La casetta del parco, ovvero la casa della “Micia” oggi sede a Riccione di Famija Arciunesa sorgeva nella grande tenuta del conte Mattioli vicina al castello utilizzato come residenza estiva.
La “casetta del parco”(questa è la definizione adottata per riconoscerla nel corso del racconto), ora sede di Famija Arciunesa ed anche punto di Buon Vicinato, non era altro che un piccolo casolare facente parte di una vasta tenuta agricola di proprietà dei Conti Mattioli, che si estendeva da via Romagna a via Genova e dalla ferrovia alla Statale, e che già dai primi del novecento apparteneva alla nobile famiglia riminese.
Nella vasta area c’era anche un Castello, che il Conte Giovanni e la sua famiglia utilizzavano come residenza estiva, e che imperava al centro delle abitazioni dei mezzadri che lavoravano per lui.
Della decina di famiglie di contadini che vivevano lì la più conosciuta era quella dei Tosi (i Martlòn); fu la prima che in quella zona si stabilì dopo essere scesa a mare dalle colline di Rimini. Era il 1931, e il numeroso nucleo familiare, 27 persone, abitava in una grande dimora prece- dentemente convento di frati, e che si trovava dove ora c’è la tabaccheria di Morena Tosi (figlia di Bruno, che ha contribuito a comporre questo pezzo di storia locale). Decise di dividersi un po’, e nella casetta del parco ci andò a vivere Attilio Tosi con moglie e quattro figli. Attilio (Tilio) era il primo figlio del patriarca Francesco (Cicòn), e dell’Esterina.
Un giorno alla Messa di Don Montali, Tilio era rimasto folgorato dalla bellezza di Domizia Mondaini (Micia); dopo un serrato corteggiamento si sposarono ed organizzarono una grande festa nella tenuta. E’ stato raccontato come un matrimonio ben riuscito, e la casetta del parco è stata il loro nido d’amore. “Spesso diventava anche un piacevole punto di incontro – racconta Bruno – dove Tilio che era molto simpatico si divertiva con gli amici, ridevano e si bevevano un bicchiere di vino.
Ai tempi della seconda guerra, quando le granate nemiche, oltre a danneggiare rovinosamente i tanti casolari dei contadini, provocarono gravi deterioramenti al Castello, questi venne abbattuto. Successivamente il figlio del Conte Giovanni, Guido, che non aveva amato la tenuta come il padre, cedette al Comune di Riccione buona parte dei propri terreni, quelli sui quali venne poi realizzato il parco della Resistenza e i vari impianti sportivi (tra questi anche il Tennis Club), ricevendo in cambio la possibilità di frazionare la parte restante in tanti piccoli lotti; preoccupandosi inoltre che ogni mezzadro ne avesse tre in dono.
“Fu un grande dispiacere per noi Riccionesi per i quali il castello era una maestosa costruzione che sicuramente arricchiva il paesaggio architettonico e che sarebbe stato bello poter salvaguardare” – continua Bruno.
Quella che invece rimase a suo posto fu la casetta, dove vissero sino ai primi anni ‘70 Tilio e la Micia. Venne espropriata dal Comune che stava realizzando il parco, anche se poi restò lì per diversi anni inutilizzata.
“Si allontanarono a malincuore – conclude Bruno Tosi -, per andare a vivere in un appartamento poco lontano da lì. Ma loro due erano veri figli della terra e soffrirono molto nel lasciarla: Tilio se ne stava sempre alla finestra a guardar fuori… Morirono alla fine del ’77 a pochi mesi di distanza l’uno dall’altra.”
La Casetta del parco è stat completamente restaurata da Famija Arciunesa e resta la testimonianza di un mondo agreste che rappresenta, assieme a quello marinaro, la doppia identità delle nostre radici. E curiosamente, ‘dentro’ la casetta, Famija Arciunesa continua ad occuparsi dell’approfondimento delle medesime.
Maria Grazia Tosi