Il segreto del successo del Pavoncino? Stelvio Coscia: “Una cucina di grande qualità che strizzava l’occhio al mondo della notte”
Ci sono angoli di Riccione che custodiscono i ricordi di stagioni passate per tante persone indimenticabili. Uno di questi è il Pavoncino che ad inizio anni ’80 era il cuore pulsante della zona Alba, tappa obbligata di inizio o fine serata, ritrovo di chi dava del tu alla notte inseguendo serate vissute in collina o nei locali da ballo al mare. Già dalla sua architettura il “Pavoncino” ti intrigava e allo stesso tempo ti sorprendeva: raccolto nei suoi tavolini stile British pub capace però di strizzare l’occhio anche ai bistrot parigini con quelle vetrate e quel verde salvia retrò che dominava il bancone, il retropalco e gli arredi ed anche il grazioso soppalco.
Un luogo fatto di citazioni e rimandi, ma dove al centro vi era un tratto tutto romagnolo, l’anima del locale che emergeva dalla gestione e dalla cucina. Lena, Stelvio, Carlo erano le colonne al banco e tra i tavoli con Italia autentico asso in cucina, cresciuta sotto l’ala di Elio Tosi e arrivata direttamente dall’Embasy di Rimini. Difficile definire un target del Pavoncino: riccionesi ma anche tanti ospiti fissi da tutta la Romagna e stranieri durante l’estate.
Unica cosa certa le dinamiche con cui si rincorrevano giorno e notte “In estate inizialmente il locale incominciava ad animarsi solo verso le 23.00, proiettato quasi esclusivamente verso la notte o almeno dopo la “vasca” in Viale Dante” -ricorda Stelvio Coscia– autentico pigmalione del locale, “ad un certo punto mettemmo in piedi un’operazione che ai giorni di oggi potremmo definire di marketing. Sopra il Pavoncino la Vingresor, un importante tour operator svedese, affittava appartamenti a gruppi di ragazze svedesi. Una sera, subito dopo cena verso le 21.00, chiesi a sei ragazze bionde di sedersi ai nostri tavoli all’esterno come nostre ospiti, nel giro di mezz’ora il Pavoncino si riempì, funzionava! Andò avanti così per tutta l’estate e per diversi anni, erano tante le turiste scandinave che arrivavano a Riccione”.
In inverno il Pavoncino non perdeva le buone abitudini, diventava più intimo con la sua affezionata clientela ma sempre molto animato, tra uno spaghetto millegusti (diventato con gli anni un simbolo del locale) e una portata di crostini misti chiudeva addirittura alle 3 del mattino, in estate alle 4.30 per poi riaprire poco dopo le pulizie per chi voleva fare colazione dopo una notte in disco. Spesso di prima mattina sul marciapiede erano parcheggiate delle Ferrari attorniate da ragazze e i clienti al momento di ordinare si lasciavano sfuggire soprappensiero “Mi basta già quello che vedo…”
Davvero insolito poi quando la domenica mattina si incrociavano le famiglie che andavano a messa e gli ultimi clienti. Stelvio era il barman insieme a Serena, tra i loro pezzi forti proponevano il “Pavoncino” con vodka, fragola e pompelmo ed il “ Summer” con Gin, tonica, kiwi e limone mentre anche Carlo e Lena tra i tavoli servivano ricercate macedonie di giornata ed il mascarpone per il quale arrivavano prenotazioni telefoniche. Ogni sera dalla cucina uscivano nuovi primi con le paste fresche in primo piano insieme alla specialità della casa: il roast beef della cuoca Italia che ancora oggi in tanti ricordano.
Le stagioni d’oro del Pavoncino targate Stelvio Coscia andare dal 1982 fino al 1987, una breve pausa e poi il ritorno dal 1988 al 1991, ultima stagione di successo del Pavoncino che da allora è fermo ancora all’angolo tra viale Tasso e Viale Emilia, quasi abbandonato, incapace di esibirsi nella sua ruota per corteggiare i suoi clienti.
Francesco Cesarini