primavera alla vigilia di un’estate poi rivelatasi per la nostra città piena di soddisfazioni.
Ma l’autunno ci ha fatto ripiombare nella cupa realtà della pandemia con la quale abbiamo forzatamente imparato a convivere.

Purtroppo però ci sono ancora tante famiglie in difficoltà e la guerra in Ucraina, con la crisi energetica che si porta appresso, ha cominciato inevitabilmente ad avere i suoi effetti sul paniere della spesa.

Abbiamo così dato fondo a quanto potevamo donando 3500 euro in buoni spesa agli amici della Caritas (che gente in gamba!) per sostenere chi è in difficoltà. La speranza è che la stagione dia una spinta a quella ripartenza che sembra essersi incagliata con le prime bombe cadute in terra ucraina.

L’Europa è la retrovia di questa guerra, non abbiamo abbandonato la popolazione ucraina. Abbiamo snellito la burocrazia per dare accoglienza ai profughi, organizzato convogli con beni di prima necessità ed aperto ogni porta a chi scappa dal dramma di una guerra raccontata da immagini strazianti che alimentano la nostra frustazione ed impotenza.

Però il nostro territorio e i riccionesi con il consueto spirito di intraprendenza si sono confermati aperti e solidali. Sono tante le piccole e grandi storie di accoglienza che abbiamo in qualche modo incrociato ed anche Famija Arciunesa non si è tirata indietro per fare da gancio tra chi arriva e chi ospita. Ci è venuto naturale.

Il desiderio è che quell’arcobaleno di speranza che si staglia, nella copertina di questo numero, tra le nostre vele storiche non faccia la fine di quello raffigurato sui lenzuoli esposti sui balconi con la scritto “andrà tutto bene”. La lezione ci è ormai ben chiara: se vogliamo il meglio dipende prima di tutto da noi, più o meno…

Francesco Cesarini
Presidente Famija Arciunesa

Elisa Serafini, un viaggio nella musica tra lirica e pianoforte

Elisa Serafini riccionese di 29 anni e una vita per la musica. Viso fresco e raggiante come quello di una ragazzina ma, al tempo stesso, antico e reale come quello di una principessa.

Elisa Serafini è un vero e proprio talento nato a Riccione, inizia ad avvicinarsi alla musica a sette anni, grazie al coro delle Allegre Note di Fabio Pecci che le trasmette la passione per la musica e l’affetto per il coro che non ha mai abbandonato.Da cantante a pianista.
Comincia con il pianoforte in tenera età, continua alle medie quando sceglie l’indirizzo musicale e studia approfittando del pianoforte della madre Monica in casa. Si iscrive al Conservatorio e prosegue con il canto lirico. Iniziano le varie audizioni, vola anche in Cina per un tour con il Coro lirico di Parma e mette in piedi collaborazioni con altri cori lirici in diverse città d’Italia, l’ultima il concerto per le vittime del coronavirus di Bergamo, andato in onda su RAI 1.

Cos’è per te la musica e come la vivi nella tua città? “La musica per me è magia: riesce senza toccarti a modificare il tuo stato d’animo. Ti rende felice e triste anche in pochi minuti, a seconda della melodia. Amo Riccione, vorrei passare la mia vita qui perché c’è tutto quello che si può desiderare ma manca quel contesto culturale che mi permetterebbe di lavorarci, spesso sono costretta ad andare in giro per l’Italia.”
Come integri la musica aulica nella quotidianità della gente?
“Inizio trasmettendo la mia passione, dai bimbi con i quali tengo lezioni abituandoli alla buona musica, piano piano come fosse un gioco provo avvicinarli a questa passione e allo studio. C’è chi come me proseguirà mentre altri diventeranno pubblico che esigerà sempre più qualità. Sono convinta che i bimbi che oggi si educano all’ascolto e allo studio della buona musica, come quelli del nostro coro, possano sviluppare maggiormente capacità empatica, sensibilità, attenzione all’ascolto e addirittura, mi piace pensare, al prossimo”.

Hai una proposta musicale per Riccione? “Avrei voluto presentare un compositore orientale di film d’animazione che amo tantissimo. L’idea era di coinvolgere anche il coro ed altri strumentisti, valorizzando l’importanza della musica. Speriamo che in futuro ci sia l’occasione di fare questo spettacolo, dato che le restrizioni covid non lo hanno reso possibile, e che in futuro Riccione si aprirà sempre di più anche all’approfondimento di questi autori poco conosciuti ma di grande valore”

La musica lirica, rispetto a quella commerciale, non è molto fruibile, secondo te perché? “La responsabilità è anche di chi fa musica e canto lirico perché ha teso a creare una sorta d’élite, qualcosa di inavvicinabile, alla portata dei soli intenditori ed anche ai programmi televisivi di un livello discutibile. In questo senso mi sento lontana da grandi eventi come Sanremo che cerco di “combattere” insieme a Fabio Pecci, attraverso anche appuntamenti musicali on line, quando siamo impossibilitati ad esibirci. Lo scopo è quello di portare sempre più gente ad ascoltare musica di qualità e di contrastare, in qualche modo, quella che da sempre prende più piede, è più immediata, ballabile, superficiale anche perché non c’è educazione musicale che parte da piccoli.”

La buona musica potrebbe aiutarci a cambiare la società?
“Sì, in tanti modi. Nelle relazioni, nell’empatia ma anche come risorsa economica per la nostra città, per l’indotto che crea. L’arte e la musica sarebbero un valore aggiunto. Mi sono confrontata con ragazzi all’estero e mi hanno spiegato che loro a scuola hanno studiato cose che io ho affrontato solo al conservatorio. Per capirci, impararano a scrivere una fuga di Bach a scuola quando a malapena noi sui banchi impariamo le note. Andrebbe invece valorizzata perché la musica è un patrimonio in grado di darti qualcosa di profondo ed emozionante. Per me è vita, se sono triste ed ascolto un certo tipo di musica, dopo un pò mi sento meglio e cambio anche il mio stato emozionale del momento.
È potente la forza della musica, risveglia i sensi e migliora.”
E il rapporto con i tuoi genitori? “Hanno sempre sostenuto le mie passioni, anche nello sport. Mi hanno sempre incoraggiata ed aiutata nella musica e in tutto quello che amo fare, devo loro tantissimo”.

Roberta Pontrandolfo

3500 euro in buoni spesa da Famija Arciunesa alla Caritas

Famija Arciunesa dona 3500 euro in buoni spesa
per le famiglie e le persone in difficoltà seguite dalla Caritas.

“Famija Arciunesa, come tanti riccionesi, si è interrogata per capire come poter aiutare chi non riesce a far fronte a tutto questo susseguirsi di difficoltà” – spiega Francesco Cesarini Presidente di Famija Arciunesa- “abbiamo dato fondo a tutte le nostre attuali possibilità per dare una mano concreta. Avere la fortuna di di collaborare con amici ed interlocutori affidabili sul territorio che da anni si impegnano, stando vicini agli ultimi, per noi è fondamentale. La Caritas è una di queste realtà, così abbiamo deciso di donare loro 3500 euro in buoni spesa. Non è una soluzione ma un segnale che FA vuole dare alla nostra comunità che tutte le volte si dimostra infinitamente generosa. C’è bisogno di tutti”.

Francesco Cesarini, Presidente di Famaija Arciunesa e Rosanna Pompei, Presidente Caritas Interparrocchiale “Madonna del Mare”.

I buoni spesa da 10 euro verranno gestiti direttamente dalle Caritas parrocchiali e da quella Interparrocchiale “Madonna del Mare”. “La situazione non è facile, i prezzi di tutti i generi alimentari sono aumentati ed anche le utenze di casa”commenta Don Alessio Alasia, Moderatore di zona Pastorale Riccione – “Grazie a Famija Arciunesa per questo concreto sostegno, ci aiuterà a far fronte alle tante richieste di persone in difficoltà che si presentano nelle nostre parrocchie”.

Un concetto ribadito anche da Rosanna Pompei Presidente Ass. “Madonna del Mare” Caritas Interparrocchiale: “Esprimo la mia più sincera gratitudine per i buoni pasto che così generosamente ci sono stati donati da Famija Arciunesa a favore dei nostri assistiti.
Saremo in grado, grazie a questo gesto, di rendere le loro giornate più confortevoli. La generosità, l’attenzione, il supporto datoci ci incoraggiano nel nostro impegno di aiuto verso chi ne ha veramente bisogno”.

Famija Arciunesa dona bassorilievo della Perchinunno al Ceccarini

Famija Arciunesa nella giornata Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid-19 dona all’Ospedale Ceccarini di Riccione un bassorilievo dell’artista Elisabetta Perchinunno dell’Associazione Scultura Riccione.

“Ho realizzato questa opera durante il primo lockdown, un momento che ci ha segnato e che ho in qualche modo voluto ricordare perché quei giorni ci hanno cambiati” ha spiegato la scultrice Elisabetta Perchinunno “il bacio con la mascherina è una testimonianza del disagio che abbiamo vissuto ma anche un messaggio di speranza perchè l’amore vince su tutto”.
L’opera ha preso posto nella hall principale dell’Ospedale Ceccarini ed anche per Famija Arciunesa ha un significato importante a due anni dalla raccolta fondi “Riccione Contro il Coronavirus” con la quale con 948 singole donazioni sono stati raccolti oltre 100 mila euro.
“La generosità di così tante persone ci ha dato la possibilità di donare al nostro ospedale in piena emergenza mille tute anti contagio, inizialmente introvabili, due ventilatori polmonari che per anni saranno utili alla nostra Rianimazione così come i due ecografi di ultima generazione, attrezzature che da mesi vengono utilizzate nei reparti” ha sottolinea Alessandra Prioli Vice Presidente di Famija Arciunesa “mancava però un segno che ci ricordasse ogni giorno questo moto di generosità partito dal basso e l’opera dell’artista Elisabetta Perchinunno servirà anche a testimoniare la generosità di tanti riccionesi e per ringraziare chi anche nella paura generale non si è sottratto alla propria missione, sacrificando anche la vita”
“E’ un dono molto gradito” ha dichiarato Bianca Caruso Dir. Sanitario Ospedale Ceccarini “renderà più accogliente la hall dell’ospedale e soprattutto rappresenta un segno di vicinanza della comunità per tutti noi molto importante”.

Enrico Iviglia, il tenore che ama Riccione

Enrico Iviglia il tenore legato a Riccione: l’amore per l’opera nei teatri di tutto il mondo e nelle pagine del suo ultimo libro dedicato alle donne

Enrico Iviglia originario di Asti, è un tenore dalla vocalità lirico leggera (Mozart, Rossini, Donizetti). Numerosi i debutti nei principali teatri nazionali e internazionali (tra questi il Teatro alla Scala, Real di Madrid, Bunka Kaikan di Tokyo), ed è stato diretto da illustri direttori d’orchestra e altrettanti registi.

Si è diplomato con il massimo dei voti al Conservatorio di Torino con la prof.ssa Moyso. Continua gli studi con il Maestro Lowe, il repertorio rossiniano con il tenore Raul Giménez e attualmente studia con il tenore Jorge Ansorena.

Cos’è l’opera? Cosa le restituisce a livello emozionale? “Una formula d’arte ad altissimo livello che dura da secoli e non tramon- terà. Più che restituire emozioni a me, vorrei regalare emozioni al mio pubblico: questo è lo scopo principale quando salgo sul palcoscenico”.

Quali tipo di emozioni? “Quando la gente siede a teatro non ha il
telecomando per cambiare canale, per questo punto a dare quella qualità che spinge lo spettatore ad appassionarsi e ritornare. Sul palco
per le luci, il pubblico non riesco a vederlo in sala, ma è una presenza magnetica, ricca. Una linfa vitale per noi lavoratori dello spettacolo!”.

Qual è l’opera che la emoziona di più e perché? “La Cenerentola di Rossini, perché rispecchia fedelmente il crescendo rossiniano e
la scrittura adatta alla mia tessitura vocale”. Il maestro che l’ha diretta capace di lasciarle qualcosa in più? “Il maestro Donato Renzetti, al Teatro Carlo Felice di Genova nell’Opera “I Capuleti e i Montecchi” , un vero fuoriclasse, un uomo colto, di stile”.

Il suo rapporto con le donne all’Opera che racconta nel suo ultimo libro? “È il rispetto (ovviamente reciproco) non solo con le donne/colleghe protagoniste del melodramma, ma anche con tutte coloro che fanno parte dell’équipe di un teatro”.

Il Covid ha chiuso i teatri, ora è cambiato qualcosa? “Finalmente il telefono è tornato a squillare con proposte lavorative in grandi Enti Lirici Italiani e internazionali, dalla Betly di Donizetti in Svizzera, Barbiere di Siviglia al Teatro Rendano di Cosenza, Stadttheater di Dessau in Germania, il signor Bruschino al Comunale di Bologna e il ritorno a Roma con il debutto di Turandot (Pang)”.

Senza mai dimenticare Riccione, giusto? “Assolutamente. Riccione mi è entrata nel cuore, è un luogo che mi ha accolto ed al quale sono molto legato e dove vorrei trascorrere più tempo. Per le feste natalizie con Famija Arciunesa e Cuore 21 avevamo organizzato la “Tombola Musicale” per raccogliere fondi per i ragazzi del Centro 21, la situazione sanitaria ci ha poi fatto annullare l’evento ma recupereremo più avanti così potrò tornare a Riccione dove ho tanti amici” .

Qual è il sogno che vorrebbe realizzare e cosa si augura per il futuro dell’opera? “Mi piacerebbe fare TV con al centro la cultura, parlando di bellezza, non solo operistica ma di tutto ciò che può dare leggerezza alle persone. Sogno che l’opera arrivi a più persone possibili, in fondo è questo il senso dei due libri che ho scritto “Ad Alta Voce
– storia di un ragazzo diventato Tenore” e l’ultimo “Donne all’Opera – Dialoghi con un Tenore”.

DONNE ALL’OPERA

Dialoghi con un tenore di Enrico Iviglia Cantanti, artiste, professioniste dentro e fuori il Teatro: sono le protagoniste del nuovo libro di Enrico lviglia.

Donne all’Opera, a significare il legame che tutte hanno con l’Opera lirica, ma anche l’impegno, il sudore, lo studio, la determinazione che c’è dietro ogni scelta di vita.

Perché l’Opera e la magia del palco, è il riflettore che si accende sul volto del soprano, è l’emozione dell”interpretazione.

 

 

 

Francesco Cesarini