Samuele Vichi, batterista dei Nobraino (gruppo in pausa dal 2017) non si definisce riccio- nese doc, soprattutto se sinonimo di “fighetto” ma neppure musicista perché sarebbe troppo pretenzioso, meglio “artigiano della musica”, suo primo amore insieme alla letteratura oggi diventata primo strumento del suo mestiere di professore al liceo.
Perché artigiano della musica e com’è esserlo diventato nella tua città?
“Riccione ha sempre mostrato più interesse verso il mondo discotecaro piuttosto che quello della musica “fatta in casa dai suoi figli”. Negli anni 60/70 c’era sicuramente un bel fermento anche per i musicist: vi erano personaggi di livello internazionale che gravitano a Riccione e che qui venivano apprezzati o addirittura lanciati. C’erano poi i dancing che hanno rappresentato la realtà gloriosa della mia città” Un bel periodo per la musica, poi molto è cambiato. Quando ho cominciato a creare musica negli anni ’90 era già tutto è cambiato: meno attenzione per i concerti live e più per quella delle consolle delle discoteche”
Però Riccione nell’immaginario collettivo è sempre un luogo dove accadono cose, non è così? “ Sarà ma io con il mio storico gruppo dei “Nobraino”, sono riuscito a suonare a Riccione solo dopo 15 anni di concerti in tutta Italia”. Addirittura? “Sì, producevamo musica qui ed esportavamo, con mille difficoltà, fuori dal nostro territorio. Quella è stata un’esperienza artistica impagabile, terminata perché tutto finisce prima o poi nella vita e che mi ha lasciato un segno dentro”
E comunque essere profeti in patria non è mai semplice… “Sono d’accordo, intendiamoci però, a Riccione c’è sempre stata molta propensione verso la musica ma il percorso musicale resta individuale, se sei in grado e te lo puoi permettere vai avanti è difficile però che qualcuno o qualcosa possa metterti nelle condizioni di crescere ed in particolare penso a chi ha meno possibilità economiche. Negli ultimi anni, sono nate molte scuole di musica ma sono sempre tutte private, mancano progetti di comunità”
Dopo la musica, la tua seconda passione è la letteratura, oggi insegni in un liceo a Bologna. “Ho la fortuna di poter coniugare passione e lavoro, amo i miei ragazzi ai quali cerco di trasferire l’attitudine allo sviluppo del pensiero critico, della diversità e della non omologazione, il vero pericolo della società consumistica odierna profetizzato da Pasolini, scrittore molto più apprezzato all’estero che non in Italia”
I tuoi studenti ti apprezzano. Qual è il tuo segreto? “Quando lavori con passione i ragazzi lo percepiscono. Sentono che marchi solo il cartellino o per limitarti a dare nozioni ma per raccontare la vita, attraverso i libri da sempre portatori di messaggi universali: la morte, l’amore, la felicità”. Non è facile coinvolgerli volando alto, giusto? “I ragazzi, spesso, vivono in famiglie dove mancano di punti di riferimento stabili, sono molto distratti da internet, la violenza fisica e verbale regna nei videogiochi e nei film dove l’acquisizione di potere per sottomettere l’altro diventa un valore” .
E come reagiscono i nostri ragazzi? “Alcuni si rifugiano nel gruppo dove tendono alla violenza perché hanno una visione distorta delle loro effettive tendenze e tutto ciò spesso nasce dalla frustrazione del sentirsi incompresi e soli. La violenza delle baby gang, che abbiamo toccato con mano in estate a anche a Riccione, è il corrispettivo del bullismo a scuola. La pandemia ha sicuramente acutizzato questo fenomeno che potrebbe essere accostato al periodo degli squadroni fascisti solo che allora erano organizzati politicamente, oggi invece si sviluppano in modo anarchico e violento come protesta verso la società tutta”.
E se il mestiere di insegnante di questi tempi si carica di significati e responsabilità così importanti lo capiamo anche da una lettera di ringraziamento scritta da una prima liceo del prof artigiano della musica Samuel Vichi che ci ha fatto sbirciare e volentieri e riportiamo perché possa essere d’ispirazione per ognuno di noi.
“Volevamo ringraziarla per tanti motivi, forse troppi da scrivere in una sola lettera.Ci ha accuditi ed accompagnati in un percorso di crescita e non parliamo solo di quella scolastica che ricorderemo tutti con estremo che ricorderemo con estremo orgoglio. Non solo: ci ha spiegato le sue materie con amore, passione e dedizione ma ci ha anche trasmesso i veri valori della vita. Ci ha insegnato che la diversità è ricchezza; ci ha educato affinché riuscissimo a sviluppare il nostro pensiero critico senza essere influenzati dagli altri; ci ha aperto gli occhi sulle problematiche attuali facendoci così capire quanto siamo importanti non solo come gruppo ma anche singolarmente. Ha fatto sì che ognuno di noi credesse un un pò più in se stesso aiutandoci a non cambiare se non per migliorarci.”
Roberta Pontrandolfo