L’architetto Augusto Bacchiai, venuto a mancare in ottobre, mesi prima aveva donato documenti, disegni, rilievi e fotografie sul recupero del Castello degli Agolanti di Riccione.
LA DONAZIONE ALLA BIBLIOTECA DI RICCIONE
La biblioteca comunale di Riccione si è impreziosita con una serie di carteggi e altro materiale, riguardante il Castello degli Agolanti e l’area circostante. Si tratta di un’importante donazione fatta dall’architetto e ricercatore Augusto Bacchiani, tornato in cielo lo scorso 8 ottobre a 82 anni. E’ stato proprio lui a firmare il progetto di recupero dell’antica residenza nobiliare riccionese, fino a una ventina di anni fa fa ridotta a rudere e discarica.
GLI INIZI DI BACCHIANI A NEW YORK
Una lunga esperienza, la sua, che affondava le radici fin negli anni Sessanta quando, assunto dallo Studio di Emery Roth & Sons di New York, con un pool di tecnici partecipò alla progettazione del muro perimetrale che sosteneva le Torri gemelle, tuttora visibile al Ground zero.
IL RESTAURO DEGLI AGOLANTI E LA PROGETTAZIONE DELLE CENCI
A consegnare quei faldoni zeppi di documenti, disegni, rilievi e fotografie, comprese le tavole originali del suo progetto di recupero e restauro del Castello è stato lo stesso Bacchiani, tre mesi prima della sua scomparsa, ma né è stata data notizia in un secondo momento. Autore di diverse pubblicazioni su riviste specializzate, il nome dell’architetto è legato anche alla progettazione delle scuole medie Geo Cenci, in viale Einaudi, nonché al Museo del Territorio, che lo coinvolto negli allestimenti, e all’elaborazione del disegno del nuovo Museo del territorio, che il Comune intende trasferire alla vecchia fornace. Firmato in tandem col collega Davide Raffaelli, nel novembre 2016 era stato presentato alla Triennale di Milano per la tredicesima edizione di urbanpromo.
BACCHIANI E FAMIJA ARCIUNESA
Con le sue “pillole” di storia e valori ambientali da salvaguardare l’architetto Bacchiani aveva trovato spazio più volte pure sulle pagine del nostro periodico. Aveva scritto della sconfitta sul progetto di viale Caprera, che da sentiero di campagna è poi diventata una delle arterie più trafficate della città, voleva che venisse mantenuta la sua vecchia dimensione con fossi e tamerici e non fosse diventata grande arteria, perché considerata antica via dei pellegrini diretti a Roma e in Terra Santa.
Aveva scritto: “ho difeso quel vecchio sentiero, come si trattasse della via sacra a Roma, perché ne è l’equivalente di casa nostra. Era l’unica via dell’antica Arcione, su quel tratto di strada, oltre al castello, sul lato Cattolica sorgeva la chiesa e sul lato Rimini un convento, un gruppo di case verso mare. Poi circa due secoli fa un terremoto produsse gravi danni tra le costruzioni e il tutto fu abbandonato e costruito più a valle sull’attuale Corso Fratelli Cervi”.