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“Mario di Roma” …di multiforme ingegno!

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Mario di Roma, al secolo Mario Porzioli, autentico personaggio: riccionese di adozione, per anni sulla bocca di tutti con il suo salone per parrucchiere per signora. Protagonista del “Gran bal en tète” al Savioli ed eccentrico imprenditore. Si racconta nella sua casa-museo di Riccione.

Un uomo sulla riva del mare. Scruta l’orizzonte e sogna l’altra riva. Quando vi giunge trova una montagna e la scavalca … e si trova sulla riva di un altro mare. Scruta di nuovo l’orizzonte e sogna la riva che c’è là dietro e ancora sogna… e la Terra è rotonda e si ritrova sulla prima riva.

Questa è stata la filosofia di vita di Mario Porzioli in arte “Mario di Roma”, cittadino riccionese da 60 anni, avviato verso gli ottanta con qualche acciacco dovuto all’età, ma ammorbidito dalla verve di un irrequieto, pimpante ventenne. Lo conosciamo meglio nella sua casa-museo al Marano con vista a 360° su mare e colline.

Mario, quando sei giunto a Riccione e perché? “Sono nato a Viterbo e in gioventù mi sono trasferito a Roma. Ho fatto il “bocia” in tante attività ai mercati, poi sono diventato parrucchiere per signora… non a caso. Da sempre ho amato le donne, svisceratamente. Il mondo femminile ha scandito le mie giornate ed è stato il “leit motiv” della mia intera esistenza. Nei saloni di Roma si chiacchiera tanto… sento parlare di Riccione, in Romagna. Pendevo dalle labbra di chi raccontava che Riccione era libertà, gioia, trasgressione… che i locali del divertimento pullulavano di giovani donne provenienti da tutta Europa. Sono partito in un amen”.

Come è stato l’impatto con la nuova realtà?
Ho afferrato subito la mentalità riccionese legata al lavoro. Si “faceva la stagione”; cameriere d’estate e imbianchino o muratore d’inverno.
Io sono rimasto sempre coiffeur e in inverno andavo in una metropoli o in una stazione sciistica per fare esperienze importanti. Londra, Parigi, Stoccolma, Cortina, mi hanno fatto capire le mie vere potenzialità.

Il salone Mario di Roma a Riccione

Che nella Perla verde sono letteralmente esplose… “Ho aperto il salone “Mario di Roma”  e la creatività che sprigionavo piaceva, tanto. Ho avuto un successo strepitoso. Partecipando poi ai famosi “Gran bal en tète”, gare di “Haute couture organizzate al Notturno Dancing Savioli, il locale più in auge negli anni ‘60 e ‘70 e vincendo per ben sei edizioni il “Pettine d’oro” che era il premio più prestigioso, ho “tracimato”.

“Gran bal en tète”, gare di “Haute couture organizzate al Dancing Savioli di Riccione.

Mario di Roma era sulla bocca di tutti, sempre più ricercato e anche bersaglio di chi nutriva pregiudizi anacronistici: “Oun che fa i cavél mal done l’è un fnòc” o era invidioso per il fatto che guidavo una Lamborghini Miura.

Mario di Roma oggi.

Come hai reagito? Circondandomi di donne sempre più belle, conquistandone anche qualcuna famosa e avendo il “privilegio” di distruggere la Miura, qualche anno dopo l’acquisto, in un incidente nel quale ho rischiato la vita. Il tutto mentre lanciavo la moda (e il commercio) delle parrucche, con successo continentale. E acquistavo sul Colle dei Pini la “Villa tre baci”, vecchia casa colonica che arredai di oggetti reperiti in tutta Italia, trasformandola in dimora seicentesca.

Ma non ti sei adagiato sugli allori. “Con Sandro, mio figlio maggiore, ho dato vita al “Plaza Salinas”, locale andaluso con spettacoli di Flamengo, cantato e danzato da artisti spagnoli, con cibi e bevande rigorosamente latini. Frequentatissimo, fu ben presto copiato e imitato. Con Andrea, secondo figlio, ho aperto il “Mercante in Fiera”, negozio di antiquariato con vicina galleria d’arte, allargato poi al modernariato anni ‘50 e ‘60 con netto anticipo su tutti”.

Quindi hai passato il testimone e ti sarai riposato! “Il riposo non è nel mio DNA.
Quando non scolpivo teste di donna lo facevo con il marmo oppure fondevo il bronzo o lavoravo il legno, in momenti di impegni artistici d’avanguardia, sfociati in concorsi e mostre. Nei ritagli di tempo sono stato opinionista su giornali e riviste locali, con spirito piccante. E ho cominciato a girare il mondo (Africa e America del sud) per soddisfare la mia voglia di conoscere i luoghi e i popoli sbrizzarrendomi a scattare migliaia di foto- grafie per soddisfare l’amore per il reportage e l’avventura.

“Ma così hai abbandonato Riccione!”. “Solo per “brevi attimi”, così definisco le assenze dalla mia amata città. Solo a Riccione mi sento me stesso, solo a Riccione ho gli amici, solo a Riccione giro per le strade e saluto e sono salutato. Amo tanti luoghi nel mondo… ma Riccione è Riccione e non me andrò mai! Lo giuro!

Giuseppe Lo Magro

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