5 C
Comune di Riccione
sabato, Dicembre 28, 2024

Slide Slide Paolucci Web Agency Riccione Slide Slide Slide Slide Slide
Home Blog Pagina 62

Campionato Nazionale Csen di Fiano Romano: per i ragazzi di Betti ben 13 medaglie

Grande soddisfazione dal Campionato Nazionale Csen, svoltosi a Fiano Romano, ottimo il bottino: 7 medaglie d’oro, 4 medaglie d’argento e 2 medaglie di bronzo

Il Taekwondo Polisportiva Riccione del M° Roberto Betti torna con grande soddisfazione dal Campionato Nazionale Csen, svoltosi a Fiano Romano (Roma). All’orgoglio per la partecipazione a una manifestazione di tale prestigio si sono infatti aggiunti risultati sorprendenti, frutto della buona preparazione in palestra.

Il team riccionese ha portato a casa ben 7 medaglie d’oro, 4 medaglie d’argento e 2 medaglie di bronzo. A salire sul gradino più alto del podio sono stati Doralice Marzialetti, Giulia Andrea Allegretta, Chiara Grossi e il team composto da Allegretta, Rossetti e Grossi nel settore poomsae (tecnica).

Oro anche per Alice Betti, Martina Bagli e Stella Maria Lishchynska nel settore Sparring (combattimento). Medaglia d’argento per Elisa Romagnuolo, Marcello Bernardi, Giada Rossetti (poomsae tecnica) e Milena Maria Barbera (Sparring combattimento).

Alessandro Nicoletti (poomsae) e Luca Anastasio (Sparring) si sono invece classificati al 3° posto. Fiero di tutti i suoi ragazzi, il M° Roberto Betti dà ora l’appuntamento per i prossimi impegni internazionali, non prima di aver ringraziato la Polisportiva Riccione e il supporto del M° Geo Ottaviani Cn 7° Dan.

Il corso di “difesa da Strada”, procede con grande impeto e forte richiesta. E’ un metodo efficace e semplice (ma ce n’è anche per gli esperti) dove si fondono diverse discipline per arrivare a un risultato concreto.

Il corso è adatto dai ragazzi di 13 anni fino agli adulti di qualsiasi età, uomini e donne, dove si imparerà non un arte marziale tradizionale ma un vero e proprio meccanismo di autodifesa istintivo e spontaneo, da utilizzare nella necessità di doversi difendere in strada. Facile e adatto ai principianti e più “accattivante” ai più esperti e persone motivate.

Durante l’attività ci sarà anche una buona preparazione fisica/ dinamica e potenziamento (allenamento funzionale) per rendere il corso ancora più armonico e piacevole e fondamentale per completare un buon esercizio.

Roberto Betti

“Mino” Petrucci, il babbo dell’atletica a Riccione

Petrucci, il babbo dell’atletica a Riccione. Per tutti era semplicemente “Mino”. Politica e sport le sue passioni: tra i fautori per la nascita della pista d’atletica, del Centro Olimpia e della palestra dello Stadio.

IN SELLA ALLA SUA BICI

Dopo i tanti incontri del Pci, del Consiglio Comunale, della Polisportiva, della Confesercenti, Guglielmo Petrucci, in qualsiasi stagione, era solito andarsene a bordo del suo ciclomotore, e in epoche più recenti con la sua bicicletta, sempre con la sigaretta accesa. Nato a Saludecio il 15 Agosto 1934, è venuto a mancare il 13 luglio 2018.

TRA I FONDATORI DELLA POLISPORTIVA COMUNALE RICCIONE

Socio della Cooperativa Casa del Popolo, era una figura poliedrica, capace di impegnarsi in prima persona nell’ambito strettamente politico ma anche in quello dello sport e dell’associazionismo. Entra in consiglio comunale nel 1964 nella prima amministrazione del Sindaco Biagio Cenni. Nel 1962 lo troviamo tra i fondatori della Polisportiva Comunale ed è considerato un po’ il ‘papà’ dell’atletica a Riccione che per tanti anni e con tanta passione seguì la crescita di questa attività.

Guglielmo, detto ‘Mino’, ricoprì per parecchi anni la carica di presidente della Polisportiva Comunale”. Marcello Regno: “Abbiamo conosciuto il meglio, un grande appassionato di sport, e di atletica in particolare. Certo un poco ruvido, ma con noi ragazzi si è sempre comportato come un buon padre”. Si erano svolte da poco le Olimpiadi di Roma e nel 1962 viene costruito il nuovo stadio in via Forlimpopoli con la pista di atletica di 400 mt, una delle prime in Italia.

CRESCONO LE SEZIONI E LE RAGAZZE CHE PRATICANO SPORT

A Guglielmo viene riconosciuto il grande merito di aver coinvolto gli atleti nella direzione della Polisportiva. Verrà promosso sin dall’inizio l’ingresso delle ragazze nello sport riccionese.

Oltre all’atletica nascono altre discipline come il pugilato. La nuova società sportiva inizia anche ad organizzare le gare: ospita i campionati italiani di marcia con la presenza di Abdon Pamich, campione olimpico ed europeo, nonché 40 volte campione italiano. Viene organizzata la prima podistica a Riccione, da piazza Matteotti al Bar Alba in viale Dante.

IL CENTRO OLIMPIA

Nasce il Centro olimpia: la ginnastica per i bambini che vedrà negli anni impegnati i professori Tombesi, Fabbri, Sciara, Gaggini, Ceccaroni e Rossi. Allora l’attività fisica, in caso di maltempo, si svolgeva alla Casa del Popolo. In quei locali si sono svolti anche memorabili incontri di box.

LO SPORT CRESCE NEGLI ANNI ’80

Verrà realizzata la palestra allo stadio che permetterà di avviare e fare crescere la pallavolo maschile e femminile, prenderà il via anche il basket maschile e femminile. Agli inizi degli anni ottanta i bambini riccionesi che frequentavano il nuoto, erano costretti a recarsi a Rimini. Ben presto sorgerà l’esigenza di dotare la città di una piscina che verrà realizzata vicino allo stadio. Negli stessi anni nasce in Municipio, l’ufficio Sport.

Si può affermare senza essere smentiti che il lavoro dei fondatori della Polisportiva dei primi anni sessanta, è stato in grado di realizzare le fondamenta necessarie per fare diventare Riccione un centro rinnovato nel campo dello sport: la città ha saputo dotarsi di impianti all’avanguardia in grado di ospitare eventi di carattere nazionale e internazionale.

Alla fine degli anni settanta Petrucci lo troviamo, nelle vesti di segretario della Confesercenti.

LA PISTA INTITOLATA A “MINO”?

Per non condannare all’oblio l’impegno appassionato di Guglielmo Petrucci sarebbe auspicabile che si prendesse in seria considerazione la possibilità di legare il suo nome alla pista di atletica dello stadio comunale.

Ezio Venturi

 

Giornale n. 2.2020 “Noi digitali abbiamo ancora voglia di fare fatica?”

Francesco Cesarini Presidente di Famija Arciunesa

Abbiamo creato una società che premia solo ciò che è facile e comodo. Un mondo di risposte a portata di mano, “on demand”. Pensateci. Quando dobbiamo affrontare una questione difficile e complessa ecco che siamo costretti a coinvolgere una parte di noi, in questo mondo iperconnesso, fuori allenamento soprattutto per un nativo digitale.

Tutto è diventato scaricabile, cliccabile e l’idea che l’accesso alle informazioni sia immediato ci fa credere che informarsi sia facile: probabilmente è l’esatto contrario. Intanto la fatica e la complessità dell’apprendimento sembrano scomparse.

Stiamo addestrando i nostri cervelli a saltare da un’idea all’altra, come se saltassimo da un link all’altro. Il pensiero come un motore di ricerca. Non pensiamo più in profondità, non poniamo domande in modo dettagliato, evitiamo di mettere in fila i concetti, quasi fosse un algoritmo a farlo per noi. E così fatichiamo ad essere riflessivi, ci limitiamo a “scrollare” sul web a grande velocità. Consumiamo tutto in pochi secondi.

I social poi hanno instaurato la dittatura dell’impulso, che porta a linciare prima di sapere, a sostituire la voglia di capire con quella di colpire. Ed un pensiero monco si esprime con un linguaggio altrettanto approssimativo, perché quando si usano le parole nel loro corretto significato vuol dire che c’è anche un pensiero dietro di esse. Giusto o sbagliato poi starà a noi deciderlo.

Online non devi fare più i conti con la tua ignoranza, non devi più dire “non lo so”. Non serve più essere umile. Ma c’è un problema: l’umiltà è il punto di partenza per imparare, per aprirsi al nuovo, per crescere, per porsi davanti a tutto ciò che ci mette alla prova in modo costruttivo.

Sarà che da sempre credo fermamente nel valore della “curiositas” latina, l’interesse ad apprendere. Allora per comprendere quanto ci succeda attorno penso proprio alla curiosità, quella che nasce dal dubbio, dalla voglia di uscire dalla “comfort zone” delle nostre certezze e delle nostre semplificazioni.

Come fanno i bambini che chiedono sempre conto del perché di ogni cosa. Il bisogno di fare domande davanti a tutto ciò che non torna, di fronte a ciò che pare originale, interessante, strano o anche bizzarro. La gustosa fatica di chiedere sempre, allo studio, alle parole, alle persone, ai fatti, alle date, alla vita. Così la s’impara.

Nel nostro piccolo, scrivendo il giornale, ci proviamo. Ricordandovi poi quanto sia bella Riccione e questa terra. Raccontandovela e facendovi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde, prima ancora di farvi fantasticare un viaggio a Dubai. Già perché è “Un amore senza fine”, apriamo così il giornale in copertina, e in questi tempi complicati e difficili può significare mille cose; solo belle naturalmente.

E’ una sfida stimolante appassionarvi a Riccione, perché per senso di appartenenza siete lettori attenti ed esigenti. E se ogni tanto inciampiamo mi piace pensare che il tentativo già in sé, sia l’accenno di un sentiero.

Su carta, naturalmente.

Francesco Cesarini
Presidente Famija Arciunesa

Parrocchia S.Lorenzo, prima nella raccolta dei tappi in plastica

0

I ragazzi della Parrocchia di San Lorenzo primeggiano nella raccolta dei tappi di plastica e consegnano al Comune la mappa dei punti critici da rinverdire contro lo smog. Don Davide: “Prendersi cura delle cose, rispettare la natura, non sprecare e riciclare”.

LA RACCOLTA DEI TAPPI DI PLASTICA “TIP TAP”

Per la raccolta di tappi in plastica da riciclare, la parrocchia di San Lorenzo, è prima nella diocesi di Rimini. Singolare la “lezione” su questo versante, che a inizio febbraio, nell’ambito della Festa della Pace dedicata a “La città giusta”, ha coinvolto una settantina di ragazzini dell’Azione Cattolica di San Lorenzo. Posto l’accento sull’ambiente, partendo dal rispetto della creazione, i giovani hanno concluso il loro lavoro, consegnando al Comune la mappa dei punti critici della città da rinverdire con alberi e siepi per difendersi dallo smog generato dal grande flusso di veicoli su alcune grandi arterie stradali.

I PUNTI CRITICI

Tra i luoghi individuati spiccano viale Udine e viale Veneto (zona Padre Pio), viale Giulio Cesare (a nord e sud della rotatoria all’incrocio con viale Veneto) e un’area prossima all’inceneritore.

Alla giornata di sensibilizzazione, presenti anche i genitori, don Agostino Giungi e don davide Arcangeli, è intervenuto don domenico Bedin, parroco della chiesa di Sant’Agostino di Ferrara, nonché fondatore e presidente dell’associazione Viale K della quale gli stessi teenager sono poi stati ospiti il 15 febbraio.

E’ qui infatti che vengono convogliati i tappi raccolti a Riccione, dove la campagna “Tip-tap” si è estesa dagli asili nido alle scuole medie pubbliche con successo.Fondamentale il lavoro, tanto più se si considera che ogni tappo di plastica non si degrada prima di 800 anni.

CHE FINE FANNO I TAPPI?

Nello specifico l’associazione Viale K li gestisce e trasforma in plastica per poi fabbricare oggetti da rivendere. In questo modo la realtà ferrarese assume persone svantaggiate e con handicap e cerca di dare lavoro a chi non l’ha. Un particolare. Una parte dell’utile dell’azienda, prodotto dai tappi di Riccione, viene donato alla ricerca scientifica, nello specifico per le malattie genetiche rare infantili presso l’Università Carlo Bo di Urbino (Dipartimento di Scienze Biomolecolari). Un’altra parte sarà donata all’associazione Ambiente e Salute di Riccione attraverso la portavoce Leda Zoffoli per creare una nuova area verde a Riccione.

Don Davide Arcangeli

Le due giornate sono state precedute da una serie di incontri educativi, che come sottolinea don Davide: “Hanno coinvolto anche i genitori dei ragazzi, riflettendo pure sull’uso sobrio delle cose e sul corretto smaltimento di ciò che si trova in casa come i vestiti, elementi tecnologici e altro”.

Da qui l’indicazione a “Prendersi cura delle cose, spendere del tempo per aggiustare e non cambiare subito tutto, rispettare la natura e gli animali, non sprecare troppa energia e acqua, riciclare, contemplare i paesaggi, non sprecare cibo e considerare i doni della Natura limitati e da condividere tra tutte le genti della Terra”, perché il Vangelo non è una teoria.

Don Giovanni Montali, la forza della carità

I recenti seminari di studio su Igino righetti, grande figura riccionese, molto trascurata, hanno portato di nuovo in primo piano la storia di un sacerdote di grande spessore umano e culturale, Don Giovanni Montali, prete di San Lorenzo per 51 anni.

Sulla sua figura Antonio Montanari ha scritto una splendida biografia “Una cara vecchia quercia” per le edizioni il Ponte, oggi esaurito, ma disponibile in rete.

Don Giovanni Montali

Don Giovanni Montali nasce a Canonica di Santarcangelo il 28 marzo 1881, in una famiglia povera e legata alla terra, terzo dei sei figli. A 18 anni entra in Seminario a Rimini, dove (come lui stesso scriverà), fu “attirato subito dagli studi sociali; erano gli anni in cui si propagava in Italia l’ideale della Democrazia Cristiana”, per opera soprattutto di un prete marchigiano, don Romolo Murri. viene ordinato sacerdote il 22 settembre 1906. Va cappellano a San Martino Montellabate, poi il 18 luglio 1908 viene trasferito a San Lorenzino, in aiuto all’arciprete don Leonardo Leonardi, vecchio e malato di cuore. Don Leonardi scompare ottuagenario il 23 marzo 1912. Gli succede don Montali.

SAN LORENZO 1912.

Nel 1912, a San Lorenzino ci sono 305 famiglie, per un totale di 1.967 persone. È molto forte l’emigrazione, in quel piccolo borgo popolato da mezzadri, operai e qualche pescatore. Sul giornale cattolico del tempo, L’Ausa, nel 1903 si era scritto che quella “contrada” negli ultimi anni era stata funestata “da moltissimi fattacci di sangue con inaudite violenze e prepotenze”.

1913 – Don Montali con i genitori due sorelle ed un fratello.

I TERREMOTI DEL 1916

I due terremoti del 1916 (17 maggio e 16 agosto), mutilano il sacro edificio che dev’essere ricostruito. La vecchia chiesa, gravemente danneggiata dal terremoto del 1916, non può essere ricostruita con le antiche dimensioni: bisogna progettare un nuovo edificio che rispetti tutte le norme antisismiche, molto più grande e spaziosa. Don Montali, come suo solito, siede alla macchina da scrivere e inonda di lettere le autorità civili ed ecclesiastiche e i benefattori. La benedizione della nuova chiesa avviene il 24 dicembre 1922.

LA CHIESA SEMPRE APERTA

Alla sorella Nazzarena confidava: “Sono con loro, li devo difendere, aiutare, seguire. E nello stesso tempo, essere loro un po’ utile”. La parrocchia era aperta a tutti, a tutte le ore. A chi gli faceva notare che il suo studio era diventato una specie di Camera del lavoro, don Montali rispondeva: “Ma qui si lavora gratis e senza richieste né imposizioni di tessere”.

La chiesa di San Lorenzo in Strada di Riccione dopo il combattimento del 5 settembre 1944 tra i paracadutisti tedeschi Fallschirjäger che vi erano asserragliati e gli assalitori canadesi del Royal Canadian Regiment. (Foto National Archives of Canada)

Nel settembre 1944 la distruzione della chiesa si sarebbe ripetuta, al momento del drammatico passaggio del fronte. In quella parrocchia costituita soprattutto di poveri, Don Montali, figlio di gente contadina, sta dalla loro parte.LA

RICOSTRUZIONE DELLA CHIESA DI SAN LORENZO

Dopo i danni causati dalla seconda guerra mondiale, fa ricostruire la chiesa di S. Lorenzo chiedendo sovvenzioni allo Stato e ai privati con una instancabile attività epistolare. Allo stesso modo rinascerà la chiesa di San Lorenzo dalle macerie della seconda guerra mondiale.

LA CASSA RURALE

Nel 1914 don Montali istituisce la Cassa rurale di Riccione, San Lorenzino e Casalecchio.
Nel ’21 i soci saranno 110. “Nel 1919/20”, scriveva lo stesso don Montali, “sostenni i lavoratori nelle lotte agrarie del Riminese: alcuni proprietari terrieri che mi conoscevano bene giunsero perfino a togliermi il saluto qualificandomi “peggiore di un socialista”.

MONTALI CONTRO IL FASCISMO

Venuto il fascismo, non mi lasciai spostare da esso neppure di un pollice dal mio programma”. Quel programma ha le sue radici nell’enciclica di Leone XIII Rerum Novarum che nel 1891 ha dettato la prima dottrina sociale della Chiesa.

Convinto assertore dell’importanza dell’educazione, oltre alla creazione di una scuola serale per analfabeti, partecipa al comitato presieduto dal senatore del Regno Prof. Camillo Manfroni per l’istituzione nel 1923 della prima scuola media del neonato Comune di Riccione. Don Montali è fra i primi a intuire il futuro turistico della città. Chiamato a benedire il ponte sul Marano nella litoranea, afferma che Riccione diventerà “uno dei posti più deliziosi e ambiti al mondo”.

LE LOTTE E L’AVVERSIONE AL FASCISMO

Per Don Montali, non esistevano nemici, “ma solo amici di idee contrarie”, raccontava don Carlo Savoretti che fu suo cappellano tra il 1934 e il 1936: “Ha fatto del bene a tutti. Non guardava in faccia alle idee. Don Montali era l’amico ideale. Per lui l’amicizia era cosa sacra”.

L’avversione al fascismo lo fa entrare nella lista nera dei nemici del regime. Contrario alla guerra (è suo un importante articolo del 5 novembre 1938, apparso nel Diario Cattolico di Rimini), sfiduciato nelle sorti del conflitto, don Montali finisce nel mirino dei fascisti più fanatici che riveleranno la loro violenza nei terribili giorni del ’44.

LA FUGA A SAN MARINO E L’UCCISIONE DEI DUE FRATELLI

Avvisato che volevano fargli la pelle da “un fascistone di quelli grossi”, don Montali si rifugia a San Marino, scappando in bicicletta la sera del 20 giugno 1944. A settembre, mentre infuria la guerra, i nazifascisti gli uccideranno per vendetta i due fratelli Luigi e Giulia, che avevano voluto restare a San Lorenzino.

IL DOPOGUERRA

Il dopoguerra vede la seconda ricostruzione della chiesa di San Lorenzino.
Nel ’56, la parrocchia e la diocesi festeggiano i 50 anni della prima messa di don Giovanni, che si è fatto conoscere in tutta Italia attraverso un lungo, paziente lavoro di traduzione di importanti testi religiosi francesi.

Il sacerdote scompare il 9 novembre 1959, dopo una lunga malattia.

A 60 ANNI DALLA MORTE LA MOSTRA “DON GIOVANNI MONTALI LA FORZA DELLA CARITA’ PER UNA RINASCITA CIVILE” 

In occasione del 60°anniversario della morte di don Giovanni Montali, grande figura di sacerdote che ha dedicato l’intera esistenza alla sua Chiesa, alla sua Parrocchia e alla sua Città d’adozione, il Comune di Riccione, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli” della Diocesi di Rimini e di San Marino – Montefeltro, la Fondazione “Igino Righetti”, in collaborazione con il Comitato d’Area S. Lorenzo e la parrocchia San Lorenzo in Strada, rendono omaggio a un protagonista della storia cittadina della prima metà del secolo scorso

.

 

Roberto Silvestri è il nuovo presidente della C.R.I.

0

Roberto Silvestri nuovo Presidente C.R.I. “Lavorerò all’insegna della continuità, cercando di fare rete con le altre associazioni”. Il 54enne riccionese eletto all’unanimità, prende il posto di Manzo ai vertici da 35 anni.

Da vent’anni volontario della Cri, Roberto Silvestri, 54 anni, dipendente della Start e sindacalista interno fino alcuni anni fa con il il ruolo di se- gretario provinciale di Rimini, Forlì e Cesena (nel settore trasporti), è il nuovo presidente della Croce Rossa di Riccione.

A eleggerlo all’unanimità con 78 voti, domenica 16 febbraio 2020, è stata l’assemblea dei soci. Nel direttivo sono entrati a far parte anche Leonardo Manzo (chirurgo gemello di Antonio), Giancarlo Magnani, Martina Zavatta e davide Giannini.

Il Comitato Croce Rossa Italiana davanti alla propria sede.

Diversi gli obiettivi della new entry, che nel momento in cui si è profilata la nuova candidatura, si è dimesso dalla segreteria del Pd. Sul piano operativo annuncia: “Bisogna finire di sistemare e di arredare i nuovi locali, compreso la foresteria e la farmacia. Ci prepariamo con il parco auto e con gli spazi a norma per le nuove esigenze, anche per poter partecipare alle prossime gare che l’Ausl farà per la gestione delle emergenze. Nel frattempo, essendo accreditati, in caso di necessità, potremo rispondere alle richieste di intervento di Romagna soccorso. Per il denso calendario si annuncia poi impegnativa l’assistenza agli eventi sportivi. Avremo periodi molto pesanti, in occasione delle gare in piscina e poi per la Nove Colli, quattro tappe della Coppi-Bartali, fino ai Campionati mondiali di salvamento che dureranno un mese”.

Annuncia poi una svolta per il sociale: “Quel settore sarà dirottato all’Emporio solidale, che doveva essere già aperto. Ai volontari delle altre associazioni , nella sede dell’ex Tucker, se ne aggiungeranno una decina dei nostri”.

Da sinistra: Roberto Silvestri e Antonio Manzo

Tanto lavoro che richiede a tutti di far squadra. A proposito Silvestri rimarca: “Tra i miei obiettivi c’è quello di fare rete con tutte le altre associazioni di volontariato per evitare che si facciano lavori doppi. Ognuno deve operare nel suo campo e rivestire il proprio ruolo in modo da coprire la nostra comunità con tutti i servizi.Per quanto mi possa impegnare, comunque, non arriverò mai ai livelli di chi mi ha preceduto, operando con tanta pazienza e passione. Io lavorerò all’insegna della continuità, assieme a tutti i volontari, ringrazio intanto il mio predecessore per l’impegno profuso in questi anni”.

 

Addio al sorriso di Salvatore “Torino” Pozzi

Nel Febbraio 2020 ci ha lasciato, all’età di 84 anni, l’amico Salvatore “Torino” Pozzi.
Da sempre socio di Famija Arciunesa “Torino”, col suo sorriso perennemente in onda.

Salvatore Pozzi è stato assiduo e convinto collaboratore dell’associazione durante le sottoscrizioni a premi a scopo di solidarietà che venivano organizzate durante le numerosissime cene e gite.

Si era assunto l’ingrato compito di reperire i premi da mettere in palio e lo ha portato a compimento con sconcertante regolarità. Famosissimo, tra gitanti e commensali, divenne “Tasso zero”. Era un peluche a chiara forma di tasso, il simpatico mammifero fornitore di peli per pennelli, che una ditta aveva donato in quantità industriale e conseguentemente “Torino” abbinava ai numeri estratti. Possiamo affermare che anche chi non vinceva mai nulla si è portato a casa un “Tasso zero”, accompagnato dalla suo riso sornione.

Dimitrios Evgenidis , cuore greco stregato dalla Perla verde

Dimitrios Evgenidis, cuore greco stregato dalla Perla verde e dalla sua Abissinia.

Per anni è stato presidente dell’Associazione Riccione Abissinia, che ha fondato assieme ad altri operatori della zona. Dimitrios Evgenidis, 72 anni, è scomparso lo scorso 23 gennaio, stroncato dal male che ha cercato di combattere per due anni.

La sua notorietà ha varcato i confini comunali, era infatti molto conosciuto anche in provincia come referente della locale Comunità cristiana ortodossa di Rimini, della quale è stato fondatore e sostenitore.

L’ARRIVO IN ITALIA

Giunto in riviera dalla Grecia all’inizio degli anni Settanta per fuggire all’insostenibile regime dittatoriale, Dimitrios si è subito innamorato di Riccione, in particolare dell’Abissinia, dove con la moglie Maria Teresa Piasentini ha gestito un negozio di articoli da regalo, giocattoli e casalinghi, diventato una sorta di agorà, dove altri operatori si ritrovavano a discutere dei problemi della zona e delle iniziative da organizzare.

L’IMPEGNO PER L’ABISSINIA

Un punto di riferimento anche per i turisti, che si fermavano spesso a chiedere informazioni e a fare due chiacchiere. Tra le sue battaglie quelle contro la chiusura delle poste e della scuola, nonché quelle sulla pista ciclabile e la viabilità dell’area.

“Anche dopo aver lasciato la presidenza e finché la salute gliel’ha concesso – rimarca Ivan Severini, succedutogli alla presidenza – Dimitri ha continuato a collaborare con noi. Era una persona di cultura, sempre informata. A volte con vedute differenti, ma abbiamo sempre portato avanti in modo univoco le battaglie. L’associazione è nata anche grazie a lui. E’ stato una figura importante per l’Abissinia, conosciutissimo anche dai turisti, ai quali dispensava consigli, battute e barzellette”.

Un particolare: Evgenidis, che oltre alla moglie Teresa, sposata nel 1981, lascia la figlia Maria, se n’è andato proprio nella settimana dell’ecumenismo, di preghiera dell’unità dei cristiani, a cui tanto teneva. Non è un caso che le esequie si siano svolte prima nella chiesa Mater Admirabilis di Riccione, poi nella chiesa ortodossa delle Celle, a Rimini. Ed è qui, nell’area del camposanto riminese, dedicata agli ortodossi, che riposerà per sempre accanto all’amico Apostolo.

Rodolfo Giuliodori, l’albergatore coi guanti

Rodolfo Giulodori, noto albergatore di Riccione, uno dei pionieri dell’ hôtellerie locale, se n’è andato per sempre lo scorso 23 gennaio a 87 anni. Con il suo innato senso d’imprenditorialità e lungimiranza ha contribuito allo sviluppo turistico della città.

DALLA MONTEDISON ALLA PENSIONE VILLA DORY

La sua carriera parte dalla Montedison, dove si occupava di resine e vernici. Dopo dodici anni di lavoro si concentra su Riccione, dove nel 1954 con i genitori Francesco (chef del Grand Hotel Excelsior di Rimini) e Giulia Urbinati (una Garavlesa), apre la Pensione Villa Dory con sei camere e un bagno comune. Rodolfo lavora di giorno al Grand Hotel di Rimini e di notte registra arrivi e partenze nella pensione di famiglia.

1958 ARRIVANO LE TRE STELLE

Il 1958 è un anno particolare, convola a nozze con Vera Gianni che gli da quattro figli, Stefano Silvia, Roberta e Annamaria, Nel 1959 la villa i trasforma in un elegante hotel a tre stelle con trenta camere, grazie anche al contributo del caro amico geometra Armando Bartolini. Mamma Vera per anni sarà pilastro della nuova struttura alberghiera.

GIULIODORI NELL’ASSOCIAZIONE ALBERGATORI

Nel 1968, durante la presidenza di Giancarlo D’Orazio diventa consigliere dell’Associazione albergatori. Appena un anno dopo, mentre ai vertici dell’Aia sale Giorgio Piccioni, Giuliodori con altri albergatori della sua generazione crea Pool Alberghi, cooperativa commissionaria senza scopo di lucro, che basa il suo lavoro su commercio e promozione con l’obiettivo di tutelare gli ospiti, esercitando il controllo sui prezzi delle camere di pensioni e alberghi e l’offerta di servizi e prestazioni. Si occupa anche di ricercare clienti in Italia e all’estero, di acquisti consorziati e della formazione e qualificazione degli albergatori riccionesi.

LA PROMOZIONE DI RICCIONE E PROMOHOTELS

E’ il periodo delle “Vacanze azzurre” durante il quale gli associati dell’Aia organizzano quotidianamente iniziative per i propri clienti, gite in motonave lungo la costa romagnola, uscite per la pesca d’alto mare, visite a Fiabilandia e altro. Ed è una grande soddisfazione per Giuliodori, che tutti ricordano come un autentico gentiluomo, persona signorile, elegante e garbata, quando Promozione Alberghiera di Rimini chiede l’annessione della riccionese Pool Alberghi. Da questa fusione della quale Giuliodori è coartefice, nasce Promhotels, della quale diventa vicepresidente.

Grande tifoso della Juventus, nutriva una grande passione per la campagna, produceva vino bianco e aceto balsamico, gioie che amava condividere nella sua casa Vecciano con i clienti dell’albergo, considerati amici.

Donato Caneschi, il calcio a Riccione in campo e dietro la scrivania

Donato Caneschi a Riccione è stato per anni una figura di riferimento del calcio, prima come allenatore e poi come segretario sportivo. Toscano naturalizzato riccionese.

Donato Caneschi per anni a Riccione è stata una figura di riferimento del calcio, prima come allenatore nelle giovanili, poi come allenatore in seconda di Mister Santarelli e poi per un lunghissimo quanto apprezzato lavoro come segretario sportivo. Oggi Donato ha 89 anni, vive ancora a Riccione e nonostante le sue origini aretine ed un accento toscano ancora sibilante ci ha confessato di sentirsi più che altro romagnolo, anzi riccionese.

Come sei arrivato a Riccione? “Lavoravo come armiere in aeronautica, ero di stanza a Treviso dove conobbi mia moglie e mi spedirono per qualche giorno in Romagna per settare degli aerei. Quasi per scherzo, con la volontà di avvicinarmi a casa, chiesi di essere trasferito a Miramare e invece nel giro di tre giorni arrivò l’ok. Era il 1952, da quel giorno Riccione è diventata casa mia, poi qui sono nate le mie due figlie Laura e Annalisa”.

Un legame forte, soprattutto con la Riccione del calcio. “Si, una vera e propria passione, prima da allenatore delle giovanili e poi dietro alla scrivania come segretario fino agli anni ‘90”.

Del tuo periodo con tuta e fischietto cosa ricordi? “Innanzitutto colleghi come Fino Montanari, Parma, Tosi e diversi ra- gazzi riccionesi che ho allenato come Gianluca Gaudenzi, Moreno Villa ma anche Novello Tamagnini che ho rivisto volentieri dopo tanti anni. Tra i piu’ forti mi ricordo Alberto Pari un gran bel difensore che fece anche una discreta carriera e Pancini, un ragazzo di Morciano.

Altri giocatori che non hai allenato ma che ricordi in biancoazzurro? “Ci sarebbe da fare un album. Cioncolini, Ceramicola, Spimi, Filippini e tanti altri. Ricordo con piacere anche la mia prima esperienza da Vice allenatore in Prima Squadra con Attilio Santarelli”.

Caneschi con i dirigenti della Riccione Calcio

Quando iniziasti la carriera da segretario il Presidente era Bepi Savioli? “Si, subentrai come segretario sportivo a Bianchini, Savioli era una persona elegante, quanto affabile, per me era sempre un piacere confrontarmi con lui”.

Il ricordo piu’ bello in biancoazzurro? “Non ho dubbi lo spareggio vittorioso di Cesena contro il Bellaria nella stagione 1972-73 che ci permise di essere promossi in serie C”.

E quello piu’ amaro? “Stagione 1980-81, un altro spareggio per salire in serie C. Si giocava nella mia Arezzo contro la Jesina, non volevo neanche andare allo stadio, invece ci andai ma perdemmo 1-0”.