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mercoledì, Gennaio 15, 2025

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Da Famija Arciunesa 650 euro di spesa in prodotti alimentari per l’Emporio Solidale di Riccione

Famija Arciunesa consegna 650 euro di spesa all’Emporio Solidale di Riccione. Sugli scaffali finiscono prodotti alimentari per una quarantina di famiglie in difficoltà.

Famija Arciunesa dona all’Emporio Solidale prodotti alimentari per 650 euro, si riempiono così gli scaffali di olio, pasta, passata di pomodoro, biscotti, legumi ed altri prodotti alimentari a disposizione dei 40 nuclei famigliari, almeno da due anni residenti a Riccione, seguiti e sostenuti dall’Emporio.

Dopo i 4500 euro donati all’AISM con questa consegna abbiamo completato le donazioni rese possibili grazie alla cena di beneficenza tenutasi al Cavalluccio Marino che ha visto coinvolte 110 persone” puntualizza Francesco Cesarini Presidente di Famija Arciunesa “sono tanti i riccionesi che ci hanno dato una mano e a loro va il nostro ringraziamento, con gli amici dell’Emporio Solidale abbiamo messo in piedi da tempo una fattiva collaborazione perché la loro attività sul territorio è preziosissima, soprattutto in un momento così difficile”.

I prodotti acquistati da Famija Arciunesa sono stati consegnati direttamente da Despar Riccione Paese che ha garantito il prezzo di costo senza alcun ricarico. Si tratta di una bella e produttiva catena di solidarietà che ha permesso una spesa ancora più sostanziosa.

“Per noi è importante poter contare sul sostegno di realtà importanti come Famija Arciunesa” ha ricordato Luigi Casadei Presidente della Consulta della Solidarietà che gestisce l’Emporio Solidale “la nostra è una realtà che si basa sul volontariato e saper che c’è chi si ricorda della nostra attività ci riempie di gioia ed energia per andare avanti anche in un momento così complicato dove sono diversi i nuclei famigliari in difficoltà che hanno bisogno di un aiuto”.

Leonardo Manzo: medico per passione, volontario per amore. Una vita dedicata al prossimo

Leonardo Manzo: medico per passione, volontario per amore. Una vita dedicata al prossimo

E’ stato uno dei chirurghi più apprezzati dell’Ausl di Rimini, medico per passione, sempre attento più agli altri che a se stesso. Leonardo Manzo (72 anni), direttore sanitario e vicepresidente della Croce Rossa di Riccione, nonché uno dei camici bianchi più apprezzati dell’Ausl di Rimini, è spirato il 30 novembre 2021 a 72 anni, dopo aver lottato invano contro un male che non lascia scampo.

Grande la commozione tra quanti sia a Rimini, dove risiedeva, sia a Riccione e in altri comuni dove svolgeva ancora la sua professione, hanno avuto il piacere di conoscerlo, anche per la sua attività di volontariato. Già assistente al Pronto Soccorso, ha operato all’Infermi di Rimini come dirigente nella Divisione di Chirurgia generale e nell’Unità operativa di Chirurgia vascolare. Per diverso tempo ha svolto la sua professione anche a Bologna.

Dopo il pensionamento, ha continuato a lavorare al Pegaso di Riccione come direttore sanitario e al Centro Mendel. Tuttora faceva ambulatorio alternandosi anche al Medical Center di Misano, alla Sol et Salus di Torre Pedrera, a Villa Verucchio, Novafeltria e Cervia. Amava così tanto il suo lavoro, che nonostante le sofferenze causate dalla malattia, ha continuato a fare ambulato- riale fino a poche settimane dalla sua scomparsa.

Il tempo libero lo divideva tra famiglia e volontariato nella Croce Rossa di Riccione, che per lungo tempo è stata presieduta dal fratello gemello, Antonio Manzo, anche lui medico chirurgo. “Leonardo – ricorda – era una persona semplice, umile, tollerante, molto discreto e professionale. Le centinaia di messaggi di cordoglio giunti alla nostra famiglia, ci hanno fatto intuire quanto quante fossero le persone che l’hanno stimato e amato. Sono tantissime le dimostrazioni di affetto e di stima. Anche nella malattia Leonardo ha avuto una dignità infinita”.

Parole che trovano riscontro nel presidente della Cri, Roberto Silvestri: “Manzo era medico per passione, non per lavoro, pure nella malattia si preoccupava più della salute di noi volontari che di se stesso”.

Nel post condiviso su Facebook da oltre 300 persone di Manzo i volontari della Cri scrivono: “Era un amico, un collega, un medico, un Uomo dal cuore grande e sempre pronto ad aiutare il prossimo, un esempio da seguire per tutti quanti. Per l’ultimo addio amici e parenti si sono stretti in preghiera assieme alla moglie Barbara e ai figli Giulia e Andrea, nella chiesa di Sant’Agostino, a Rimini, a pochi passi dalla sua abitazione.

Le regole dell’asilo d’Infanzia “Maria Ceccarini” nel 1891

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Curiosando nello Statuto del Giardino d’Infanzia “Maria Ceccarini”, inaugurato il Primo Novembre 1891, scopriamo le regole alle quale i bambini dovevano attenersi.

Maria Boorman Ceccarini

Diamo uno sguardo allo statuto di questo asilo nato per desiderio di Maria Boorman Ceccarini con lettura limitata ai regolamenti relativi ai piccoli ospiti. C’è da restare piacevolmente colpiti nel notare quanto precorressero i tempi.

IL COMPORTAMENTO
Scopo dell’asilo è di raccogliere i bambini d’ambo i sessi della parrocchia di Riccione dell’età di tre ai sei anni per impartir loro quell’educazione, più che istruzione, e quei principi di rettitudine, di onestà e di veracità nonché di pulizia, cortesia e considerazione gli uni per gli altri tanto necessari per il ben essere della società.

La Direttrice, che abiterà in quell’appartamento dell’asilo destinatole, sorveglierà la condotta dei bambini, dovrà rimandare a casa coloro che per la poca pulizia, la insubordinazione, i ritardi e le assenze non giustificate, possono essere di cattivo esempio agli altri o che fossero affetti da malattie che potrebbero comunicarsi agli altri o che non abbiano subito la vaccinazione.

I bambini devono essere tutti tosati e avere la faccia e le mani pulite all’arrivo.Deve inculcare in loro la fede in Dio, l’amore del prossimo e della Patria, la carità per gli animali, la cortesia, l’ubbidienza, la pulizia, la riconoscenza, l’orrore per la menzogna e il rispetto dovuto alle leggi, ai genitori ed ai superiori.

Giardino d’Infanzia Maria Ceccarini.

LA MENSA
A mezzogiorno sarà somministrata ai bambini una minestra: due volte la settimana di carne, due volte la carne lessata – conservata dal giorno prima – tritata e preparata con cipolla, pomodoro, pasta o polenta, uso ragout, e gli altri due giorni fagiuoli, riso, pasta, patate secondo l’ordine della Direttrice.

Tanto la Direttrice che le addette godono dello stesso vitto preparato per i bambini e devono sorvegliare il loro contegno a tavola affinchè mangino con decenza. Ogni soverchio rigore o disciplina corporale delle addette verso i bambini è rigorosamente proibito.

LA RETTA
I veramente poveri saranno accolti gratuitamente. Quelli che hanno i genitori in una relativa agiatezza sono tenuti a pagare 3 lire al mese. Quando sono in due della stessa famiglia cinque lire, quando sono in tre sette lire.

Dopo la minestra i bambini saranno condotti in giardino. Quando il tempo lo permetterà e faranno quei lavori di giardinaggio possibili alla loro età, e nell’estate dormiranno per un’ora.

Nei giorni dell’inaugurazione dell’apertura dell’asilo e nel giorno della Befana i bambini avranno una piccola festa nella quale verranno distribuiti dei dolci e piccoli doni.

ERSILIA TONINI
Dopo la morte di Maria Ceccarini il 31 Agosto 1903, Ersilia Tonsini figlia adottata, prende il suo posto presenziando a tutte le manifestazioni e istituendo la Festa dell’Albero di Natale.

Ersilia riconfermerà tutti quei principi che sanciscono l’educazione dei bambini. “Non si vogliono scimmie ammaestrate, che sappiano l’ a-b-c a memoria, ma futuri cittadini, consapevoli di vivere in una società con serenità e soprattutto senza ipocrisia”.

Tratto da: I Ceccarini per Riccione di Patrizia Bebi e Oreste Delucca Disegno di Roberto De Grandis tratto da: “La Viola” di Laura Oppioli Berilli

Oasi Darwin: un percorso botanico all’interno del Liceo Volta

Oasi Darwin: un percorso botanico all’interno del Liceo Volta. A luglio piantato l’ulivo che ha dato il via al progetto trasversale: protagonisti diversi studenti e professori.

Il prof. Mauro Agostini del Liceo Volta Fellini è tra i promotori del progetto Oasi Darwin che vede coinvolte alcune classi ed un bellissimo ulivo piantumato all’interno della scuola.

Professore come le è venuta in mente questa idea? “Tutto è cominciato qualche anno fa; semplicemente guardano il cortile in- terno, dove erano stati depositate le macerie della costruzione della scuola. L’idea nasce per rendere il giardino un posto più decoroso e vivibile. Questo progetto è stato attivato quest’anno perché con la pandemia non è stato possibile realizzarlo prima”.

Come ha intenzione di strutturare il cortile interno? “Vari professori della scuola hanno pensato a come si potesse sfruttare quello spazio. L’idea principale è quella di creare un giardino botanico, più che un giardino o meglio un percorso. Il progetto è quello di ricostruire la storia evolutiva delle piante, partendo dagli organismi più semplici che sono comparsi sulla terra, fino ad arrivare a quelli comparsi più recentemente. Partendo quindi da organismi acquatici, come le alghe, che verranno posizionate in una fontana all’interno del giardino per poi passare a piante briofite, muschi, piante pteridofite, come le felci, per poi arrivare alle piante angiosperme, che hanno subito il massimo grado dell’evoluzione”.

Oltre ai professori di scienze sono stati coinvolti docenti di altre materie? “Sono intervenuti molti docenti, di diverse materie. Alcuni professori di arte hanno progettato la piantina del giardino, sfruttando al meglio lo spazio. Sono stati coinvolti anche i professori di informatica, l’idea è quella di mettere accanto alle piante, una volta nate, dei codici QR che mostrano tutte le caratteristiche delle piante del giardino. Anche i professori di lettere hanno trovato dei collegamenti natura-poesia, come ad esempio “La ginestra” di Leopardi, quindi anche loro saranno coinvolti nel progetto”.

Chi ha contribuito a sistemare il giardino? “Oltre al tecnico di laboratorio i ragazzi della scuola hanno aiutato molto per sistemare il giardino, preparando le aiuole, il terreno per la semina delle piante e del prato, che verrà fatto in primavera. Gli studenti attorno all’ulivo, che è stato messo a dimora a luglio, hanno già piantato dei bulbi di alcuni monocotiledoni. Nei prossimi mesi si pianteranno anche delle altre specie”.

Si farà anche in classe un lavoro riguardante questo progetto? In classe si farà più un lavoro teorico, come ad esempio imparare a riconoscere le varie specie delle piante più importanti osservando dei preparati al microscopio, successivamente i ragazzi impareranno ad osservare le parti principali della pianta, fiori e foglie, per riuscire a risalire alla famiglia di appartenenza e riuscire a ricavare il nome della pianta. In programma poi lezioni sull’estrazione di olii essenziali ricavati dalle varie piante”.

Quanto tempo ci vorrà per completare il lavoro? “Abbiamo iniziato a sistemare il cortile a luglio, molte piante saranno messe a dimora nei mesi a venire, l’idea è quella di piantare piante spontanee che si trovano nei boschi nelle vicinanze, mentre altre saranno
prese nei vivai, per quanto riguarda la semina, verrà fatta in primavera, quindi nel periodo tra aprile e maggio il “grosso” del lavoro sarà già stato svolto, mentre nei prossimi anni il giardino si arricchirà con piante nuove. Quindi è una cosa che andrà coltivata e deve anche essere mantenuta nel tempo. Quindi in conclusione possiamo dire che il giardino non sarà mai finito ma verrà continuamente arricchito”.

Gaia Fuzzi e Leonardo Zangheri Classe III M

L’Associazione SCultura la sede nell’ex Tucker

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L’associazione artistico-culturale SCultura di Riccione trova la sua sede nello stabile ex Tucker nella zona artigianale.

L’associazione artistico-culturale, SCultura di Riccione ora ha una sua sede. Ad accogliere i suoi allievi, attivi da qualche anno, è il primo piano dell’ex stabile della Tucker, confiscato e concesso dal tribunale in comodato gratuito al Comune di Riccione (al pianterreno da due anni opera la Consulta della solidarietà). Riadattato alle esigenze dell’associazione, l’ambiente si è così trasformato in un mega laboratorio, aperto non solo a chi già intrapreso il cammino artistico, ma anche a chi da principiante si vuole avvicinare a quest’arte, modellando la creta.

Tira un sospiro di sollievo Consuelo Casadei, presidente di Scultura per il “tetto” ottenuto. “Ci consentirà di portare avanti progetti specifici come corsi, laboratori ed eventi espositivi – commenta – Grazie alla collaborazione col Comune, anche quest’estate a Villa Franceschi abbiamo partecipato a “L’estate dell’arte”, rassegna di scultura e pittura, dedicata a Dante Alighieri. Questo connubio ci ha portato bene, perché in seguito il Comune di Ravenna ha concesso il patrocinio alla nostra mostra riccionese che con nuove sculture, esposte a “Cavalcando il tempo” è in corso nella Biblioteca del Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali di Ravenna”.

Chi vorrà visitarla potrà farlo entro il 30 marzo 2022. Una sezione della mostra dedicata a Dante Alighieri sarà riservata a Maddalena Fano Medas, socia di Scultura, nota per le sue doti artistiche oltre i confini regionali.

Ni.Co.

La storia del ponte sul porto di Viale Milano

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Il ponte su Via Milano a Riccione: dalle origini del 1781 fino all’arrivo di Maria Ceccarini.

1781 IL PONTE DI LEGNO

Le prime notizie sulla necessità di un ponte sul Rio Melo per attraversare il porto-canale, si registrano nell’anno 1781 quando il Capitano Pasquale Zangari fece presente alle Autorità Portuali di Rimini, dalle quali dipende- va Riccione, “…la necessità di far attraversare di notte il fiume dai suoi Soldati a Cavallo a causa della crescenza delle acque”.

IL BATTELLO DEL 1809

La richiesta fu accolta e si costruì un ponte di legno con una spesa di scudi 5 e 98.
Nell’anno 1809 si pensò comunque di impiegare un battello per attraversare il Rio Melo nella zona del Porto con un comunicato che recitava: “Regno d’Italia, Rimino, in questo giorno di maggio 1809 è stato firmato un atto tra il Sig. Tommaso Montanari, Sottoispettore presso l’Intendenza di Rimini, e il Parone Pietro del fu Domenico Boldrini di Riccione, il quale cede in uso un battello da usarsi per il passo del Fiume Melo. Il battello sarà munito di due funi dalla lunghezza del fiume e dovrà essere tenuto nettato almeno due o tre volte alla settimana. Il compenso pattuito è di lire 16 e centesimi 11 al mese”.

Il ponte sul porto

La manutenzione dell’imbarcazione non dev’essere stata così fedelmente osservata se in un comunicato del 19 giugno 1815 si legge: “Per attraversare il Rio Melo si ha un battello ma in cattivo stato per cui abbisogna di un affresco da affidare ad una persona e pure la fune e i pali”.

Va ricordato che a quei tempi il tratto di strada che univa la Via Viola (oggi Ceccarini) al porto canale era in verità solo un viottolo utilizzato, per lo più, dai marinai della Borgata e dell’Abissinia per raggiungere le loro barche nel nuovo porticciolo di legno costruito alla fine del secolo 1800. Poi, all’inizio del secolo successivo, il Conte Mattioli e il Notaio Giuseppe Savioli, proprietari dei terreni che andavano da porto a Via Fogliano (cioè all’Alba) si accordarono per spianare le dune (i muntaloun) e tracciare l’attuale Via Milano per tutta la lunghezza delle loro proprietà.

Così con il contributo della Provincia e del Comune di Rimini fecero costruire un robusto ponte di legno carrozzabile che attraversava il canale per unire Via del Porto con Via Milano, un rettifilo di 1530 metri che realizzava il congiungimento del centro balneare con la periferia. Nel 1875 giunge a Riccione l’americana Maria Boorman Ceccarini con il marito Giovanni Ceccarini.

A lei si devono, com’è noto, la realizzazione dell’Asilo Ceccarini inaugurato il 1° novembre del 1891 e due anni dopo, il 23 ottobre, l’Ospedale che porta il nome del marito. Il suo intervento decisivo per il Porto sul Rio Melo e relativa viabilità, è datato 1898 quando presta 70 mila lire senza interessi da restituire in quote di 20 mila all’anno, per la realizzazione delle opere necessarie ancora oggi di grande attualità.

Nozze d’oro per Ottavio Ricci e Anna Maria Gambuti

Nozze doro tra Ottavio Ricci e Anna Maria Gambuti: una vita insieme come coppia e nel lavoro.

Uniti in matrimonio da mezzo secolo, gli albergatori riccionesi Ottavio Ricci e
Anna Maria Gambuti (nella foto al centro), hanno festeggiato le nozze d’oro, ri-
promettendosi amore eterno. Era infatti il 10 ottobre 1971 quando pronunciarono il
fatidico “si”, davanti al parroco nella chiesa di San Michele a Morciano di Romagna.
Il tempo non ha scalfito affatto il loro amore che, tra tante vicissitudini, si è piutto-
sto rafforzato.

“C’eravamo conosciuti nel 1967 alla Locanda del Lupo di Miramare, ballando i lenti, il madison e il twist”– raccontano i due festeggiati -. E’ scattata reciprocamente la scintilla e da lì è cominciata la nostra storia, avevamo rispettivamente 27 e 23 anni. Quattro anni dopo ci siamo sposati. E’ stato un giorno memorabile, da Morciamo siamo tornati a Riccione con due carrozze trainate dai cavalli”.

Con nostalgia, ma con sommo piacere, Ricci (socio di Federalberghi) e la sua dolce
metà rispolverano il loro singolare viaggio di nozze: “Siamo andati a Palma di
Maiorca, ma la prima notte l’abbiamo trascorsa al Grand Hotel di Rimini, era stato
il regalo ricevuto del nostro grande amico, Giancarlo D’Orazio, scomparso nel gennaio 2019, già presidente dell’Associazione albergatori di Riccione e regionale”.

I due imprenditori raccontano ancora: “Quello che ci ha tenuto uniti nella vita è stata la perseveranza. Insieme per tantissimi anni abbiamo condotto la Pensione Floreal di Riccione, che ora non c’è più. Come tanti altri alberghi era stato costruito con le cambiali (i così detti pagherò). Negli anni Novanta dalla famiglia Steiner abbiamo poi comprato il Baltic (hotel che nel 1965 è stato set del film L’Ombrellone di Dino Risi, con Sandra Milo, Enrico Maria Salerno e Lelio Luttazzi ndr.).

Abbiamo sempre lavorato insieme”. Una vita insomma, 60 anni in tutto, dedicata all’hôtellerie e alla famiglia, nel tempo infatti Ottavio e Anna Maria hanno avuto quattro figli Stefania, Mauro, Francesco e Nicola, che gli hanno dato nove nipoti. Tutti presenti alla festa organizzata per le nozze d’oro, intorno al tavolo ben cinquanta parenti.

Abissinia: il nuovo libro di Luca Villa

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L’Abissinia non è solo un quartiere di Riccione: è un luogo dell’anima, prima ancora che un luogo fisico. Te la porti dentro da quando sei nato e non te la togli più, ti entra dentro e si fissa nelle cellule del tuo corpo segnandoti la vita per sempre.

Come diceva il Buddha: puoi togliere un ragazzo dall’Abissinia, ma non potrai mai togliere l’Abissinia da un ragazzo. L’Abissinia degli anni sessanta-settanta è il meridione della Perla Verde, dimenticato da Dio e dai mezzi di trasporto e lontano anni luce dallo splendore luminoso del centro.
“Cristo si è fermato in Viale Cesare Battisti”, diceva una scritta spennellata sul muro di una casa. Terra di frontiera, ultimo confine della cosiddetta civiltà prima del profondo sud riccionese, pericolosamente vicino a Misano e alle Marche, fatto di campi incolti e case popolari abitate da famiglie di comunisti mangiatori di bambini.

Anche il prete aveva paura quando andava laggiù a benedire le case per Pasqua, e noi bambinetti ne stavamo giudiziosamente alla larga. Girava voce, fra gli anziani del posto, che in tempo di guerra i tedeschi avessero usato l’Abissinia per sperimentare un marchingegno nucleare segreto per il controllo delle menti, e che il marchingegno sia ancora lì, abbandonato dai tedeschi in fuga in un bunker sotterraneo in fondo a viale Enrico Toti, magari ancora acceso e in funzione. Leggenda? Chissà… io credo ci sia un fondo di verità. Non esiste altra spiegazione per giustificare l’alta concentrazione di personaggi dai comportamenti a dir poco particolari che dal dopoguerra in avanti hanno popolato il quartiere.


Sono nato lì nel 1960 e lì sono cresciuto, passando le giornate correndo con i miei coetanei per i viali alberati del quartiere, giocando a pallone, cacciando lucertole sulle dune di sabbia con la fionda, scavalcando i cancelli delle ville dei bolognesi per mangiare le prime susine di stagione, e ascoltando dai più grandi storie inverosimili di personaggi che si faceva fatica a credere fossero esistiti veramente. Non rendendoci conto però che anche noi, giovani figli del boom economico nati da genitori Abissini con i geni modificati dalla macchina nazista, stavamo a nostra volta diventando i protagonisti di storie incredibili che sarebbero state raccontate nel futuro. Il futuro adesso è qui.

CONOSCIAMO L’AUTORE

Luca Villa nasce a Rimini nel 1960, unica macchia sul suo perfetto curriculum di riccionese verace, ma dopo pochi giorni fa subito rientro all’Abissinia,
il quartiere di Riccione che sarà la sua casa per gli anni futuri. Frequenta prima l’asilo e poi la Scuola Elementare dalle Maestre Pie, per poi passare alle medie Camillo Manfroni. Nel 1974 con il grande salto fuori dai confini verso il Liceo Scientifico Alessandro Volta, viene a contatto con un mondo nuovo e scopre con meraviglia che c’è vita oltre Viale Ceccarini. Dopo una prima infanzia passata a giocare a palline in spiaggia e a cacciare lucertole con la fionda, inizia a tirare calci ad un pallone nel campetto di cemento della parrocchia Mater Admirabilis. A 11 anni si iscrive alla Robur, locale squadra di calcio che l’anno successivo diventerà Asar, permettendogli così di calcare il prato di un vero campo da calcio: ginocchia e gomiti ringrazieranno. Sviluppa fin da giovane la passione per la lettura, legge di tutto e molto velocemente. Fino al punto che, non trovando più nessun libro interessante, decide da buon romagnolo di farseli da solo e inizia a scrivere pubblicando in proprio per una ristretta cerchia di amici. Dal 2012 vive all’estero, ma ha sempre mantenuto un forte legame affettivo con la natìa Riccione e durante il recente lockdown, preso da una botta di nostalgia, ha iniziato a scrivere la serie di ricordi che ora, ringraziando FA, sono diventati un libro vero.

NELLE LIBRERIE DI RICCIONE o contattare Francesco: 349 7773390
presso la sede di FA 0541 643884 (Mart-Giov pom. dalle 16 alle 18)

Dopo 50 anni i “ragazzi delle catacombe” si ritrovano per un piacevole amarcord

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Emozionante reunion per il gruppo di giovani riccionesi tra i 13 e i 16 anni, che mezzo secolo fa si ritrovano insieme nelle “catacombe”. Lo scorso novembre, dopo una certosina ricerca, tramite chat e social, sono riusciti a radunarsi in venti nel centro di Buon vicinato di Fontanelle, ma all’appello, a parte alcuni deceduti, mancano ancora diversi amici.

“All’epoca tra noi c’è chi aveva il vespino, chi la bicicletta – racconta Gerry D’Innocenzio-, ci si ritrovava insieme dalle 13,30 alle 14 a Villa Alta sotto le arcate di una casa in costruzione che dava l’idea di trovarsi nelle catacombe. Da allora per identificarci in modo ironico ci siamo chiamati appunto “i ragazzi delle catacombe”.

I ragazzi delle catacombe oggi.

Questo è stato il nostro punto di ritrovo per circa tre anni, finché i lavori di costruzione della casa si sono rimessi in moto, da quel momento ci siamo dispersi e ognuno di noi ha preso strade diverse.

Nel tempo alcuni si sono trasferiti nel circondario. Non intendiamo più perderci di vista, ci manterremo in contatto su una chat formata ad hoc”.

A disposizione i numeri: Gerry 339 4958843, Adriano 339 5711127 e Maria 339 1289023. Il desiderio di tutti è ora quello di trovare altri com- pagni, anche attraverso il nostro periodico.

Ni.Co.

Samuele Vichi: la musica dei Nobraino, la letteratura e la scuola

Samuele Vichi, batterista dei Nobraino (gruppo in pausa dal 2017) non si definisce riccio- nese doc, soprattutto se sinonimo di “fighetto” ma neppure musicista perché sarebbe troppo pretenzioso, meglio “artigiano della musica”, suo primo amore insieme alla letteratura oggi diventata primo strumento del suo mestiere di professore al liceo.

Perché artigiano della musica e com’è esserlo diventato nella tua città?
“Riccione ha sempre mostrato più interesse verso il mondo discotecaro piuttosto che quello della musica “fatta in casa dai suoi figli”. Negli anni 60/70 c’era sicuramente un bel fermento anche per i musicist: vi erano personaggi di livello internazionale che gravitano a Riccione e che qui venivano apprezzati o addirittura lanciati. C’erano poi i dancing che hanno rappresentato la realtà gloriosa della mia città” Un bel periodo per la musica, poi molto è cambiato. Quando ho cominciato a creare musica negli anni ’90 era già tutto è cambiato: meno attenzione per i concerti live e più per quella delle consolle delle discoteche”

I Nobraino con Samuele Vichi in primo piano

Però Riccione nell’immaginario collettivo è sempre un luogo dove accadono cose, non è così? “ Sarà ma io con il mio storico gruppo dei “Nobraino”, sono riuscito a suonare a Riccione solo dopo 15 anni di concerti in tutta Italia”. Addirittura? “Sì, producevamo musica qui ed esportavamo, con mille difficoltà, fuori dal nostro territorio. Quella è stata un’esperienza artistica impagabile, terminata perché tutto finisce prima o poi nella vita e che mi ha lasciato un segno dentro”

E comunque essere profeti in patria non è mai semplice… “Sono d’accordo, intendiamoci però, a Riccione c’è sempre stata molta propensione verso la musica ma il percorso musicale resta individuale, se sei in grado e te lo puoi permettere vai avanti è difficile però che qualcuno o qualcosa possa metterti nelle condizioni di crescere ed in particolare penso a chi ha meno possibilità economiche. Negli ultimi anni, sono nate molte scuole di musica ma sono sempre tutte private, mancano progetti di comunità”

Dopo la musica, la tua seconda passione è la letteratura, oggi insegni in un liceo a Bologna. “Ho la fortuna di poter coniugare passione e lavoro, amo i miei ragazzi ai quali cerco di trasferire l’attitudine allo sviluppo del pensiero critico, della diversità e della non omologazione, il vero pericolo della società consumistica odierna profetizzato da Pasolini, scrittore molto più apprezzato all’estero che non in Italia”

I tuoi studenti ti apprezzano. Qual è il tuo segreto? “Quando lavori con passione i ragazzi lo percepiscono. Sentono che marchi solo il cartellino o per limitarti a dare nozioni ma per raccontare la vita, attraverso i libri da sempre portatori di messaggi universali: la morte, l’amore, la felicità”. Non è facile coinvolgerli volando alto, giusto? “I ragazzi, spesso, vivono in famiglie dove mancano di punti di riferimento stabili, sono molto distratti da internet, la violenza fisica e verbale regna nei videogiochi e nei film dove l’acquisizione di potere per sottomettere l’altro diventa un valore” .

E come reagiscono i nostri ragazzi? “Alcuni si rifugiano nel gruppo dove tendono alla violenza perché hanno una visione distorta delle loro effettive tendenze e tutto ciò spesso nasce dalla frustrazione del sentirsi incompresi e soli. La violenza delle baby gang, che abbiamo toccato con mano in estate a anche a Riccione, è il corrispettivo del bullismo a scuola. La pandemia ha sicuramente acutizzato questo fenomeno che potrebbe essere accostato al periodo degli squadroni fascisti solo che allora erano organizzati politicamente, oggi invece si sviluppano in modo anarchico e violento come protesta verso la società tutta”.

E se il mestiere di insegnante di questi tempi si carica di significati e responsabilità così importanti lo capiamo anche da una lettera di ringraziamento scritta da una prima liceo del prof artigiano della musica Samuel Vichi che ci ha fatto sbirciare e volentieri e riportiamo perché possa essere d’ispirazione per ognuno di noi.

“Volevamo ringraziarla per tanti motivi, forse troppi da scrivere in una sola lettera.Ci ha accuditi ed accompagnati in un percorso di crescita e non parliamo solo di quella scolastica che ricorderemo tutti con estremo che ricorderemo con estremo orgoglio. Non solo: ci ha spiegato le sue materie con amore, passione e dedizione ma ci ha anche trasmesso i veri valori della vita. Ci ha insegnato che la diversità è ricchezza; ci ha educato affinché riuscissimo a sviluppare il nostro pensiero critico senza essere influenzati dagli altri; ci ha aperto gli occhi sulle problematiche attuali facendoci così capire quanto siamo importanti non solo come gruppo ma anche singolarmente. Ha fatto sì che ognuno di noi credesse un un pò più in se stesso aiutandoci a non cambiare se non per migliorarci.”

Roberta Pontrandolfo