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HomeFoto1920-1945Il Conte Felice Carlo Pullè, il medico dei poveri

Il Conte Felice Carlo Pullè, il medico dei poveri

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Il Conte Felice Carlo Pullè: “Il medico dei poveri”.
Ancora oggi, sull’arcata dell’ingresso principale del nostro ospedale trovate impressa la scritta da lui voluta:
“Guarire qualche volta, alleviare spesso, consolare sempre”.

Felice Carlo Pullè nacque a Modena nel 1866, fu medico chirurgo, professore universitario a Bologna, ufficiale medico. Nel maggio del 1891 si sposò con Fanny Ricci e dal matrimonio nacquero cinque figli: Virginia, scomparsa in tenera età, Leopoldo, Galeazzo, Federico e Frangiotto.

Prima villa Pullè caduta con il terremoto del 1916.

NEL 1891 MEDICO CONDOTTO
Nel 1891 fu nominato medico condotto del Comune di Rimini per le frazioni di Riccione e San Lorenzo in Strada. La condotta che tenne fino al 1911 era vastissima: dal Comune di Misano fino al confine con San Marino.

Tra le tante incombenze del medico vi era quella di assistere le partorienti, per questo le giornate di lavoro di Pullè erano interminabili ma la fatica fisica non pesava a Felice. Cominciò da allora, dai racconti dei pazienti, la sua fama di persona amica, disponibile, soprattutto verso i meno abbienti “Il medico dei poveri” come è ricordato con affetto e ammirazione a Riccione.

Riccione 1925. Felice Pullè (al centro) in famiglia con moglie, figli e il primo nipotino, Felicetto.

IL MEDICO DEI POVERI
Non solo Pullè non voleva essere pagato, ma a chi ne aveva bisogno regalava medicinali, denaro, tagli di carne, pane e farina di grano. Considerò sempre la sua scienza non come patrimonio personale, piuttosto come bene comune da mettere a servizio per chiunque ne avesse bisogno.

Egli è tra i primi, dopo aver assunto la condotta medica a Riccione nel 1891, a far costruire la sua villa in zona balneare per dare lustro alla nostra marina.

Visitando i poveri di Riccione, di San Lorenzo e di altre parrocchie, il Dr. Pullé non solo non voleva essere pagato, ma regalava medicinali, denaro, tagli di carne da brodo e pane di farina di grano a quei tempi era riservato ai ricchi ed agli ecclesiastici mentre  contadini e popolino mangiavano piada di semolino di mais.

MARIA BOORMAN CECCARINI TRA I SUOI PAZIENTI
E LA COSTRUZIONE DELL’OSPEDALE

Tra i suoi pazienti anche Maria Boorman Ceccarini che convinse nel 1892 a costruire un ospedale, al posto di un monumento in memoria del marito Dr. Giovanni. Pullè seguì personalmente, per la parte di sua competenza, i lavori architettati dal Podesti, da lui introdotto, mentre stava ancora costruendo a Roma il Policlinico Umberto I°. Se fate attenzione ancora oggi, sull’arcata dell’ingresso principale del nostro ospedale trovate impressa la scritta voluta da Pullè “Guarire qualche volta, alleviare spesso, consolare sempre”. L’Ospedale Ceccarini venne inaugurato il 23 ottobre 1893.

Pullè in divisa.

LO SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Nel 1915 scoppiò la guerra italoaustriaca e il 25 maggio dello stesso anno Pullè – che aveva allora quarantanove anni – si arruolò volontario negli Alpini e rimase sotto le armi fino al maggio 1919. Arruolato come capitano medico, fu nel 1916 promosso maggiore per merito di guerra. Diresse ospedali da campo in fase di operazioni e fu direttore dell’Ospedale di Udine.

Sempre in prima linea tra i soldati (tanto che nei pressi del Montello venne ferito in modo grave da una raffica di mitraglia), ne studiò, condividendoli, la vita ed i bisogni in trincea. Pubblicò nel “Giornale di Medicina Militare” parecchi lavori su quanto aveva avuto modo di apprendere e curare nel corso di quelle esperienze.

LA CAMPGNA DI RUSSIA E LE SCARPE CONTRO IL CONGELAMENTO
Nell’agosto del 1918, per le competenze in questa materia, fu scelto dal Comando Supremo dell’Esercito per essere inviato quale Capo Ufficio di Sanità a Murmansk, nella penisola di Kola, estremo Nord della Russia, col reparto di truppe italiane insieme a corpi inglesi, russi e francesi. Il corpo di spedizione era comandato dal celebre esploratore polare colonnello Sakleton, il quale volle e usò per sé e i suoi, durante la Campagna in Russia, le scarpe ideate da Pullè contro i congelamenti.

Pullè rimase in Russia tutto l’inverno e fino all’aprile 1919. Le truppe italiane non ebbero un solo caso di congelamento malgrado il freddo raggiungesse nella penisola di Kola, ove le nostre forze erano accampate, i 42 gradi centigradi sotto lo zero.

LE ONORIFICENZE DI GUERRA
Per i buoni risultati della sua opera fattiva e pronta, fu insignito dal Governo Russo di Arcangelo della Croce di San Stanislao delle Spade, onorificenza rara e tenuta in grande conto anche nella Russia sovietica.

Altre onorificenze aveva ottenuto durante la guerra:

• Commendatore della Corona d’Italia. Grande Ufficiale dell’Ordine di S. Agata. Cavaliere della Croce di S. Stanislao delle Spade, onorificenza conferitagli dal Governo Russo di Arcangelo, Russia democratica.
• Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:
Offertosi volontariamente di compiere studi ed esperienze contro le congelazioni, vi si dedicava con intelligenza, zelo ed instancabile attività, recandosi a constatarne i risultati nelle trincee di prima linea, nonostante il fuoco della fucileria avversaria, dando prova di coraggio e disprezzo del pericolo. Nell’eseguire le sue osservazioni rimaneva ferito”.
Medio Isonzo, novembre 1916.
• Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione:
Trovandosi casualmente presso un reparto di Fanteria, contribuiva con fermezza ed energia all’opera del comandante del reparto stesso intesa a ricondurre l’ordine nei soldati impressionati ed allarmati per lo scoppio di bombe a mano avversarie. Il suo pronto intervento rendeva possibile, nonostante il persistente fuoco nemico, di rincorare la truppa e condurla in posizione defilata, evitando così possibili gravi perdite”.
Falde del Sabotino, 8 agosto 1916.
• Ferito nelle trincee del S. Marco ad Est di Gorizia, 1917.
• Croce al Merito di Guerra Zona di guerra 14 ottobre 1918.
• Medaglia commemorativa della Guerra con le fascette per gli anni 1915-16-17-18.
• Medaglia dell’Unità d’Italia.
• Medaglia istituita dal Comandante Gabriele d’Annunzio per i Legionari di Fiume.
• Medaglia commemorativa delle Squadre Fasciste.
• Medaglia commemorativa della Marcia su Roma.
• Medaglia d’Oro al Merito Civile di Prima Classe conferita dal Consiglio Grande e Generale della Serenissima Repubblica di S. Marino con la seguente motivazione:
Durante l’epidemia tifoidea nella Repubblica graziosamente assunse la direzione di tutti i servizi sanitari e la diretta assistenza degli ammalati, ognora prodigatosi con sapienza, intelligenza ed amore, incurante d’ogni pericolo e d’ogni sacrificio”. 23 marzo 1925.
• Medaglia d’Argento al Valor Civile per atti di valore compiuti durante il salvamento delle vittime del terremoto di Messina del 1908.
• Medaglia d’Argento commemorativa del terremoto di Messina.
• Medaglia del terremoto di Avezzano dove si recò a portare la sua opera di salvataggio.
• Medaglia di bronzo dei Benemeriti della Salute Pubblica per l’opera prestata durante l’epidemia di colera di Napoli.

A FIUME CON DANNUNZIO
Il 19 settembre tornato dalla Russia accorse a Fiume, dove il Comandante Gabriele d’Annunzio lo nominò direttore di Sanità del piccolo esercito fiumano; ma nel dicembre, per un grave incidente automobilistico accaduto al figlio Federico, dovette lasciare Fiume e recarsi a Roma ove, assieme al colonnello di marina Luigi Rizzo, ebbe un delicato incarico politico riguardante Fiume stessa.

L’AMICIZIA CON MUSSOLINI E LA MARCIA SU ROMA
A Fiume aveva incontrato e conosciuto Benito Mussolini: iniziatosi il movimento fascista, Pullè costituì a Riccione un nucleo di attività fascista, che da Riccione prese parte alla marcia su Roma; la squadra riccionese portava il nome di “Amarissima”; lo stesso giorno 28 ottobe 1922 Pullè, con l’”Amarissima”, ricevette da Mussolini, a Villa Borghese, un personale encomio. Di Benito Mussolini fu amico personale e fu medico suo e della sua famiglia nei consueti soggiorni estivi (1930/1944) a Riccione. Sempre mantenne a Mussolini e ai suoi familiari leale e sincera amicizia, nel corso del tempo e delle vicende.

GLI STUDI BOLOGNESI E LA DOCENZA ALL’UNIVERSITA’
Ritornato a Riccione dopo la grande guerra, Felice Pullè riprese la professione, ma l’interesse per l’Igiene, soprattutto per la batteriologia e la parassitologia, prevalse ed essendosi aperta a Bologna, prima ed unica in Italia per questa materia, la Scuola che divenne poi Istituto di Patologia Coloniale, vi si iscrisse e nel 1924 conseguì il titolo di specialista.

Nel 1928 Pullè ottenne la libera docenza in Patologia Coloniale. Nel 1929 fu professore di questa disciplina nell’Università di Bologna e infine nel 1930 venne nominato, come successore di Franchini, Direttore dell’Istituto di Patologia Coloniale, carica che ricoprì fino a tardissima età.

L’EPIDEMIA DI TIFO A SAN MARINO
Nel 1924-1925 scoppiò nella Repubblica di San Marino una grave epidemia di tifo. Felice Pullè ac- corse subito a prestare la sua opera (come già a Messina in occasione del terremoto del 1908 e per il terremoto di Avezzano e a Napoli nel corso dell’epidemia di colera).

L’epidemia, che avrebbe potuto avere conseguenze disastrose, fu rapidamente ed efficacemente combattuta, sotto la sua direzione, dal personale sanitario di San Marino. Per questa sua opera il Governo della Serenissima Repubblica lo decorò della Medaglia d’oro al Merito di Prima classe e delle insegne di Grande Ufficiale dell’Ordine di Sant’Agata.

A Tripoli, durante la Seconda guerra mondiale, quando dirigeva l’Ospedale Militare di Tripoli.

LA SECONDA GUERRA MONDIALE IN LIBIA
Nella seconda guerra mondiale, all’età di settantatré anni, Felice Carlo Pullè partì nuovamente volontario col grado di tenente colonnello medico del Corpo degli Alpini. Data la sua specializzazione nel campo delle malattie tropicali, gli venne affidata la direzione dell’Ospedale Militare di Tripoli e quindi di tutti i Servizi Sanitari dell’Africa Settentrionale. Si prodigò per rimpatriare molti malati prima che essi cadessero prigionieri e riuscì a fare evacuare una nave di feriti prima che questa affondasse. Per il suo comportamento fu decorato di medaglia d’argento al valor militare.

Restò a Tripoli fino agli ultimi giorni della caduta della Libia. Si congedò per tornare a Riccione nel 1943. Fu in assoluto il più anziano combattente italiano.

 

L’ESILIO DI MARANELLO
Successivamente, nell’imperversare della guerra, si rifugiò con la famiglia nella tenuta di San Venanzio di Maranello e là continuò la sua professione di medico, curando tutti e come sempre senza remunerazione alcuna. Maranello, situata nel notorio “triangolo rosso”, ebbe momenti drammatici di lotta fratricida tra partigiani e fascisti; le rappresaglie erano spietate.

La Villa-Castello del Conte Pullè a Miramare di Rimini. Crollata con il terremoto del 1916.

IL RAPPORTO SPECIALE CON I RICCIONESI 
Dopo i primi giorni la sorveglianza si fece meno rigida al punto che, nell’ospedale, Pullè veniva chiamato per l’assistenza sia dai medici sia dai malati. Il nipote Felicetto, saputo della carcerazione del nonno, volle andare a trovarlo: ma il Sindaco non volle sapere ragioni e gli negò la visita, nonostante l’intervento dell’amico riccionese Lorenzo Mancini.

Ai molti amici che andavano per visitarlo, Pullè consigliava di non ritornare: non era raccomandabile farsi vedere amici del medico di Mussolini, in quei momenti. Tuttavia, quando partigiani della zona di San Venanzio seppero del suo arresto organizzarono una spedizione armata per liberarlo. Solo l’intervento del figlio Frangiotto, che temeva più gravi conseguenze, mandò a monte il progettato blitz.

Ritorno a Riccione dopo la guerra. Felice Pullè con i nipoti riccionesi.

IL PERDONO DEI SUOI CARCERIERI
Negli anni seguenti, quando i rancori si erano sopiti, incontrando i suoi carcerieri o le loro famiglie, tutte di Riccione, ebbe sempre per loro un saluto ed un sorriso, sinceramente ricambiato. L’ultimo regalo di Natale prima della sua scomparsa, Pullè lo ebbe proprio da uno dei suoi oramai affezionati carcerieri. Perdonò sempre tutti e sempre insegnò ai numerosi nipoti di non portare mai rancore.

LA LOTTA PER L’AUTONOMIA DA RIMINI DELLA “PRO RICCIONE”
Negli anni 1891-1895, con il successo della nostra spiaggia, avviata a diventare “la Città Giardino”, fu costituita la società –PRO RICCIONE– presieduta dal signori Cav. Sebastiano Amati, Avv. Ausonio Franzoni e Dr. Felice Pullé.

Nell’estate del 1922 scoppiò una vera e propria insurrezione popolare. L’opera della “Pro Riccione” diretta dal Pullé fu incessante, coraggiosa e decisiva. Il 16 agosto il “Comitato d’azione” da lui creato arruolò diversi giovani altrettanto coraggiosi e decisi i quali, provvisti di un bracciale con la scritta “RICCIONE COMUNE AUTONOMO”, si sostituirono allo scarso personale impiegatizio quivi dislocato, rimandandolo a Rimini. Poi, con alla testa il Prof. Pullè, i membri del “Comitato pro Riccione Autonoma”, fissarono la sede provvisoria del neo-Comune nell’Albergo Roma (ora Croce del Sud).

L’ARRESTO DEI SEPARATISTI
Nonostante il fatto compiuto, Rimini mandò un commissario di pubblica sicurezza con diverse guardie regie le quali arrestarono undici membri del detto Comitato, tra questi il Prof. Pullé, costantemente dinamico e sempre in testa al movimento separatista.

PULLE’ PRIMO  DELEGATO MUNICIPALE STRAORDIANRIO E AUTONOMIA
Nel frattempo una delegazione di cittadini recatasi a Roma dal Ministro degli Interni e tornata con le più ampie assicurazioni, nominò il Prof. Pullé primo delegato municipale straordinario.

Finalmente con R.D. 19-10-1922, Riccione e San Lorenzo venivano separate da Rimini e la vita del nostro libero Comune ebbe come data di nascita (agli effetti degli atti di stato civile), il 1° gennaio 1923. Il 4 novembre dello stesso anno veniva insediato, primo sindaco, il Cav. Uff. Silvio Lombardini, coadiuvato da una giunta e da un consiglio di cui faceva parte anche Pullé.

PULLE’ E LE ACQUE DEL BEATO ALESSIO
Si devono a Pullè – eseguite su suo incarico nel 1890 – le prime analisi delle “Acque del Beato Alessio”, fonti sorgive curative riccionesi, oggi sviluppatesi in un grande complesso termale. Pullè credette sempre fermamente nei benefici delle terapie termali e nelle specifiche proprietà di quelle fonti riccionesi.

E’ del 1924 una sua pubblicazione circa la “PROPOSTA PER UN ACQUEDOTTO PEI COMUNI DI RICCIONE E MISANO”. E per avvalorare la bontà dell’acqua, dettava la lapide posta sulla parete della celletta del Beato Alessio, tuttora leggibile per chi transita dalla via Flaminia.

Congresso medico di Lisbona, 24-29 aprile 1952. Prof. Felice Pullè (con i guanti in mano) e prof. Castellani (a destra), insieme ad altri congressisti, da Francia e Brasile.

Il 15 maggio 1956 tenne, quale Presidente onorario del Lions Club di Riccione, una conferenza sulle proprietà curative delle acque termali del Beato Alessio, alla presenza delle autorità cittadine e dei numerosi soci intervenuti.

L’ULTIMA DIMORA
Nel febbraio del 1944 morì a San Venanzio, dove eravamo sfollati per la guerra, nonna Fanny. Il nonno Felice e il babbo Frangiotto fecero costruire, per darle degna sepoltura, una tomba destinata a divenire quella di famiglia. Ebbero in mente, come modello, le tombe dei Glossatori di Bologna. Ed è là, nel piccolo e raccolto cimitero di San Venanzio, che i Pullè di Riccione hanno la loro “ultima dimora”.

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