Giuseppina Bordoni in Gaffarelli, conosciuta come Pina, una signora “bionica” capace di attraversare con grande spirito due guerre: mai malata, senza aver mai fatto un’analisi né misurato la pressione. A Riccione, un personaggio dell’Alba.
LA PINA E IL GREMBIULE (“ZINALE”)
Sembra che non abbia mai risentito neanche delle escursioni termiche. In estate non sudava ed in inverno sempre senza il cappotto “solo quando vado a mangiare fuori con i miei figli che se no mi sgridano”… ma sempre con il suo grembiule.
Perché Pina lo portava sempre, solitamente a quadretti e che si confezionava da sola, tranne negli ultimi tempi perché a causa di un tremore (“è solo un po’ di tensione”) delegava il compito alla nipote. Lo indossava anche alla messa e dal dottore, perché comodo per le grandi tasche, dove mettere tutto ciò che vuole ed andare così senza impedimenti in bicicletta. La bicicletta una costante, con una grande borsa attaccata al manubrio.
LA CRESCITA DELL’ALBA
La storia della Pina è anche storia della nostra città, assieme a lei è cresciuta e diventata nel tempo qualcos’altro del lungo lembo di terra che divideva una comunità di pescatori da quella di agricoltori.
“All’Alba non c’era proprio niente – raccontava la Pina -, sull’attuale via Tasso erano tutti vigneti con qualche capannetto qua e là. Su Viale Dante, che era una stradina sterrata che arrivava al porto per diventare poi passerella, c’erano le casette dei pescatori.
IL BARATTO A RICCIONE
Le loro donne andavano con la bicicletta sopra la ferrovia, che era tutta aperta campagna, a vendere il pesce pescato che i contadini pagavano con prodotti della terra, prodotti che con la cariola portavano poi ogni giorno in Paese per venderli al mercato; gli uomini aspettavano che facesse l’uovo la gallina per scendere giù al mare e comprarsi un sigaro o un pacco di sale!
Il lungomare non c’era e neanche via D’Annunzio; la spiaggia come la conosciamo adesso non esisteva, ma appena finita la seconda guerra in estate si andava lì, si piantava un palo e un altro di traverso e si tirava sopra un lenzuolo. Anche i capanni non c’erano… ma incominciavano ad arrivare i primi bagnanti.
LE PRIME PENSIONI
Le pensioni in questa zona erano pochissime: l’Alba, il Floridiana, il Riviera, il Savioli… La chiesa Gesù Redentore non era ancora stata costruita e andando verso il porto erano state edificate le prime due vere ville, di proprietà dei fratelli Ghigi di Morciano”.
IL NEGOZIO DI FRUTTA E VERDURA
Dal 1948 al 1973, sul Viale Dante dove ora c’è la tabaccheria Ugolini, Pina, con il suo secondo marito Agostino Gaffarelli detto “Ciall” col quale ebbe il secondo figlio Enrico (il primo marito Dino Gudenzoni, morto in guerra nel ‘44, è padre del primogenito Fulgido), aprì un’attività di frutta e verdura.
Una posizione strategica, in una zona della città dove il turismo, soprattutto quello te- desco, prese piede da subito. “Il mio negozio aveva accanto la Banca, la Posta e successivamente la SIP; nel ‘48 avevo messo il telefono, il primo della zona, e la gente veniva continuamente a telefonare, ma molto spesso non aveva i soldi per pagare e dopo un po’ incominciavo ad innervosirmi e allora avevo attaccato un cartello “son gentile son cortese ma pagatemi le spese”.
I TEDESCHI, BUONI CLIENTI
Nel ’50 il passaggio del filobus contribuì allo sviluppo di Riccione: la prima fermata fu quella di Fogliano, e venendo da Rimini, un pezzo alla volta ne nascevano altre in direzione del Centro. Io e la mia famiglia dormivamo nel retro del negozio, casa e bottega, e i tedeschi bussavano alla serranda a qualsiasi ora per acquistare, e mio marito grazie al camion che usava per andare al mattino presto a comprare la merce a Rimini, consegnava la spesa a quelli che alloggiavano nelle case poco lontano; erano buoni clienti e spendevano molto.
In 25 anni di attività ho allacciato tanti rapporti di amicizia, che sono aumentati quando poi mi sono impegnata in altri diversi lavori. Ho cercato sempre di dare il mio aiuto alla gente che mi ha contraccambiato con tanto affetto”.
Questi alcuni accenni e ricordi chedi Pina amava raccontare, dando una bella lezione a tutti, con entusiasmo, fede ed ironia, atteggiamenti che ben esprime in una delle sue preghiere quotidiane: “Signore, si attacchi alla mia salute… ma non me la porti via però!”
Testimonianza raccolta da Maria Grazia Tosi