Riccione 1943 Edmo Vandi e il babbo Virgilio sono intenti a raccogliere le erbe, nel cielo si nota una squadriglia di aerei tedeschi decollati da Miramare. Ad un certo punto…
Il tiepido sole di quei primi giorni di primavera del 1943 riscaldava le “prese”, i campi del podere dell’Ospedale Ceccarini gestito dalla famiglia dei miei nonni, i “Lisèin” (un fondo sul quale oggi sorge una parte di Oltremare).
Io e mio padre Virgilio ci trovavamo a raccogliere le erbe per fare i cassoni con la piada (rosle, scarpègn, ravastrèll) in quei giorni in cui la guerra in corso rendeva difficile ogni tipo di approvvigionamento alimentare. Ricordo che ero scalzo a calpestare la tiepida terra resa tenera dalla neve appena disciolta dal primo sole marzolino. Quando sentiamo il rumore di una squadriglia aerea che vola sopra di noi. Occhi al cielo per osservare una formazione di velivoli da caccia tedeschi in evidente volo di addestra- mento dopo essersi alzati, come di solito, dall’aeroporto di Miramare.
Il tempo di un’attimo, quando all’improvviso vediamo uno degli aerei staccarsi dalla formazione e curvarsi a precipizio verso il mare. Quasi contemporaneamente sentiamo il crepitio di una scarica di mitragliatrice, colpevole secondo noi di aver colpito, evidentemente per errore, l’aereo che stava precipitando. Il tempo di vedere un paracadute aprirsi, quando un sibilo sopra di noi ci avverte che qualcosa sta cadendo proprio sopra le nostre teste. Mio padre mi scaraventa nel fosso più vicino e mi copre con il suo corpo. Sentiamo subito il tonfo cupo di un oggetto che si è abbattuto al suolo a pochi metri da noi. Restiamo immobili per alcuni minuti, poi mio padre, mentre mi impone di rimanere acquattato, si alza guardingo per ispezionare i dintorni.
Dopo pochi interminabili minuti ritorna con un oggetto in mano. Me lo mostra furtivo. Si tratta di una fondina di cuoio marrone contenente una pistola militare con su il marchio “Browning”, un arma persa evidentemente dal paracadutista appena lanciatosi.
L’istinto sarebbe stato di consegnarla subito al Comando Tedesco, ma mio padre era un cacciatore e amava le armi. Così ce la portiamo a casa e mio padre la nasconde in un’intercapedine della cucina, dietro la “matra” (la madia) pur consapevole che se venisse scoperto sarebbero guai seri (fino alla condanna a morte).
Per fortuna non succede niente e dopo il passaggio del Fronte la porta all’unico armaiolo della città, vale a dire da Vittorio Fabbri “Saràca”, dove la baratta con un fiammante fucile da caccia a doppia canna (la sc-iòpa) che gli sarà compagna per tutta la vita. (Disegno di Roberto De Grandis)
Edmo Vandi